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CULTURA ITALIANA NEL MONDO - ITALIA/UCRAINA - MIN. GIULI CONSEGNA A MIN.UCRAINO TOCHYTSKYI COPIA DEL "PUGILATORE A RIPOSO". "SEGNATO DALLA DUREZZA DEL COMBATTIMENTO MA E' ANCORA PORTATORE DI TENACIA, FIEREZZA E FORZA INTERIORE..."
(2025-07-10)
Il Ministro della Cultura Alessandro Giuli, in occasione della Conferenza per la Ripresa dell'Ucraina, ha consegnato al suo omologo ucraino Mykola Tochytskyi una copia della scultura Pugilatore in riposo (anche detto "Pugile seduto"), con la seguente motivazione: "Il "Pugilatore in riposo" è segnato dalla durezza del combattimento, ma è ancora portatore di tenacia, di fierezza e di quella forza interiore che ha soltanto chi lotta per un bene superiore alle proprie ferite: la Patria. E' il combattente che conosce il dolore ma non si arrende. Indomito. Pronto a riprendere la lotta.”
La statua bronzea del Pugile in riposo, conosciuta anche come Pugile delle Terme o Pugile del Quirinale, è una scultura in bronzo, originale greca o copia romana, datata alla seconda metà del IV secolo a.C. e attribuita a Lisippo o alla sua immediata cerchia; rinvenuta a Roma alle pendici del Quirinale nel 1885, è conservata al Museo Nazionale Romano .
L'opera è uno dei due bronzi (l'altro è il cosiddetto Principe ellenistico) scoperti nel marzo del 1885 su un versante del Quirinale probabilmente appartenenti ai resti delle Terme di Costantino. Si deve a Rhys Carpenter (1927) una prima attribuzione dell'opera (sia pure come copia) ad Apollonio di Atene.
La statua è stata ritrovata tra il secondo e il terzo muro di fondazione di un edificio antico, alla profondità di 6 metri sotto il livello della piattaforma. L'archeologo Rodolfo Lanciani, all'epoca segretario della Commissione Archeologica Comunale, ha lasciato una descrizione tanto vivida quanto precisa delle circostanze del ritrovamento: «Il più importante dato raccolto, mentre ero presente e seguivo la rimozione della terra nella quale il capolavoro giaceva seppellito, è che la statua non era stata gettata là, o seppellita in fretta, ma era stata nascosta e trattata con la massima cura tra le fondamenta più basse del tempio del Sole, per nascondere la statua era stato riempito con terra setacciata per salvare la superficie del bronzo da ogni possibile offesa.
Il soggetto dell'opera è un pugile seduto, colto probabilmente in un momento di riposo dopo un incontro; le mani sono protette dalla tipologia di "guantoni" indicati come Himantes Oxeis, grossi e complessi guanti da combattimento introdotti nella pratica pugilistica dal IV secolo a.C.: le quattro dita sono infilate in un pesante anello costituito da tre fasce di cuoio tenute insieme da borchie metalliche.
Il corpo è muscoloso, reso con un trattamento non dissimile da quello riscontrabile nell'Eracle a riposo della versione Pitti-Farnese (v. Ercole Farnese); il viso, di cui si notano la cura della barba e della pettinatura, è di un uomo maturo e presenta i segni del tempo e dei numerosi incontri passati.
Le tumefazioni sulle orecchie dovute ai colpi con "guantoni" pesanti, oggi riscontrabili negli atleti dediti alle discipline lottatorie o alle arti marziali miste (le MMA), non necessariamente pregiudica le funzioni uditive, rimarcando le innumerevoli ore passate al combattimento e che sembrano indicare in una sordità traumatica la ragione di quel volgersi repentino e teso della testa, in contrasto con la spossatezza del corpo contribuendo all'impatto realistico dell'opera.
Alcune estremità della statua si presentano leggermente più lucide a causa dello sfregamento di antichi ammiratori, ciò dimostra quanto l'opera fosse tenuta in considerazione. Il minuzioso realismo dell'opera ha un palese intento di caratterizzazione tipologica, di raffigurare cioè una maschera di sofferenza.
L'estrema accuratezza dei dettagli corrisponde alle caratteristiche evidenziate da Plinio nell'arte del maestro di Sicione (Nat. hist., XXXIV, 65), allo stesso tempo l'accentuato verismo del volto sembra attagliarsi con più precisione a quanto l'autore riferisce di Lisistrato, fratello di Lisippo, (Nat. hist., XXXV, 153), così che l'opera appare come il lavoro di una scuola in cui ormai convivono differenti tendenze foriere di importanti sviluppi.
Dalla scoperta della figura, sono state sviluppate numerose interpretazioni della persona raffigurata, ma il personaggio rimane un mistero per la mancanza di prove fattuali.
Il restauro condotto tra il 1984 e il 1987 ha permesso di riconoscere nell'opera aspetti tecnici riconducibili ad ambito classico. L'opera fu realizzata con la tecnica della fusione a cera persa e con il metodo indiretto. La scultura è un insieme di otto segmenti. Le labbra, le ferite e le cicatrici del volto erano fuse separatamente in una lega più scura o in rame massiccio. Separatamente erano fuse anche le dita centrali dei piedi (un aspetto tecnico già riscontrato nei Bronzi di Riace) per permettere una più accurata modellazione degli spazi interdigitali. Lo stesso si dica per la calotta cranica che doveva permettere l'inserimento degli occhi policromi dall'interno.(10/07/2025-ITL/ITNET)
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