Direttore responsabile Maria Ferrante − lunedì 13 ottobre 2025 o consulta la mappa del sito
italialavorotv.it

Sponsor

LAVORO - CAREGIVER - INDAGINE OIL/ FERCASALINGHE : DONNE 75% CAREGIVER. LAVORO NON RETRIBUITO PER UN MONTE DI 60,7 MILIARDI DI ORE= VALORE MONETARIO STIMATO 473,5 MILIARDI DI EURO.

(2025-10-02)

Presentati in una  conferenza presso la sede dell’Ufficio OIL per l’Italia e San Marino (Villa Aldobrandini)
i risultati dell’indagine per la valorizzazione del lavoro di cura in Italia realizzata dall’OIL e da Federca-salinghe. Basandosi sulle risoluzioni internazionali per la rilevazione del lavoro di cura non retribuito all’interno delle indagini delle forze di lavoro e sul lavoro dignitoso nell’economia della cura, l’indagine arricchisce e aggiorna le informazioni sulle caratteristiche di lavoratrici e lavoratori, sui carichi di lavoro e i tempi dedicati alle diverse attività di cura, sulle mansioni e le competenze, sul valore attribuito a questo tipo di lavoro sia da chi lo svolge che dalla società e sulla relazione tra lavoro di cura non retribuito e quello retribuito.

Con la prospettiva di identificare interventi di supporto in un contesto demografico caratterizzato dall’invecchiamento della popolazione, per la prima volta sono state raccolte informazioni sulle prospettive future di coloro che svolgono un lavoro di cura non retribuito in Italia, sulla condizione e bisogni dei caregiver e sulle misure ritenute utili per il passaggio al lavoro retribuito.

In Italia, il 75 per cento del lavoro di cura non retribuito è svolto dalle donne. L’assenza di un corrispettivo monetario e l’idea che si tratti di mansioni che non richiedono particolari competenze e abilità sono sovente all’origine della scarsa valorizzazione dei compiti di cura domestici e della frustrazione di milioni di persone che svolgono tale lavoro. Il dibattito sull’importanza del lavoro di cura per lo sviluppo delle economie e della società si è intensificato negli ultimi anni, anche alla luce delle tendenze demografiche e dell’esigenza di garantire la libertà delle persone di scegliere il loro percorso lavorativo.

Nonostante sia alla base delle economie di tutti i paesi del mondo, spesso il lavoro di cura non viene ade-guatamente riconosciuto per il suo valore economico e sociale. Sebbene apporti un contributo fonda-mentale al progresso sociale, questo lavoro è ancora più invisibile quando erogato in maniera non retri-buita soprattutto dalle donne che continuano ad avere una responsabilità sproporzionata e un impegno del tempo che, a livello globale, è quasi triplo rispetto a quello degli uomini.

In ambito internazionale si sono da tempo avviate una serie di iniziative che mirano a riconoscere, ridurre, ridistribuire, ricompensare e rappresentare il lavoro di cura. In questo contesto s’inserisce il programma dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) di revisione delle statistiche del lavoro al fine di cat-turare non solo informazioni sulle occupazioni retribuite ma anche sul lavoro non retribuito, includendovi il lavoro di cura.
Il lavoro di cura è stato anche al centro del dibattito della Conferenza internazionale del lavoro che si è svolta a Ginevra dal 4 al 14 giugno 2024 e coinvolgendo le rappresentanze di governi, organizzazioni datoriali e sindacati di 187 paesi del mondo.

l lavoro di cura non retribuito rappresenta l’85 per cento del lavoro non retribuito in Italia. La stima del totale delle ore di lavoro di cura diretto e indiretto in un anno in Italia è di 60,7 miliardi, con un valore monetario stimato di 473,5 miliardi di euro. Il 71 per cento di questo valore è prodotto dal lavoro di cura non retribuito delle donne. La stima dell’apporto del lavoro di cura non retribuito al PIL italiano si aggira intorno al 26 per cento.

Tra le persone intervistate dall’indagine OIL-Federcasalinghe, prevale la percezione che il valore sociale assegnato alla cura dei figli sia decisamente maggiore rispetto a quello assegnato alla cura della casa e delle persone adulte e anziane non autosufficienti. Solo un terzo di coloro che si occupano della cura della casa e di adulti e anziani non autosufficienti ritiene che gli altri diano un alto valore al lavoro di cura.

Un rispondente su dieci ritiene che il lavoro di cura che svolge abbia un basso valore, mentre due rispondenti su dieci ritengono che gli altri attribuiscano un basso valore al lavoro di cura non retribuito.

I dati raccolti attraverso l’indagine indicano che carichi di lavoro di cura non retribuito si riflettono nella scarsa partecipazione al mercato del lavoro retribuito, nonostante il livello d’istruzione medio-alto delle persone che hanno participato all’indagine (il 59,7 per cento ha conseguito il diploma di scuola secondaria superiore e un altro 28,8 per cento ha una laurea).

