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CULTURA ITALIANA NEL MONDO - RESTAURI - FONDI PNRR PER RESTAURO TUTELA E CONSOLIDAMENTO DEL MASCHIO ANGIOINO. L'IMPEGNO DEL MINISTERO DELLA CULTURA .

(2023-05-25)

  Il Ministero della cultura, tramite la Direzione generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio e la Direzione generale Musei, ha stanziato 13 milioni di euro per i lavori di restauro conservativo del Maschio Angioino, a Napoli.

Risorse per 2,5 milioni di euro, provenienti dai fondi del PNRR, sono destinate alla rimozione delle barriere fisiche e cognitive, 6 milioni di euro al restauro e il consolidamento dell’Arco trionfale che celebra la conquista del Regno di Napoli da parte di Alfonso d’Aragona. Gli altri 4,5 milioni, dai fondi comunitari del piano di azione e coesione, serviranno per la messa in sicurezza, il completamento delle barriere architettoniche e per il potenziamento degli allestimenti. 

“È importante che le risorse già stanziate vengano spese immediatamente dagli enti attuatori. Ho dato impulso agli uffici affinché procedano con speditezza. A questi fondi ne andranno aggiunti altri sulla base di un progetto risolutivo delle problematiche di tutela, conservazione e valorizzazione del Maschio Angioino”, ha dichiarato il Ministro della cultura, Gennaro Sangiuliano.

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Castel Nuovo, chiamato anche Maschio Angioino, uno dei simboli della città di Napoli, dove domina la piazza del Municipio.
La costruzione del suo nucleo antico - oggi in parte riemerso in seguito ad interventi di restauro ed esplorazione archeologica - si deve all'iniziativa di Carlo I d’Angiò, che nel 1266, sconfitti gli Svevi, salì al trono di Sicilia e stabilì il trasferimento della capitale da Palermo alla città partenopea. Ai due castelli esistenti - Castel Capuano e Castel dell'Ovo - gli Angioini aggiunsero il principale, Castel Nuovo (Chastiau neuf), che divenne non solo fortificazione ma soprattutto la loro reggia giacchè Castel Capuano,  l'antica fortezza normanna, venne giudicata inadeguata alla funzione, volendo, tra l'altro un castello fotificato in prossimità del mare.

Il progetto fu assegnato all'architetto francese Pierre de Chaule, i lavori per la costruzione del Castrum Novum presero il via nel 1279 per terminare  tre anni dopo. Un tempo brevissimo viste le tecniche di costruzione dell'epoca e la mole complessiva ell'opera. Il re tuttavia non vi dimorò mai: in seguito alla rivolta dei Vespri siciliani, che costò all'Angioino la corona di Sicilia, conquistata da Pietro III d'Aragona e ad altre vicende, la nuova reggia rimase inutilizzata fino al 1285, anno della morte di Carlo I.

Il nuovo re Carlo II lo Zoppo si trasferì con la famiglia e la corte presso la nuova residenza, che fu da lui ampliata e abbellita.
Il 13 dicembre del 1294 la sala maggiore di Castel Nuovo fu teatro della celebre abdicazione di papa Celestino V, l'eremita Pietro da Morrone, dal trono pontificio, e nella stessa sala il collegio dei cardinali elesse pontefice Benedetto Caetani, che assunse il nome di Bonifacio VIII e trasferì immediatamente la sua sede a Roma per sottrarsi alle ingerenze della casata angioina.

Con l'ascesa al trono di Roberto il Saggio, nel 1309, il castello, da lui ristrutturato e ampliato, divenne un notevole centro di cultura, grazie al suo mecenatismo e alla sua passione per le arti e le lettere: Castel Nuovo ospitò importanti personalità della cultura del tempo, come i letterati Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio nelle loro permanenze napoletane, mentre i più famosi pittori dell'epoca vennero chiamati ad affrescarne le pareti: Pietro Cavallini, Montano d'Arezzo, e soprattutto Giotto, che nel 1332, venne qui chiamato per la cappella Palatina.

