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CULTURA ITALIANA NEL MONDO - WEEKEND ITALIA - AL DI LA' DEI CODICI TRADIZIONALI DELL'ARTE LA MOSTRA A PALAZZO PRETORIO DI PONTEDERA "BANKSY & FRIENDS. STORIE DI ARTISTI RIBELLI"
(2025-06-06)
Al PALP – Palazzo Pretorio di Pontedera, oltre 70 opere raccontano nella mostra "BANKSY & FRIENDS. Storie di artisti ribelli" l'arte come atto di ribellione. Un percorso che attraversa linguaggi irriverenti e visioni controcorrente, con Banksy e altri protagonisti dell'arte contemporanea impegnati a interrogare il presente dal 7 giugno al 9 novembre 2025.
Oltre settanta opere tra le più iconiche e spiazzanti della scena artistica internazionale tracciano un racconto visivo che attraversa linguaggi e stili, accomunati da uno spirito ribelle e da una volontà profonda di rottura con i codici tradizionali dell'arte. Cuore pulsante della mostra è Banksy, artista enigmatico e simbolo universale della street art e della protesta visiva. Nel panorama dell'arte contemporanea, la ribellione si è espressa in modi molteplici: dalla protesta politica alla sfida alle logiche del mercato, dall'occupazione degli spazi pubblici alla rottura con le tradizionali modalità espositive. In questo universo di artisti che sfidano le convenzioni, Banksy si distingue come il simbolo di un'arte che ha saputo trasformare la disobbedienza in un linguaggio visivo e l'anonimato in una dichiarazione ideologica. Il suo nascondersi dietro uno pseudonimo non è solo una mossa pubblicitaria, ma un atto che sfida il narcisismo prevalente nel sistema dell'arte. Nonostante il suo volto rimanga sconosciuto, le sue opere irrompono improvvisamente nei muri di città come Londra, New York, Belfast o Gaza, rendendo l'ambiente urbano una galleria aperta e accessibile a tutti.
I suoi stencil – come Flying Copper o Bomb Love – condensano in immagini semplici ma potenti critiche sociali e politiche, capaci di parlare tanto agli intellettuali quanto ai passanti distratti. La sua opposizione non si limita solo alla critica politica o sociale, ma coinvolge anche il mercato dell'arte, con gesti eclatanti come la distruzione di un’opera durante un'asta o l'installazione clandestina di sue opere nei musei più prestigiosi. Questi atti smascherano le contraddizioni di un sistema che riesce a trasformare anche la ribellione più radicale in oggetto di consumo di lusso, obbligandoci a riflettere sulla possibilità stessa di un'arte davvero sovversiva nell'era della sua riproducibilità economica.
Intorno a lui, si muove una costellazione di autori che hanno saputo, ciascuno con la propria voce, raccontare il mondo con occhi nuovi: da TvBoy a Mario Schifano, da Andy Warhol a Damien Hirst, da David LaChapelle a Mr. Brainwash, Obey, Takashi Murakami, Liu Bolin, Kaws, Angelo Accardi, Donald Baechler, Sara Pope, Odinakachi Okoroafor, Adam Handler, Giuseppe Veneziano e Patrizia Casagranda fino a nomi come Petrucci, Likissas, Lo Giudice, Pau, Mapo e molti altri.
La street art ha dato vita a una nuova generazione di artisti che, pur con approcci e stili differenti, condividono un obiettivo comune: sottrarre l'arte ai tradizionali circuiti di vendita e distribuzione.
Shepar Fairey – meglio conosciuto come Obey – con la sua campagna “André the Giant Has a Posse”, ha creato un marchio visivo che spazia dai manifesti politici al design commerciale, ma mantenendo sempre una coerenza critica nei confronti del potere. La sua iconica immagine di Obama, HOPE, rappresenta il punto di incontro tra la street art e il mainstream.
TVBOY ha tradotto questa attitudine nel contesto mediterraneo, utilizzando la politica italiana ed europea come materia prima per le sue opere provocatorie, in cui leader politici si baciavano o assumevano pose scandalose, generando dibattito pubblico. La sua arte ha dimostrato che anche l'intervento artistico non autorizzato può innescare discussioni sociali rilevanti.