Per la stragrande maggioranza delle donne, le ragioni della mancata ricerca di un lavoro retribuito sono dovute alle mansioni di cura e ad altri motivi familiari (82,6 per cento), mentre per gli uomini sono soprattutto i carichi di cura verso i figli e gli anziani (62,2 per cento) a determinare la non ricerca di un lavoro.
Anche le statistiche ufficiali più recenti contabilizzano un totale di 12,2 milioni di persone inattive nel secondo trimestre del 2025. Tra queste, più di 3,2 milioni hanno dichiarato di essere fuori dal mercato del lavoro retribuito a causa di responsabilità di cura della famiglia. Il 95,1 per cento di queste persone (o 3 milioni e 54.000) erano donne e il 4,9 per cento (o 149.000) erano uomini.

Tra le persone intervistate attraverso l’indagine, quasi una madre su due (46,5 per cento) ha lasciato o ridotto l’attività lavorativa dopo il primo figlio. Spesso si tratta di una rinuncia dovuta alla mancanza di servizi di supporto, organizzazione del lavoro e orari di lavoro rigidi, bassi salari, cultura del lavoro ancora sbilanciata, discriminazione e scarsa condivisione dei compiti di cura.

Le differenze di genere risultano particolarmente evidenti anche nelle ragioni che spingono i lavoratori di cura a lasciare il lavoro retribuito. Per il 42,3 per cento degli uomini è la perdita del lavoro retribuito licen-ziamento, pensione o mobilità) e la cura dei figli o genitori (38,5 per cento) che dettano la fuoriuscita dal lavoro retribuito.

Circa il 25 per cento delle/gli intervistate/i svolge un lavoro retribuito come attività secondaria, con le donne che presentano una probabilità decisamente inferiore di avere un lavoro retribuito rispetto agli uomini (il 23 per cento circa delle donne intervistate ha un lavoro fuori casa rispetto a circa il 66 per cento degli uomini). Questi dati sono in linea con le statistiche nazionali.

I dati del 2024 sui tassi di occupazione su base annua dei paesi dell’Unione Europea (UE) pongono l’Italia all’ultimo posto con il 57,7 per cento. Alcune analisi hanno stimato che un livellamento di questo tasso a quello medio dei paesi EU-27 (70,8 per cento nel 2024), attenuerebbe fortemente l’impatto negativo sul mercato del lavoro legato al declino demografico e all’invecchiamento della popolazione.

Questa maggiore partecipazione delle donne al lavoro retribuito avrebbe anche un impatto positivo sull’economia. Per quest’ultima, alcune analisi stimano che il calo demografico comporterà una riduzione del PIL italiano del 9 per cento entro il 2050.

Per la stragrande maggioranza delle persone che hanno partecipato all’indagine, la decisione di intra-prendere il lavoro di cura non retribuito deriva da uno stato di necessità e dalla mancanza di alternative piuttosto che da una scelta. Questo vale in particolar modo per i quasi tre quarti delle donne che hanno partecipato all’indagine (74 per cento) contro il 60,3 per cento degli uomini.

Al momento di intraprendere il lavoro di cura in ambito familiare, quasi i due terzi di tutte le persone intervistate (63,4 per cento) riteneva che avrebbe svolto tale lavoro in maniera temporanea. Nel corso degli anni, questa aspettativa di temporaneità è cambiata, visto che la media degli anni dedicati dalle persone che hanno partecipato all’indagine si attesta a 13 anni e mezzo per le donne e quasi 10 anni per gli uomini.

La percezione di temporaneità del lavoro di cura non retribuito è maggiore tra le persone giovani (oltre l’80 per cento delle persone fino ai 49 anni ritiene il lavoro di cura una situazione temporanea). Essa cala drasticamente ad un terzo delle persone di età uguale o superiore ai 50 anni. Per molte donne, si innesca l’“effetto trappola” che si manifesta alla nascita dei figli, ragione per cui molte donne lasciano il lavoro retribuito (circa il 46,5 per cento) per dedicarsi al lavoro di cura. Con l’avanzare dell’età diminuiscono gli impegni di cura verso i figli ma aumentano quelli rivolti agli adulti e anziani (sia autosufficienti che non), il che genera un continuum di lavoro di cura non retribuito che si protrae per tutto il corso della vita.

L’Italia è il secondo paese dell’Unione Europea dopo il Portogallo per il numero di minuti (306 minuti o oltre 6 ore) dedicato giornalmente dalle donne al lavoro non retribuito, mentre è il terzo paese dopo il Portogallo e la Grecia per il divario rispetto al tempo dedicato dagli uomini allo stesso lavoro, con un tempo dedicato dalle donne maggiore di 2,3 volte rispetto agli uomini (133 minuti o oltre 2 ore).