Dal 1343 fu dimora di Giovanna I, che nel 1347, in fuga verso la Francia, lo abbandonò agli assalti dell'esercito del re d'Ungheria Luigi I il Grande. Il castello  torno' nella disponibilità di Giovanna I ma dopo il saccheggio dovette procedere ad una radiale ristrutturazione.
Alfonso d'Aragona, che aveva conquistato il trono di Napoli nel 1443, volle stabilire nel castello la funzione di centro del potere regale e una corte di magnificenza tale da competere con quella fiorentina di Lorenzo il Magnifico. La fortezza venne completamente ricostruita nelle forme attuali. Re Alfonso affidò la ristrutturazione della vecchia reggia-fortezza angioina ad un architetto aragonese, Guillem Sagrera, catalano originario di Maiorca, che la concepì in termini gotico-catalani. I lavori si svolsero a partire dal 1453 e si conclusero solo nel 1479, dopo la morte del re.
Il castello venne nuovamente saccheggiato ad opera di Carlo VIII di Francia, nel corso della sua spedizione del 1494. Con la caduta di Ferdinando II prima (1496) e di Federico I in seguito (1503), il regno di Napoli venne annesso alla corona di Spagna da Ferdinando il Cattolico, che lo costituì in vicereame. Castel Nuovo perse la funzione di residenza reale, diventando un semplice presidio militare a motivo della sua posizione strategicamente importante; durante il lungo periodo del vicereame il castello subì vari danni perdendo gran parte degli ornamenti esterni in gotico fiammeggiante e in stile rinascimentale.

Tra i maggiori danni della metà del XVI secolo e di tutto il XVIII secolo quello più evidente è stata la sostituzione delle finestre francesi angioine realizzate in pietra e a croce (finestre guelfe), con scarne finestre di muratura e contornate secondo il gusto seicentesco da un riquadro grigio. La cancellazione del passato angioino e poi aragonese non era dettato dai soli motivi di funzionalità (nel Seicento era una prigione), ma anche da motivi politici: i nuovi dominatori spagnoli dovevano cancellare sia il ricordo di Napoli angioina che quella aragonese e per farlo era necessario anche abbatterne o modificarne gli ornamenti. Questo fu durante la dominazione spagnola in Italia (non solo a Napoli) una prassi.

Tra i più deleteri interventi che furono realizzati durante il vicereame spagnolo fu la cancellazione di ben quattro affreschi di Giotto (realizzati nel '300) che decoravano la cappella Palatina. Oltre alla mano dell'uomo anche l'incuria impoverì il castello di molti stucchi e decorazioni. Nel XX secolo per un incendio scoppiato nella sala dei Baroni andarono perduti altri dipinti eseguiti da Giotto.

Nel corso del periodo vicereale, dopo la realizzazione dei bastioni poligonali che circondarono il castello, l'area tra il castello e i bastioni vicereali divenne vittima di abusivismi edili, alloggi improvvisati ecc. Tutto ciò segnò l'inizio del declino del castello, costretto a non respirare più per secoli e in seguito completamente coperto da edifici e capannoni di varia natura.

Con i Borboni nel 1823 il castello venne nuovamente sistemato.  Carlo di Borbone, futuro Carlo III di Spagna, salito al trono di Napoli nel 1734, i sostituì la caotica facciata del lato est (ormai le superfetazioni di età vicereale avevano totalmente stravolto l'aspetto del castello) con un casermone di cinque piani, coperto da un tetto a spiovente, forse mansardati, come nello stile degli edifici borbonici allora in voga. Il castello perdette tuttavia il suo ruolo di residenza reale, in favore delle nuove regge che si andarono edificando nella stessa Napoli e nei suoi dintorni (il Palazzo reale di piazza del Plebiscito, la Reggia di Capodimonte, la Villa reale di Portici e la Reggia di Caserta) e divenne essenzialmente un simbolo della storia e della grandezza di Napoli. Un altro intervento vi fu nel 1823 ad opera di Ferdinando I delle Due Sicilie, che però riguardò solo la facciata nord che affacciava a mare del castello, vennero recuperate le finestre crociate in forte stato di degrado e si tentò di recuperare la facciata al mare della cappella Palatina. Questi interventi furono immortalati in una stampa francese del 1855.

