Direttore responsabile Maria Ferrante − lunedì 29 dicembre 2025 o consulta la mappa del sito
italialavorotv.it

Sponsor

CULTURA ITALIANA NEL MONDO - FEST'ARTE A SUD - "PAESAGGI MEDITERRANEI" AL MUSEO STORICO DI LECCE HA INAUGURATO IL PROGETTO "LECCE CONTEMPORANEA MEDITERRANEA" A CURA DI M.PETRONI E M.SAVARESE

(2025-12-24)

  Il MUST – Museo Storico della città di Lecce si è arricchito di un nuovo progetto culturale "Lecce Contemporanea Mediterranea: un ciclo di iniziative interamente dedicate alla diffusione e valorizzazione delle arti del nostro tempo.

Un percorso culturale a cura di Marco Petroni e Maria Savarese che, al fianco dell’amministrazione cittadina, intende dare forma, attraverso arti visive e performative, architettura, design, moda, fotografia, cinema e teatro di ricerca, ad un ecosistema del contemporaneo, in cui i differenti linguaggi artistici interagiscono e si influenzano reciprocamente creando conoscenza, empatia e trasformandosi nel tempo.

L’iniziativa, nata su proposta del Comune, parte dalla consapevolezza e dalla necessità di lavorare su un’offerta culturale completa e strutturata che abbia come obiettivo il superamento della creazione di eventi occasionali e effimeri a favore di una visione progettuale rivolta allo sviluppo di un sapere collettivo e di un’intelligenza diffusa. Lecce Contemporanea Mediterranea si pone quindi come un ecosistema in cui artisti, fotografi, architetti, designer, galleristi, studiosi, collezionisti, attori, registi, partecipano, attraverso le loro specificità e nelle proposte elaborate dai curatori, a porre l’accento sulle peculiarità geografiche, storiche, culturali della città di Lecce, come città contemporanea del Mediterraneo.

“La mostra "Paesaggi mediterranei" aperta fino al 31 marzo 2026,  ha affermato il Sindaco di  Lecce Adriana Poli Bortone,  rappresenta per la nostra città molto più di un nuovo appuntamento culturale: è un invito a riconoscere Lecce come luogo vivo di dialogo, di ricerca e di creatività. Con il progetto "Lecce Contemporanea Mediterranea" il Must si apre a un percorso che valorizza le arti del nostro tempo e le mette in relazione con la nostra storia e con l'essere città del Mediterraneo. Attraverso le opere degli artisti protagonisti, scopriamo un paesaggio che non è solo scenario ma memoria condivisa, incontro di culture e spazio di visioni nuove. Ringrazio i curatori e tutti coloro i quali hanno contribuito a costruire questo progetto, che guarda al futuro con profondità e ambizione, offrendo a Lecce un'occasione importante di crescita culturale e di partecipazione”.

Il progetto quindi, partendo appunto dal territorio, attraverso l’istituzione di partnership non solo con istituzioni culturali locali ma anche nazionali e internazionali, vedrà istituzioni e fruitori strettamente legati tra loro attraverso proposte espositive, talk, performance in continua evoluzione, adattandosi così a nuove sfide e opportunità.

“L’evento “Paesaggi Mediterranei” – ha dichiarato  il Direttore del Must Fernando Bonocuore -  è inserito nel nuovo progetto culturale del MUST racchiuso nello slogan “Lecce Contemporanea, Mediterranea”. Il progetto ha come obiettivo il superamento della creazione di eventi occasionali ed effimeri proponendo forme culturali trasformative, evolutive, in grado di esercitare un’azione individuale e collettiva capace di dare forma ad un sapere e ad una intelligenza diffusa nel territorio.
Ringrazio il Sindaco che con la consueta lungimiranza ha proposto un tema progettuale triennale che aspira al coinvolgimento di attori ed istituzioni culturali locali, nazionali ed internazionali con il chiaro intento di rilanciare l’idea di Lecce contemporanea sul palcoscenico mediterraneo”.

Primo capitolo di questa narrazione: il progetto espositivo Paesaggi Mediterranei, a cura di Marco Petroni e Maria Savarese, in mostra fino al 31 marzo 2026. Una triplice personale con tre protagonisti della scena artistica contemporanea Mathelda Balatresi, Stefano De Luigi e Fathi Hassan, impaginata come un racconto polifonico, a più voci da cui emerge un’idea di paesaggio non come un dato naturale, ma il risultato storico delle interazioni tra comunità umane, ambienti, tecniche. Il paesaggio è una sedimentazione culturale che gli artisti selezionati restituiscono attraverso una sensibilità mediterranea fatta di mescolanze di linguaggi, narrazioni, visioni e immaginari. La femminilità pittorica di Mathelda Balatresi incontra le esplorazioni visive e profondamente mediterranee di Fathi Hassan. Lo sguardo in bianco e nero di Stefano De Luigi rivela l’identità mobile del Bel Paese. Sensibilità, attitudini artistiche differenti restituiscono un poetico affresco della ricchezza culturale del Mediterraneo. Una lettura del paesaggio in cui l’arte, nelle sue diverse forme e nei suoi diversi tempi, restituisce una visione che genera interrogativi e possibili riscritture.

