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LAVORO - MEZZOGIORNO - BIANCHI (DIRETT.SVIMEZ): IL SISTEMA PRODUTTIVO MERIDIONALE CREA POSTI DI LAVORO CHE NON CORRISPONDONO ALLA QUALITA' DEI NOSTRI GIOVANI CON LIVELLI RETRIBUTIVI ESTREMAMENTE BASSI !"

(2023-09-13)

  "Ecco perchè il Sud è sempre meno una terra per laureati"  titola oggi Il Corriere del Mezzogiorno  un articolo del giornalista Claudio Mazzone  che portiamo all'attenzione dei lettori in una giornata in cui "il lavoro" in Italia e' questione centrale del dibattito economico e sociale, dal Rapporto INPS presentato alla Camera dei Deputati alla riflessione del Lavoro da parte del mondo produttivo, pubblico e privato del Convegno di Unioncamere, che alla luce dei dati sullo statu quo - ne analizza problemi e motivazioni a livello nazionale utili. 

Ma lasciamo la parola  all'articolo de "Il corriere del Mezzogiorno"

"Bianchi: «Ecco perché il Sud è (sempre meno) una terra per laureati». Intervista al Corriere del Mezzogiorno.

Per il direttore della Svimez «nuove gabbie salariali e scarse opportunità di crescita sono le cause della fuga.

«Basta con il modello pizza e clichè, puntiamo sull’innovazione». Per Luca Bianchi, direttore di Svimez, i giovani laureati emigrano dal Sud perché non ci sono offerte di lavoro che possano incontrare le loro aspettative sia economiche che professionali. Un fenomeno che sta svuotando il Sud e che Bianchi inquadra come «la vera emergenza della questione meridionale contemporanea».

Direttore, il Mezzogiorno non è una terra per laureati?

«Purtroppo no e infatti l’emigrazione non cala neanche con la crescita dell’occupazione. Napoli è un caso pragmatico»

Perché?

«È la città delle contraddizioni: ha gli elementi di maggiore innovazione del Sud e mantiene ancora elementi di arretratezza»

In che senso?

«Napoli attrae studenti ma non riesce a trattenerli dopo la laurea. A mancare è un’offerta occupazionale capace di soddisfare le aspettative.»

La laurea è una spinta ad emigrare?

«Inevitabilmente si. Perché i laureati vanno dove guadagnano di più e dove possono realizzarsi professionalmente e dunque non restano al Sud.»

Esiste un gap retributivo tra le offerte di lavoro per laureati al Nord e al Sud?

«Certamente e si acuisce per gli stipendi dei laureati. Questo spiega perché l’emigrazione è oggi estremamente più selettiva. Purtroppo le gabbie salariali esistono già nella realtà, i differenziali di retribuzioni, soprattutto per le qualifiche più alte, tra Nord e Sud sono ampi e superano le differenze del costo della vita. Non c’è affatto una maggiore capacità di potere d’acquisto delle retribuzioni meridionali, anzi.»

E quanto pesa sullo sviluppo del Mezzogiorno?

«Aggrava l’effetto di svuotamento di potenzialità del Sud. D’altronde l’incapacità di trattenere i talenti è la vera emergenza della questione meridionale contemporanea. Ogni giovane laureato che se ne va rappresenta risorse pubbliche e private investite dal Mezzogiorno che vengono però messe a valore nel Nord.»

Una sorta di rimessa la contrario?

«Un trasferimento economico implicito. Dunque non c’è affatto un Mezzogiorno assistito o mantenuto dal Nord, come dicono alcuni nordisti, ma uno scambio inverso di risorse: il capitale umano che va dal Sud al settentrione.»

Come invertire il trend?

«Cambiando l’offerta occupazionale nel Sud. Oggi il sistema produttivo meridionale crea posti di lavoro che non corrispondono alla qualità dei nostri giovani con livelli retributivi estremamente bassi. C’è dunque bisogno di un processo di innovazione produttivo.»

Un nuovo modello di sviluppo per il Meridione?

«Ma che non sia legato solo al turismo.»

Perché?

«Perché non realizzerebbe le aspettative dei giovani meridionali. Non possiamo proporre ai laureati un futuro da portieri di b&b o da bagnini, con contratti stagionali. Dobbiamo ribaltare il sistema.»

Come?

«Provando a fare del capitale umano qualificato del Sud il fattore di attrazione di investimenti in settori innovativi, accompagnando le imprese con interventi volti ad aumentare la loro dimensione e a favorire gli investimenti in tecnologia. Sono queste le politiche che creano spazi per nuove assunzioni di laureati. Ad esempio, a Napoli bisognerebbe abbandonare il modello “pizza e cliché” e fare della città la metropoli dell’innovazione legata alla transizione ecologica. In questo il Pnrr può essere un’opportunità.»

Perché ancora non lo è stato?

«Perché ha dietro un sistema di politica industriale estremamente debole, che non ha identificato le specializzazioni su cui investire.» conclude il Direttore Generale della SVIMEZ.  (13/09/2023-ITL/ITNET)

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