Il nuovo secolo ereditò un castello in forte stato di degrado, le facciate esterne erano state completamente inglobate tra i residui delle casematte vicereali, fabbricati ed altri edifici sorti tra la fine del XVII secolo e la fine del XVIII secolo. Le merlature erano pressoché sparite e le finestre del XIV e XV secolo erano state rimaneggiate fino a perdere qualsiasi caratteristica medievale e rinascimentale. Ciò che caratterizzava il castello erano dunque degrado e abbandono.
Agli inizi del Novecento si decise quindi di recuperare il castello, liberarlo dagli abusivismi e dai capannoni e farlo tornare, almeno per quanto riguarda le facciate esterne al XV secolo; la documentazione iconografica di riferimento furono la Tavola Strozzi, le miniature del Ferraiolo (fine XV secolo) e le raffigurazioni del golfo di Napoli agli inizi del XVI secolo. Agli inizi del Novecento vennero abbattuti tutti gli edifici sorti ammassati sul castello, recuperando un ampio spazio e facendo tornare a vista le antiche mura medievali. Fu abbattuto l'ala-caserma voluta sotto i Borbone e riemersero anche qui le mura quattrocentesche. Ottenuto finalmente dallo Stato l'intero castello a scopi civili, i lavori cominciarono nel 1923 e interessarono anche le fabbriche e i capannoni costruiti a ridosso della piazza in luogo dei demoliti bastioni: già l'anno successivo tutti i vari edifici furono eliminati e fu creata la spianata dove furono realizzati dei giardini sul lato dell'odierna via Vittorio Emanuele III.

Negli anni Venti fu realizzata l'ampia fascia di aiuole che costeggiò il Maschio Angioino fino alla fine del XX secolo: nei primi mesi del 1921 il conte Pietro Municchi, ingegnere allora assessore al decoro urbano, presentò al Consiglio Comunale la proposta dell'isolamento del Castel Nuovo. Fu risparmiata soltanto la porta della Cittadella, l'originario accesso aragonese al complesso, rifatto nel 1496 da Federico d'Aragona (come testimonia il suo stemma presente sull'arco): isolata e snaturata della sua funzione, è visibile tra le aiuole squadrate lungo via Vittorio Emanuele III. I

lavori relativi al restauro del castello, che eliminarono le molte superfetazioni aggiunte nel tempo, durarono fino al 1939. Durante questi lavori furono necessari anche dei lavori di ripulitura e restauro che eliminarono gli edifici sorti fra XVII e XIX secolo a ridosso del castello e riuscirono a restituire al castello parte del suo stile ormai perduto; tuttavia, dato la disastrata condizione dei tetti e delle tegole (sull'ala Don Pedro de Toledo e sulla cappella Palatina e la sala dei Baroni), fu necessario rimuovere le coperture. Ciò nonostante non furono mai ricostruiti i tetti a falde e negli anni '70 si preferì poi ricoprire il "terrazzo" con la guaina, creando un effetto fortemente antiestetico e antistorico oltre che antifunzionale. Negli anni '40 il castello appariva all'esterno in stile totalmente medievale, furono riaperte le finestre crociate murate, le merlature erano state recuperate. Sebbene lodevoli questa campagna di restauri non riuscì a recuperare lo stile angioino e aragonese anche nel cortile interno. Difatti ben due facciate (ala sud e ala ovest) risalgono al XVII secolo, la facciata est al 1535, mentre l'unica ala quattrocentesca rimasta sarebbe quella nord, con l'ingresso della cappella Palatina e la scalinata che da alla Sala dei Baroni.

Oggi il castello presenta problemi di natura statica all'ingresso, non è possibile camminare lungo le merlature bastionate che circondano le torri, e molte sale e persino le torri restano chiuse al pubblico; il problema maggiore va ricercato nella mancata manutenzione che separa il dopoguerra (segnato da una straordinaria, quanto però incompleta, visto anche il progetto faraonico, opera di restauro) dai giorni odierni, dove la mancata manutenzione dei 70 anni appena trascorsi, sommato a delle revisioni che andrebbero fatte, rendono il restauro del castello simbolo della città e della sua storia piu' che urgente. (25/05/2023-ITL/ITNET)

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