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PAPA - CONCLAVE - LATTANZIO (MERIDIANO ITALIA.TV): "NON SOLO EVENTO INTERNO ALLA CHIESA, MA D'INTERESSE GLOBALE, OCCASIONE PER RIFLETTERE RUOLO FEDE E SPIRITUALITÀ' NEL PLASMARE FUTURO UMANITA'"

(2025-05-06)

  "Domani, le porte della Cappella Sistina si chiuderanno, dando inizio a un evento che cattura l'attenzione del mondo intero: il conclave. Esso è una soglia, un passaggio cruciale che segna un momento di profonda riflessione e rinnovata responsabilità per la Chiesa cattolica e per il mondo intero." E' l'incipit del "fondo" del Direttore editoriale di "Meridiano Italia" Gianni Lattanzio sul cammino che da oggi i cardinali elettori sono chiamati a percorrere "nel segno della trascendenza nel tempo".

"La Cappella Sistina, con il suo maestoso ciclo di affreschi michelangioleschi, diviene non solo il luogo fisico di questo evento, ma anche un simbolo potente della storia della salvezza e del destino dell'umanità. In questo spazio sacro, i cardinali, successori degli apostoli, si raccolgono in preghiera e discernimento, consapevoli del peso della loro decisione. Non si tratta semplicemente di scegliere un nuovo Vescovo di Roma, ma di tracciare una rotta per il futuro della Chiesa, un futuro inevitabilmente intrecciato con le sfide e le speranze di un mondo in rapida trasformazione. Questo conclave, quindi, non è solo un evento interno alla Chiesa, ma un momento di interesse globale, un'occasione per riflettere sul ruolo della fede e della spiritualità nel plasmare il futuro dell'umanità. Come affermava Romano Guardini, la Chiesa è un "segno della trascendenza nel tempo," e in questo particolare frangente, essa è chiamata a ridefinire il proprio ruolo profetico, a incarnare la speranza e a offrire una guida in un mondo spesso disorientato.

Mentre i cardinali si preparano a entrare in conclave, il dibattito sulle priorità e la direzione futura della Chiesa si fa più intenso. Le voci che si levano riflettono una varietà di prospettive e sensibilità, che spaziano dalla necessità di un rinnovato centralismo romano alla promozione di una maggiore sinodalità e decentramento che, comunque dovranno comporsi e trovare un punto di incontro. La tentazione del centralismo romano, con la sua enfasi sulla solidità dottrinale, la chiarezza della dottrina e l'unità gerarchica, risponde a un'esigenza di stabilità e di coerenza in un mondo in cui i punti di riferimento sembrano vacillare. Tuttavia, l'urgenza di una Chiesa sinodale, più decentrata, partecipativa e capace di ascoltare le voci provenienti dalle periferie del mondo, è altrettanto impellente. Papa Francesco ha instancabilmente promosso il concetto di una "Chiesa in uscita," una comunità che non si erge come una fortezza inaccessibile, ma come una casa paterna accogliente per tutti, indipendentemente dalle loro difficoltà, provenienze e storie personali (Evangelii Gaudium, 47). La vera sfida, quindi, non è scegliere tra centralismo e sinodalità, ma trovare un equilibrio dinamico tra questi due poli, un equilibrio che permetta alla Chiesa di essere al contempo fedele alla sua tradizione e aperta alle nuove sfide del mondo contemporaneo. La scelta del nuovo Pontefice, quindi, assume una rilevanza non solo interna alla Chiesa, ma anche geopolitica, influenzando le relazioni tra la Santa Sede e le nazioni del mondo, e la sua capacità di dialogare con le diverse culture e religioni.

Il mondo contemporaneo, afflitto da conflitti armati, crisi ambientali sempre più pressanti, disuguaglianze economiche scandalose e una crescente perdita di significato e di valori condivisi, guarda alla Chiesa come a una delle ultime bussole morali rimaste, un faro di speranza in un mare di incertezza. La saggezza di Paul Ricoeur ci ricorda che "la speranza è la virtù dei tempi difficili." In questo contesto, la Chiesa è chiamata a essere una fonte di speranza non solo per i credenti, ma per l'intera umanità, offrendo una visione di futuro basata sulla giustizia, la pace e la fraternità. Il prossimo Papa dovrà incarnare l'immagine del "pastore con l'odore delle pecore," vicino alle sofferenze e alle aspirazioni degli uomini e delle donne del nostro tempo, un leader umile e compassionevole, capace di ascoltare e di comprendere le sfide che l'umanità deve affrontare. La sua leadership dovrà essere caratterizzata da empatia, compassione, umiltà e una profonda comprensione delle sfide che l'umanità deve affrontare, offrendo risposte concrete alla sete di significato e di speranza che pervade il mondo contemporaneo.