------------------------------------------------------
MATHELDA BALATRESI
Paesaggi mediterranei e’ la prima mostra pubblica di Mathelda Balatresi, dopo la sua scomparsa nel gennaio del 2025. Si tratta di una selezione di dipinti e sculture dell’artista, attivista nota a livello nazionale e internazionale come voce impegnata e poetica dell’arte italiana. Il suo nome si lega al Gruppo XX (riferimento ai cromosomi femminili) che evidenzia negli anni Settanta la condizione discriminatoria della donna nella società contemporanea.
Attraverso interventi performativi e incontri pubblici, l’artista vuole sottolineare le colpevoli manovre emarginanti del modello culturale maschilista occidentale.
Una pittura profondamente femminile denuncia le storture del patriarcato in chiave poeticamente provocatoria. La raffinata ambiguità semantica delle sue opere punta a decostruire i radicati costrutti dei modelli culturali e affettivi delle società occidentali.

L’arte di Mathelda Balatresi e’ una forma di lotta politica, nel tentativo di parlare di una marginalità che è anche spazio di emancipazione e liberazione da cui guardare il mondo. L’invisibile diventa visibile, il personale si fa narrazione di un quotidiano appartato e profondo. La casa-studio napoletana è punto di astrazione e osservazione di possibili riscritture della condizione femminile. L’essere artista impegnata nella realtà si fa svelamento e aggiramento degli ingranaggi con cui funziona il sistema dell’arte. Una voce poetica e politica si manifesta in una pittura silenziosa e raffinata che si fa resistenza. Mathelda Balatresi ha sempre sottolineato una preziosa, irriducibile, differenza dell’essere donna, sganciando il suo impegno da una mera richiesta di redistribuzione del potere maschile.

Mathelda Balatresi (Carcare 1937, Napoli 2025) è stata una delle personalità più rilevanti nel panorama degli artisti napoletani, “riscuotendo il consenso unanime della critica seppur collocata in una posizione [volutamente] appartata” (Filiberto Menna, catalogo Letto nel giardino, Villa Pignatelli - Napoli, maggio 1983). 

Arrivata a Napoli agli inizio anni Cinquanta, da subito rivolge il suo interesse e i suoi studi verso il mondo dell’arte. Frequenta prima il liceo artistico e poi l’Accademia di Belle Arti, e si inserisce nel dibattito culturale ed artistico degli anni a seguire. Il suo pensiero e’ rivolto ala condizione esistenziale delle donne di tutte le culture, alle violenze di tutte le epoche, agli orrori di tutte le ideologie. Pittura, scultura e poesia danno forma a un’intensa produzione arti-stica come testimoniano: la mostra del 2010 al Museo Archeologico Nazionale di Napoli dedicata a Ipazia, scienziata e astronoma del IV sec. d.c e al Madre nel 2022. Ha esposto nella Modern Agency di Lucio Amelio e nella galleria di Alfonso Artiaco.

STEFANO DE LUIGI
Il Bel Paese è un viaggio lungo i 4.365 km delle coste italiane che ci consegna un’immagine inedita del nostro Paese, latente e speculare a quella che appartiene all’immaginario collettivo. Da Trieste a Ventimiglia, passando per Venezia e la laguna veneta, la riviera romagnola e il litorale adriatico fino a Leuca, proseguendo lungo le coste ioniche della Puglia e della Basilicata fino alla Calabria, risalendo poi la penisola con le soste tradizionali del viaggio in italia, da Paestum a Napoli, da Roma e la campagna romana alla cascata delle Marmore, fino a Firenze e alla costa toscana, per arrivare infine a Genova e alle riviere liguri.

Attraverso un lessico che insiste sulla intrinseca relazione tra fotografia e memoria, i luoghi diventano una sorta di immagine latente, simile a quella che rimane impressa sul materiale fotografico sensibile, in quel momento unico, prima di essere rivelata dallo sviluppo, proprio come un substrato di memoria. “Ho, nella necessità della creazione, la ragione profonda di realizzare questo progetto, con il supporto di una visione personale che sia un punto finale, tra me e il mio passato privato e pubblico, consegnando un’idea visiva che fonda insieme la memoria di mio padre, la mia e quella del mio Paese”, afferma l’autore.

