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ECONOMIA ITALIANA - MEZZOGIORNO - TAGLIACARNE/UNIONCAMERE : VALORE AGGIUNTO ="NEL 2024 IL SUD PIU' DINAMICO DEL NORD (AGRICOLTURA IN PRIMO PIANO) MA VALORE PROCAPITE AL SUD 50% NORD OVEST.

(2025-10-27)

  Il valore aggiunto del Sud lo scorso anno ha corso ad una velocità una volta e mezza superiore a quella del Nord, +2,89% contro l’1,77% del Settentrione e il 2,14 % della media italiana rispetto al 2023. È quanto emerge dall’analisi realizzata dal Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere sul valore aggiunto provinciale a valori correnti del 2024 che tiene conto dell’ultima revisione di contabilità nazionale effettuata dall’Istat e diffusa nello scorso mese di settembre.

In particolare, nel complesso del Paese aumenti a due cifre si registrano nell’agricoltura (+10,25%), che comunque genera appena il 2,23% della ricchezza prodotta, mentre sul fronte opposto cali più consistenti si rilevano nella manifattura (-4,10%) che realizza il 19,04% del valore aggiunto. A livello regionale a muoversi con un passo più spedito sono, in particolare, la Sardegna (+3,74%), la Puglia (+3,13%) e la Calabria (+3,12%). Ma, su base provinciale, è Viterbo a prendere maggiormente la rincorsa (+4,85%), seguita da Imperia (+4,29%) e Foggia (+4,22%).

Tuttavia, se guardiamo alla ricchezza prodotta pro-capite è il Nord con 40.158 euro a smarcarsi nettamente dal resto d’Italia e, in particolare, dal Meridione (22.353 euro). A trainare è, soprattutto, Milano che con un valore aggiunto di 65.721 euro a testa conferma la sua leadership sfiorando il raddoppio della media nazionale di 33.348 euro. Un traguardo quest’ultimo raggiunto attualmente in Europa solo da 19 “province” dell’Unione europea (delle quali ben 11 tedesche) sulle 1.165 nelle quali è suddiviso il territorio dell’Ue.

“I dati del valore aggiunto dipingono un quadro in chiaroscuro. Il Sud conferma segni positivi di dinamicità ribaltando lo stereotipo di un’area strutturalmente in ritardo rispetto al resto del Paese. Ma il gap con il Nord resta ampio e la ricchezza prodotta per abitante nel Mezzogiorno rimane decisamente inferiore. Lo ha detto il presidente di Unioncamere, Andrea Prete, che ha aggiunto “preoccupa, inoltre, la flessione della manifattura, segno di una difficoltà che i dazi e le tensioni sull’export potrebbero accentuare con un impatto rilevante sul Pil. Anche per questo è quanto mai urgente una vera politica industriale capace di valorizzare le specificità territoriali e di rimuovere gli ostacoli alla competitività, a partire dal costo dell’energia ancora notevolmente più alto rispetto ai concorrenti europei”.

Il 2024 SEGNA IL BOOM DELL’AGRICOLTURA CHE registra un aumento della ricchezza prodotta del 10,25% (anche per effetto delle spinte inflattive che hanno colpito questo comparto più di altri) e tocca quota 40 miliardi di euro, il valore più alto da quando sono disponibili le serie storiche.
Aumenti record si registrano in Abruzzo (+31,17%) che conquista con L’Aquila, Pescara, Chieti e Teramo le prime quattro posizioni della relativa classifica provinciale. Mentre in controtendenza appare la Sicilia, unica regione italiana a registrare un segno meno ( -5,54%), collocando tutte le sue province in fondo alla graduatoria chiusa da Palermo (-6,89%).


…MENTRE ARRETRA L’INDUSTRIA
Segnali di sofferenza, invece, emergono dalla manifattura. Nel 2024, l’intero comparto industriale -estrattivo, manifatturiero e utilities- registra una flessione del 4,1% rispetto al 2023, interrompendo un percorso virtuoso di continua crescita iniziato dal 2015 (al netto della battuta di arresto del 2020 dovuto allo scoppio della pandemia).
A fare eccezione sono solo otto province che chiudono lo scorso anno con un segno più, guidate da Reggio di Calabria (+3,08%), Viterbo (+1,64%) e Rieti (+1,60%).

Un dato che desta preoccupazione, visto che proprio l’industria in senso stretto è stata negli anni un importante motore di sviluppo. Tra il 2000 e il 2024, infatti, nelle 16 province in cui è aumentata l’incidenza di questo comparto sull’economia locale si registra anche un incremento medio anno maggiore del valore aggiunto (+2,5%), con punte a Bolzano del +3,3%. Mentre nelle 91 province che, nello stesso arco temporale, hanno visto diminuire il peso dello stesso comparto l’aumento appare più contenuto (+2,2% annuo).

Frena la corsa del Nord, Emilia-Romagna ultima
Tra il 2023 e il 2024, il valore aggiunto del Nord si muove a passo rallentato. A fare più fatica sono l’Emilia-Romagna +0,95%, Veneto +1,20% e Friuli-Venezia Giulia +1,35%. Le difficoltà di allungare il passo del Settentrione si riscontrano anche a livello provinciale. Ad eccezione di Imperia, seconda in classifica per crescita con un incremento del 4,29%, bisogna scorrere sino alla 15esima posizione, occupata da Verbano-Cusio-Ossola (+3,24%), per trovare un’altra realtà del Nord. Mentre sono tutte settentrionali le ultime cinque province che chiudono la graduatoria confermando sostanzialmente il valore prodotto nel 2023 si tratta di Modena (-0,03%), Vicenza (+0,40%), Reggio nell'Emilia (+0,50%), Bergamo (+0,60%) e Parma (+0,61%). Tutte realtà, queste ultime, caratterizzate da una forte presenza del settore industriale e che pagano quindi, più di altre, le recenti difficoltà del settore. (...)
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Il valore aggiunto è l’aggregato che consente di apprezzare la crescita del sistema economico in termini di nuovi beni e servizi messi a disposizione della comunità per “impieghi finali”. Si ottiene come differenza tra il valore della produzione di beni e servizi delle singole branche produttive e il valore dei beni e servizi intermedi dalle stesse utilizzati (materie prime e ausiliarie impiegate e servizi forniti da altre unità produttive). Tale aggregato viene qui diffuso a prezzi correnti. Il valore aggiunto pro-capite o ricchezza pro-capite è il rapporto fra il valore aggiunto realizzato in un anno e la popolazione residente media dello stesso anno ove per popolazione media è pari alla semisomma della popolazione residente al 1°gennaio e al 31 dicembre desunta dal bilancio demografico della popolazione dell’Istat.
A livello comunitario le province italiane sono inserite al terzo livello della classificazione Nuts (Nomenclature of territorial units for statistics). Attualmente, a questo livello della classificazione il territorio dell’Unione Europea è suddiviso in 1.165 aree NUTS3. (27/10/2025-ITL/ITNET)

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