La diplomazia vaticana, unica nel suo genere per la sua natura spirituale e la sua lunga storia, si trova al centro di snodi cruciali a livello globale, agendo come ponte tra culture e nazioni. Dalla mediazione nei conflitti tra Russia e Ucraina e nella complessa crisi mediorientale, al dialogo delicato con la Cina e le grandi potenze occidentali, il Vaticano, forte della sua auctoritas morale e della sua indipendenza politica, continua a essere un interlocutore privilegiato nei processi di pace, nella difesa dei diritti umani fondamentali, nella promozione della giustizia sociale e nella tutela del creato, la nostra casa comune. Come affermava Paolo VI, "la politica è una forma esigente di carità" (Populorum Progressio, 75). La Chiesa, in questa prospettiva, si pone come "coscienza critica" della comunità internazionale, offrendo una prospettiva etica sui problemi globali e promuovendo soluzioni basate sui valori evangelici, con un'attenzione particolare ai più vulnerabili e ai dimenticati. La diplomazia vaticana, quindi, non è solo una questione di relazioni internazionali, ma un impegno concreto per la promozione del bene comune e la costruzione di un mondo più giusto e pacifico.

Il conclave del 2025 si presenta come un laboratorio di ecclesiologia vivente, un'opportunità per ripensare il modo in cui la Chiesa si comprende e si relaziona con il mondo. La Chiesa è chiamata a scegliere tra la tentazione di chiudersi nella fortezza dell'identità, erigendo muri di fronte alle sfide del mondo contemporaneo, e il rischio di disperdersi nella frammentazione, perdendo la propria identità e il proprio senso di unità. Come suggeriva il teologo Karl Rahner, "il cristiano del futuro sarà un mistico, o non sarà affatto." La sfida è quella di unire profondità spirituale e apertura al mondo, unità e diversità, tradizione e profezia, trovando un equilibrio che permetta alla Chiesa di essere al contempo fedele alle sue radici e capace di dialogare con le diverse culture e religioni del mondo. Una ecclesiologia della pluralità e dell'inclusione riconosce la ricchezza delle diverse culture e tradizioni all'interno della Chiesa, promuovendo un dialogo interculturale che arricchisce la fede e rafforza l'unità. La Chiesa, quindi, non è un'entità monolitica, ma una comunità multiforme, in cui la diversità è vista come una ricchezza e un'opportunità di crescita.

Al centro di questa riflessione sul futuro della Chiesa, è essenziale ritornare alla fonte inesauribile di ispirazione: Gesù Cristo. È il suo Vangelo, il suo esempio di amore incondizionato, servizio umile e sacrificio redentore, che deve guidare ogni decisione e ogni azione della Chiesa. Lo sguardo fisso su Gesù implica un continuo rinnovamento spirituale, un ritorno alle radici della fede e un impegno costante a vivere i valori evangelici nel mondo di oggi. Questo significa anche affrontare le sfide del presente con coraggio e creatività, cercando nuove vie per annunciare il Vangelo e testimoniare la speranza cristiana, specialmente tra i giovani e coloro che si sentono emarginati o esclusi. La Chiesa, quindi, non è un'istituzione autoreferenziale, ma una comunità di discepoli che seguono le orme di Gesù, impegnati a portare il suo amore e la sua misericordia a tutti gli uomini e le donne del mondo.

In un'epoca di "policentrismo liquido," caratterizzata dalla frammentazione, dalla globalizzazione e dalla crescente interconnessione tra culture e nazioni, la Chiesa resta una delle poche istituzioni capaci di parlare a tutti i popoli, di ispirare le coscienze, di mediare tra i potenti e di offrire una visione di futuro fondata sulla dignità inviolabile della persona umana e sulla fraternità universale, superando le divisioni e costruendo ponti di dialogo e comprensione. Il conclave non è solo un evento ecclesiale: è un segno dei tempi, un appello a riscoprire, come diceva Sant'Agostino, che "il mondo è un libro, e chi non viaggia legge solo una pagina." Il viaggio della Chiesa continua, tra le tempeste della storia e la luce della fede, con lo sguardo fisso su Gesù e il cuore aperto all'umanità. La sua missione è quella di essere una guida spirituale per la polis globale, promuovendo la giustizia, la pace e la riconciliazione in un mondo diviso e tormentato, testimoniando la speranza e diventando artigiani di pace, costruendo un futuro migliore per tutti. La Chiesa, quindi, non è solo un'istituzione, ma una comunità di persone che si impegnano a vivere il Vangelo nel mondo, portando la luce di Cristo a tutti coloro che sono nelle tenebre e offrendo un segno di speranza a un'umanità che ha bisogno di credere in un futuro migliore." conclude  il Direttore editoriale di Mezzogiorno Italia, Gianni Lattanzio. (06/05/2025-ITL/ITNET)

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