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ITALIANI ALL'ESTERO - SPECIALE ASSEMBLEA CGIE: VII COMMISSIONE (PRES. BRACCIALI): "INCENTIVI AL RIENTRO : OCCORRE UNA STRATEGIA NAZIONALE"
(2025-06-20)
INCENTIVI AL RIENTRO: UNA NECESSITÀ STRATEGICA PER L’ITALIA E PER I SUOI CITTADINI ALL’ESTERO : un tema al centro dell'attenzione della VII Commissione del Consiglio Generale degli Italiani all'Estero "in un momento storico in cui l’Italia affronta contemporaneamente una crisi demografica, un impoverimento del tessuto produttivo in molte aree interne e una perdita continua di giovani e competenze verso l’estero, le politiche per il rientro degli emigrati italiani rappresentano non solo un’opzione, ma una vera e propria priorità strategica". Elementi che potrebbero riguardare:
"Milioni di cittadini italiani vivono all’estero, molti dei quali nati in Italia o figli di italiani emigrati negli ultimi decenni. Una parte significativa di questa popolazione possiede, infatti, competenze professionali, relazioni internazionali, spirito imprenditoriale e capitale umano che potrebbero contribuire in maniera sostanziale al rilancio del Paese." E' l'incipit del documento presentato all'Assemblea dal Presidente della VII Commissione, Matteo Bracciali, che ha illustrato l'attuale situazione ed esprimere proposte ed auspici. "In questa prospettiva, negli ultimi anni si è iniziato a costruire un sistema di incentivi al rientro, che prevede agevolazioni fiscali nazionali, interventi regionali su misura e strumenti di supporto economico e sociale. Tuttavia, affinché queste politiche siano davvero efficaci e strutturali, è necessario andare oltre la logica del “premio” ai singoli talenti, e abbracciare una visione più ampia, inclusiva e sostenibile.
1. AMPLIARE L’ACCESSO AGLI INCENTIVI ANCHE A LAVORATORI NON IPER-QUALIFICATI Il rientro di ricercatori, docenti universitari, dirigenti d’azienda o professionisti del digitale rappresenta una risorsa preziosa ed è necessario investire per promuovere, partendo ad esempio dalle proposte del Gruppo Controesodo che ha fatto una proposta molto articolata legata al rientro di lavoratori qualificati e che condividiamo. La gran parte degli italiani all’estero non appartiene, però, a queste categorie. Nelle comunità italiane sparse nel mondo – soprattutto in Europa, in Sud America e in Nord America – vivono e lavorano artigiani, operai specializzati, lavoratori dei servizi, piccoli imprenditori, tecnici, spesso con una grande esperienza e un forte attaccamento all’Italia, ma senza i requisiti per accedere alle agevolazioni oggi previste per i cosiddetti "cervelli". È dunque fondamentale ridefinire i criteri di accesso alle misure di rientro, rendendole disponibili anche a chi non ha un titolo accademico o non opera in settori ad alta specializzazione. Lavoratori che hanno gestito ristoranti, officine, laboratori artigiani o attività familiari all’estero possono portare con sé competenze preziose per il rilancio delle economie locali, in particolare nei piccoli centri italiani. Escluderli significa perdere un’opportunità concreta di rafforzare il tessuto socio-produttivo del Paese. Un sistema equo di incentivi al rientro deve quindi essere progressivo, proporzionato e inclusivo, capace di offrire strumenti anche a chi rientra per lavorare in agricoltura, nei servizi alla persona, nel turismo o nella piccola impresa locale.
2. CREARE UN ECOSISTEMA INTEGRATO (CASA-LAVORO-FORMAZIONE) PER UN RIENTRO SOSTENIBILE Rientrare in Italia non è un gesto isolato, né una semplice scelta fiscale. È, piuttosto, una decisione complessa che coinvolge intere famiglie, cambia progetti di vita, impone costi, implica sfide pratiche e culturali. Per questa ragione, le politiche di incentivo non possono basarsi su strumenti frammentari, ma devono essere coordinate in un sistema integrato che tenga insieme tre elementi fondamentali: l’abitazione, il lavoro e la formazione. Sul fronte abitativo, servono misure che vadano oltre il contributo una tantum: mutui agevolati con garanzia pubblica, accesso a immobili a prezzo calmierato, bonus per ristrutturazioni e riqualificazioni energetiche. Parallelamente, è essenziale offrire percorsi di reinserimento lavorativo che siano realistici e flessibili. In molti casi, chi rientra porta con sé competenze che non trovano immediato riconoscimento nel mercato italiano: servono programmi di riqualificazione professionale, riconoscimento dei titoli esteri, corsi di aggiornamento finanziati dalle Regioni o dallo Stato. Infine, il sistema dovrebbe prevedere una rete di accompagnamento personalizzato: sportelli territoriali, tutoraggio professionale, orientamento scolastico per i figli, accesso facilitato a servizi pubblici. Solo in presenza di questo ecosistema è possibile costruire un rientro realmente sostenibile, che non si esaurisca nella prima fase di insediamento, ma che accompagni le persone per l’intero processo di reintegrazione sociale, economica e culturale.
3. FAVORIRE IL RIPOPOLAMENTO DELLE AREE MARGINALI, CON MISURE SU MISURA Un altro aspetto decisivo riguarda l’opportunità storica che il rientro degli italiani dall’estero rappresenta per le aree interne del Paese, oggi colpite da un progressivo spopolamento, dalla desertificazione dei servizi e dal calo demografico. Molti dei comuni italiani sotto i 5.000 abitanti – soprattutto in regioni come Calabria, Molise, Basilicata, Sicilia, Sardegna – rischiano di scomparire nel giro di pochi decenni. Eppure, proprio questi territori offrono una qualità della vita elevata, un patrimonio culturale intatto, spazi abitativi accessibili e un grande potenziale per l’economia circolare, il turismo sostenibile, l’agricoltura biologica, l’artigianato locale. Per questo motivo, alcune Regioni hanno già avviato programmi mirati: case a un euro, contributi per l’acquisto o ristrutturazione di immobili, esenzioni fiscali, incentivi per chi avvia un’attività o lavora in smart working. Tuttavia, perché questi interventi siano efficaci, devono essere personalizzati e integrati: non basta offrire una casa a prezzo simbolico se mancano la connessione internet, il trasporto pubblico, un asilo nido o un ambulatorio. Servono dunque misure su misura, capaci di attrarre nuclei familiari, giovani coppie, professionisti, ma anche pensionati e piccoli imprenditori che desiderano vivere in un contesto più umano e accessibile. Il rientro può così diventare uno strumento concreto per la rigenerazione territoriale, a patto che si garantiscano servizi, accesso alle tecnologie, opportunità di lavoro e relazioni sociali. In questo senso, il rientro non è solo una questione individuale, ma un’azione di sviluppo locale condivisa, che richiede una visione politica a medio e lungo termine.
Conclusione: una strategia nazionale per far tornare l’Italia ai suoi cittadini Serve un sistema organico, accessibile, equo. Un sistema che riconosca il valore di ogni persona che vuole tornare: non solo per ciò che ha studiato, ma per ciò che può costruire. Un sistema che sappia unire le politiche fiscali a quelle sociali, l’iniziativa delle Regioni con quella dello Stato, e che sappia ascoltare le voci dei territori e dei cittadini. (20/06/2025-ITL/ITNET)
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