In media, il lavoro di cura impegna oltre la metà (52,8 per cento) delle persone che hanno partecipato all’indagine per un ammontare di ore settimanali superiori a quelle di un qualsiasi lavoro retribuito.

Rispetto agli uomini, le donne dedicano più ore alle attività di cura non retribuita (il 54 per cento delle donne dedica 40 ore e più al lavoro di cura rispetto al 34 per cento degli uomini).

Le ore di lavoro dedicate alla cura aumentano con l’età e raggiungono il picco nella fascia d’età tra i 30 e i 49 anni, per poi diminuire gradualmente con l’avanzare dell’età e con il passaggio dalla cura dei figli a quella di adulti e anziani. Mentre tra le donne più giovani prevalgono le ore dedicate alle attività di cura della casa, dei figli e di adulti autosufficienti, con l’avanzare dell’età iniziano a prevalere le ore destinate alla cura delle persone non autosufficienti, soprattutto delle persone in età anziana.

Sono soprattutto le donne ad occuparsi di adulti e anziani non autosufficienti tra le mura di casa (90,6 per cento). Quasi i due terzi (61 per cento) ha più di 60 anni e sopporta un carico orario elevato. L’impegno orario dei caregiver è di gran lunga superiore a quello osservato tra tutti gli altri lavoratori di cura. La percentuale di coloro che dedica 55 ore e più alla settimana al caregiving è di oltre il 40 per cento, con un altro 15 per cento che dedica tra le 40 e le 54 ore settimanali.
È significativo anche il numero di risposte di cargiver che indicava una media settimanale di ore lavorate di oltre 80 o 90 ore, come pure una disponibilità ininterrotta durante tutta la giornata.

Contrariamente a quanto riscontrato per le altre tipologie di lavoro di cura non retribuito, la quota di caregiver che svolge un lavoro retribuito come attività secondaria si attesta introno al 31 per cento, con una media di circa 30 ore di lavoro retribuito alla settimana. La possibilità di svolgere un lavoro retribuito è dovuta, in parte, al ricorso al lavoro domestico retribuito (il 19,3 per cento si avvale di lavoro domestico contrattualizzato) e in parte dal tipo di professioni retribuite del cargiver, dato che 25 per cento è un/a professionista ed un altro 19 per cento é assistente amministrativa/o. Solo il 29,5 per cento dei partner condivide le attività di cura di adulti e anziani non autosufficienti e per un monte ore comunque limitato, dato che solo il 7,7 per cento dedica 16 ore e più alla condivisione dei compiti di cura. Il lavoro di cargiver è una necessità per il 67,8 per cento delle persone intervistate, sia per gli uomini (65.9 per cento) che per le donne (68 per cento).

In Italia, solo la cura di persone affette da Alzheimer coinvolge circa tre milioni di cargiver.

Numerosi studi confermano il rischio elevato di queste lavoratrici e lavoratori di sviluppare sindrome da stress, burnout, ansia e depressione a causa delle condizioni di lavoro, soprattutto quelle connesse all’impegno fisico e psicologico, alla riduzione del tempo dedicato a sé stessi e al senso di isolamento. Gli studi condotti in diversi paesi indicano una percentuale di cargiver esposti a questi rischi che varia tra il 25 e il 40 per cento. Applicando queste percentuali alla realtà italiana, sarebbero tra 750mila e 1,2 milioni le/i cargiver esposte/i ai rischi per la salute. Alla sofferenza quotidiana si aggiunge il senso di isolamento e la mancanza di sostegno.
---------------------------------------------------------
Il partenariato tra l’Associazione Federcasalinghe e l’Ufficio OIL per l’Italia e San Marino mira a promuovere una nuova traiettoria per un lavoro e per servizi di cura di qualità, per l’accesso di lavoratrici e lavoratori ai benefici legati all'assistenza e alla cura e per il miglioramento dei diritti e delle condizioni di vita e di lavoro, anche attraverso politiche a favore di un lavoro di cura dignitoso basato sulla giustizia sociale e sull'eguaglianza di tutte le persone che ogni giorno si occupano della cura e del benessere di altre persone.

L’indagine è rivolta principalmente alle associate e associati di Federcasalinghe che svolgono lavoro di cura non retribuito come attività principale. Possono partecipare all’indagine anche coloro che al lavoro di cura non retribuito combinano il lavoro retribuito come attività secondaria. L’indagine si realizza attraverso la compilazione di un questionario che è somministrato ad un campione rappresentativo di tutte le Regioni italiane. (02/10/2025-ITL/ITNET)

Altri prodotti editoriali

Contatti

Contatti

Borsa italiana
Borsa italiana

© copyright 1996-2007 Italian Network
Edizioni Gesim SRL − Registrazione Tribunale di Roma n.87/96 − ItaliaLavoroTv iscrizione Tribunale di Roma n.147/07