Mr. Brainwash, che deve la sua fama al documentario Exit Through the Gift Shop di Banksy, è diventato un caso emblematico della mercificazione della contestazione. La sua ascesa nel mercato dell’arte ha sollevato interrogativi su come l’estetica della ribellione venga rapidamente assimilata dal sistema che inizialmente criticava.
Alcuni artisti che operano all'interno delle strutture istituzionali hanno sviluppato forme di protesta più sottili ma altrettanto incisive. Damien Hirst ha fatto della provocazione la sua firma, affrontando tematiche controverse e sfidando i limiti del mercato con opere come gli animali in formaldeide e le pill cabinets. Il suo gesto di bypassare le gallerie vendendo direttamente un’intera mostra all'asta è un atto che rompe le convenzioni del sistema artistico.
Takashi Murakami ha infranto le distinzioni tra cultura alta e bassa, Oriente e Occidente, mescolando la tradizione pittorica giapponese con l’estetica dei manga e degli anime. Il suo concetto di “superflat” non è solo uno stile visivo, ma una critica alla società contemporanea, che appiattisce i valori e mescola arte e consumo. La sua collaborazione con Louis Vuitton non è una resa al commercio, ma un'infiltrazione sovversiva nei circuiti del lusso globale.
Liu Bolin, l'artista cinese conosciuto come "l'uomo invisibile", ha creato una forma di protesta unica: dipingendo il suo corpo per mimetizzarsi con l'ambiente, Bolin scompare visivamente nelle sue opere. Iniziata come reazione alla demolizione del suo studio da parte del governo cinese, questa pratica è diventata una critica ai meccanismi di cancellazione dell'individualità nella società: la sua sparizione fisica si trasforma in un atto di presenza paradossale.
Anche Kaws (Brian Donnelly) ha iniziato la sua carriera con atti di ribellione visiva, modificando manifesti pubblicitari e sostituendo i volti dei modelli con il suo iconico personaggio dai teschi incrociati. La sua evoluzione, che lo ha portato a realizzare sculture monumentali e a collaborare con marchi come Dior, dimostra come la ribellione possa evolversi senza perdere la sua autenticità.
Questi artisti si inseriscono in una tradizione che ha in Andy Warhol uno dei suoi principali riferimenti. La sua Factory, le serigrafie e la trasformazione di oggetti di uso quotidiano in arte hanno rappresentato, negli anni '60, una sfida radicale alle convenzioni estetiche. La famosa frase di Warhol “Nel futuro ognuno sarà famoso per quindici minuti” prefigurava con inquietante precisione l'era dei social media e della celebrità istantanea che caratterizza oggi gli artisti.
In Italia, Mario Schifano ha incarnato un dissenso più esistenziale e meno programmatico, con un approccio sperimentale che mescolava media diversi e un'abilità unica nel reinterpretare tanto la cultura alta quanto quella popolare. Le sue opere, dai “monocromi” agli “schermi”, sono state una critica
A impreziosire ulteriormente il progetto, una significativa presenza di artisti legati al territorio e alla scena artistica contemporanea italiana, tra cui Francesco Barbieri, Nico Löpez Bruchi, Cristina Gardumi, Enrico Pantani, Valentina Restivo e Aleandro Roncarà. Le loro opere dialogano con quelle dei grandi protagonisti internazionali, contribuendo a costruire una narrazione collettiva che è al tempo stesso locale e globale.
Il nucleo principale delle opere in mostra proviene dalla collezione privata della Pop House Gallery, realtà di riferimento nel panorama dell'arte contemporanea che da anni si dedica con passione alla promozione di linguaggi visivi innovativi e alla valorizzazione delle espressioni artistiche più audaci e significative.
Curata da Piernicola Maria Di Iorio , la mostra si configura come un racconto corale, una raccolta di storie “controcorrente” che parlano di vita e di morte, di ingiustizia sociale, di conflitti e identità, narrate con toni che spaziano dal lirico al satirico, dall'intimo all'esplicitamente politico. Un'esposizione che non si limita a mostrare, ma che sfida, interpella e commuove.