Lo sguardo di De Luigi sul paesaggio italiano origina dal passato, dal ricordo delle giornate trascorse insieme al padre al Museo di Roma davanti ai dipinti e alle incisioni che ci hanno restituito l’immaginario del Grand Tour, il viaggio che tra il Seicento e l’Ottocento portava in Italia giovani aristocratici, intellettuali e borghesi di tutta Europa. Su quell’im-magine dell’Italia, sedimentata nelle fotografie degli Alinari e del Touring Club, è intervenuta l’opera di quegli autori
che, dall’esperienza di Viaggio in Italia in poi, hanno contribuito a cambiare e guidare il pensiero sulla rappresen-tazione fotografica del paesaggio italiano.
Il Bel Paese si inserisce idealmente in questo discorso: “vedere attraverso tutte le immagini precedenti e nel contem-po cancellarle per avere una propria prima visione”, come auspicava Luigi Ghirri, per arrivare alla costruzione di un immaginario che sia prima di tutto in grado di veicolare un’idea del nostro Paese, delle contraddizioni che lo abitano.

Le immagini di De Luigi restituiscono al paesaggio il proprio valore semantico. La geografia che ci consegnano ci interroga sull’attitudine del nostro sguardo, sulla necessità di ritrovare il desiderio e lo stupore del guardare quei luoghi dove ancora insistono e resistono la memoria e gli immaginari del passato e, con uguale urgenza, di porre maggiore attenzione alle caotiche e talvolta surreali scenografie che popolano la nostra esperienza quotidiana e che sono spesso il risultato di interventi improvvisati, incoerenti, non finiti, privi di pensiero sul futuro.

Luoghi vissuti e luoghi immaginati, luoghi conosciuti e luoghi dimenticati, luoghi di inattese rivelazioni e di ritrova-menti. Una sorta di archeologia visiva del paesaggio italiano in grado di sollecitare una riflessione al tempo stesso sulle sue trasformazioni e sulla storia della sua rappresentazione.
Un cortometraggio con la regia di Michela Battaglia, fotografa e videomaker,racconterà il viaggio compiuto dall’autore all’interno del percorso espositivo.

FATHI HASSAN
Fathi Hassan è una delle voci più significative della diaspora nordafricana e un pioniere nell’esplorazione visiva del linguaggio come spazio di identità e resistenza.
La mostra ripercorre oltre quarant’anni della sua attività, riunendo dipinti ad olio degli anni Ottanta e Novanta e opere su carta realizzate negli ultimi due anni.
Attraverso disegni, pitture e composizioni testuali, Hassan dà forma ad un universo di lingue perdute, alfabeti cancellati e segni reinventati: “pagine non scritte” fatte di tracce, texture e sabbie che parlano nel silenzio. Ogni opera evoca un linguaggio primordiale e sacro, in cui la parola, privata del suo significato, diventa materia poetica e spirituale.
In alcuni lavori meno recenti la calligrafia domina la superficie pittorica, netta e decisa, contrapposta a fondi mono-cromi e composizioni essenziali; mentre in altri più contemporanei, il segno si stratifica, fondendosi con collage, figure simboliche, frammenti visivi e materiali naturali.

Queste opere diventano mappe della memoria, tracciati interiori che uniscono Egitto, Italia e Scozia – i luoghi che hanno formato la sua identità.
Attraverso questa evoluzione stilistica, Hassan riflette sul linguaggio come forma di sopravvivenza e di libertà: la scrittura si fa gesto di resistenza contro la cancellazione culturale e la perdita delle origini.

Il suo “linguaggio dell’anima” è una lingua senza grammatica, fatta di segni che si muovono tra il visibile e l’invisibile. È una scrittura che non chiede di essere letta, ma ascoltata. Le opere di Hassan sono spazi di ascolto e di medita-zione: territori sospesi tra memoria, spiritualità e politica, dove l’assenza di parola si trasforma in presenza viva.
Queste grandi carte e dipinti rivelano un mondo che attinge alla tradizione nubiana e alla cultura araba, ma che allo stesso tempo trascende ogni confine geografico e linguistico. Le superfici sembrano antichi manoscritti sopravvissuti al tempo, nei quali i segni assumono la forza di un canto, di una preghiera o di un ricordo, in cui convivono silenzio e voce, ordine e caos, archiviazione e oblio.

Fathi Hassan nasce al Cairo nel 1957 da padre egiziano e madre nubiana. Dopo aver studiato all’Accademia di Belle Arti di Napoli negli anni Ottanta, sviluppa un linguaggio visivo personale che intreccia astrazione, calligrafia e mate-riali naturali. Nel 1988 è tra i primi artisti africani invitati alla Biennale di Venezia, nella sezione Spazio Aperto.

Le sue opere fanno parte di prestigiose collezioni internazionali,tra cui il British Museum, il Victoria & Albert Museum, lo Smithsonian National Museum of African Art di Washington D.C. e il Baltimore Museum of Art. Vive e lavora a Edimburgo. (24/12/2025-ITL/ITNET)

Altri prodotti editoriali

Contatti

Contatti

Borsa italiana
Borsa italiana

© copyright 1996-2007 Italian Network
Edizioni Gesim SRL − Registrazione Tribunale di Roma n.87/96 − ItaliaLavoroTv iscrizione Tribunale di Roma n.147/07