Questi artisti, spesso nati ai margini del sistema ufficiale dell'arte, hanno saputo costruire un linguaggio accessibile e immediato, capace di parlare direttamente allo spettatore. Oggi le loro opere sono oggetto di grande attenzione da parte di pubblico, collezionisti e istituzioni, a dimostrazione del fatto che l'arte, quando sa raccontare la complessità del presente, riesce a rompere le barriere e diventare patrimonio condiviso. anticipata del linguaggio televisivo e pubblicitario, prefigurando molte delle tecniche utilizzate dagli artisti contemporanei. Nello Petrucci e Angelo Accardi, ancora, rappresentano una continuità di questa attitudine ribelle nel contesto italiano. Il primo, con i suoi collage complessi che mescolano riferimenti pop e storici, crea cortocircuiti visivi che invitano a una riflessione critica sull'inondazione di immagini che ci circondano. Il secondo, con le sue opere surreali che popolano mondi immaginari con personaggi stravaganti, sfida le aspettative narrative e le strutture lineari del racconto visivo.
Tra gli altri, poi, Patrizia Casagranda trasforma l'identità in ritratti stratificati che combinano tecniche miste, collage e interventi digitali. I suoi volti, che sembrano dissolversi e ricomporsi, visualizzano la natura fluida dell'identità contemporanea, destrutturando le rappresentazioni convenzionali per rivelare tensioni nascoste sotto la superficie.
Sara Pope esplora la mercificazione della bellezza con le sue ipnotiche rappresentazioni di labbra, trasformandole in simboli della cultura contemporanea. Ispirata dalla sua carriera nella moda, crea opere glossy che, pur seducendo con la loro perfezione quasi fetishistica, criticano i meccanismi del desiderio commercializzato, sovvertendo dall'interno i codici estetici della pubblicità.
Donald Baechler, con il suo stile apparentemente infantile, indaga memoria culturale e innocenza perduta. Le sue tele con immagini iconiche semplificate – fiori, teschi, palloni – utilizzano un vocabolario visivo primordiale che attraversa culture e generazioni, emergendo da strati sovrapposti che rivendicano il valore della manualità in un'epoca di crescente astrazione.
Giuseppe Veneziano, infine, sovverte l'iconografia contemporanea con uno stile provocatorio che mescola cultura pop, storia dell'arte e simboli politici. Le sue opere, caratterizzate da colori vividi e composizioni apparentemente semplici, rappresentano una satira graffiante che non risparmia tabù e figure sacre, sfidando le convenzioni sociali attraverso accostamenti irriverenti che invitano a una riflessione critica sulla società mediatica.
"BANKSY & FRIENDS. Storie di artisti ribelli" è più di una mostra: è un invito a guardare il mondo con occhi nuovi, attraverso l'arte di chi ha scelto di non restare in silenzio..
Francesco Mori , Assessore alla cultura Comune di Pontedera: "Arte per incuriosire, stupire e stupirsi, sorprendere. Arte come creazione di un nuovo alfabeto che mira ad interpretare la collisione bellezza del reale, le sue contraddizioni e la sua complessità. Arte per suscitare adesione, dissenso, condanna. Tutto questo vuole essere BANKSY & FRIENDS, esperienza attraverso la quale intendiamo rivolgere nuove sfide alla città e al territorio, con l'ambizione di suscitare una sempre più ampia discussione nel dibattito collettivo sulle funzioni e sul valore dell'arte contemporanea e dei suoi codici. Vogliamo avvicinare gli sguardi dei curiosi alla scoperta delle possibili declinazioni del fare artistico e creativo. Ci proviamo attraverso il coinvolgimento di linguaggi potenti e inconsueti. Perché siamo convinti che nel segno dell'arte una città si interroghi, acquisisca coscienza del proprio essere, guardi avanti alla costruzione del suo domani” .
Con il patrocinio della Regione Toscana, promossa da Comune di Pontedera, Fondazione per la Cultura Pontedera, PALP Palazzo Pretorio di Pontedera e Fondazione Fabbrica Europa per le Arti Contemporanee, la mostra è prodotta e organizzata da Piuma in collaborazione con Arthemisia, Pop House Gallery e Trium Art Gallery.
La mostra vede come main sponsor Londinese, Banca Popolare di Lajatico e Unicoop Firenze e come sponsor Decorarte, Gruppo Lupi, HTA, Intergomma, LB Toscana Service, Lenergy, Orsini Costruzioni, Pisa Utensili, Sofisport, Toscoservice, Valpetrol e Diemme srl. (06/06/2025-ITL/ITNET)
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