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PAPA FRANCESCO I MIGRANTI E RIFUGIATI - PRES. CEI /MIGRAZIONI MONS. GIANCARLO PEREGO: QUASI IL LEIT MOTIV DI UN MAGISTERO

(2025-04-24)

  "È indubbio che il volto e la parola di Papa Francesco sono stati legati, talvolta strumentalmente, ai migranti. Difficile in poche righe riassumere il ricco Magistero sui migranti che ha attraversato e segnato profondamente il Suo Pontificato e che è in gran parte raccolto in Luci sulle strade della speranza (2019), volume di insegnamenti del Santo Padre in materia di pastorale dei migranti, dei rifugiati e delle vittime della tratta, curato dal Dicastero per lo sviluppo umano e Integrale. Segnalerò, pertanto, i passaggi più significativi." A farlo è un ricordo ed una riflessione del Presidente della Conferenza Episcopale Italiana per le migrazioni Mons. Giancarlo Perego, Presidente della Fondazione Migrantes, pubblicata dall'Agenzia SIR.

"All’indomani della sua elezione, l’8 luglio 2013, Papa Francesco compie il suo primo viaggio apostolico a Lampedusa, isola alla frontiera dell’Italia e dell’Europa, portando l’attenzione su quel mare, il Mediterraneo che da strada e via di speranza è diventata per molti migranti in fuga, luogo di sofferenze, cimitero, e sulla responsabilità di tutti nei confronti dei fratelli e sorelle migranti, ripetendo le parole di Dio a Caino: “Dov’è tuo fratello?”.

Da quel giorno in questi dodici anni di Pontificato il Magistero del Papa sui migranti è stato sempre un puntuale richiamo alla loro situazione drammatica, all’impegno delle comunità cristiane, al dovere delle istituzioni di tutelare i diritti fondamentali di chi, soprattutto, era costretto a lasciare – per guerre, disastri ambientali, miseria, sfruttamento, persecuzione politica o religiosa – il proprio Paese. […]n questi dodici anni di Pontificato il Magistero del Papa sui migranti è stato sempre un puntuale richiamo alla loro situazione drammatica, all’impegno delle comunità cristiane, al dovere delle istituzioni di tutelare i diritti fondamentali di chi, soprattutto, era costretto a lasciare – per guerre, disastri ambientali, miseria, sfruttamento, persecuzione politica o religiosa – il proprio Paese.

Nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, del novembre 2013, programma del Pontificato, Papa Francesco ci spingeva a riflettere su come le strutture di accoglienza e i nostri atteggiamenti possano essere segno concreto dell’amore di Cristo verso tutti, specialmente verso chi ha lasciato la propria terra alla ricerca di dignità e pace: “Ogni straniero che bussa alla nostra porta è un’occasione per un incontro con Gesù Cristo” (n. 39). E il Papa lo ripeteva al Parlamento europeo, nel novembre del 2014: “Non si può tollerare che il Mar Mediterraneo diventi un grande cimitero […] L’Europa sarà in grado di affrontare i problemi legati all’immigrazione se saprà proporre con chiarezza la propria identità culturale”. Una “città affidabile” Papa Francesco la immaginava già nella prima enciclica Lumen fidei – scritta a due mani con Papa Benedetto XVI – che non può che essere una città accogliente, aperta.

Anche nella sua seconda enciclica, Laudato si’, del 2015, Francesco mostrava una paterna attenzione nei confronti dei migranti.
Egli, fornendoci una prospettiva di grandissima attualità, ci invitava a riflettere come la crisi ecologica e quella sociale fossero due facce della medesima medaglia.

In un contesto in cui è sempre più evidente la tendenza a restringere i margini della protezione internazionale e del diritto di asilo, la scelta del Pontefice di imporre il tema dei rifugiati ambientali nell’agenda del dibattito pubblico assumeva un significato particolarmente rilevante.

Così si esprimeva Francesco: “É tragico l’aumento dei migranti che fuggono la miseria aggravata dal degrado ambientale, i quali non sono riconosciuti come rifugiati nelle convenzioni internazionali e portano il peso della propria vita abbandonata senza alcuna tutela normativa» (n. 25). Il 2015, anno della Laudato si’, è anche l’anno della c.d. grande crisi dei rifugiati in Europa, con oltre un milione di persone sbarcate sulle coste europee nel corso dell’anno, con il corpo del piccolo Aylan trascinato esanime su una spiaggia turca che ha commosso il mondo e i 1000 morti e dispersi in acque libiche del canale di Sicilia, il 18 aprile 2015, e i 71 migranti morti nel camion frigo sulla rotta balcanica, tra Austria e Ungheria. Di fronte a questo nuovo esodo Papa Francesco,

il 16 aprile 2016, visitava il campo profughi di Moria, nell’isola greca di Lesbo, andando di persona per abbracciare, toccare, parlare con quella umanità ferita che scappava dalle guerre e che, arrivando in Europa, non realizzava la speranza di un futuro dignitoso ma, al contrario, si trova in un limbo infernale alle porte dell’Europa, soprattutto a seguito della stipula dell’Accordo Europa-Turchia del 18 marzo 2016.

Un viaggio ecumenico, cattolico-ortodosso, per condividere insieme come Chiese cristiane il dramma dei migranti e dei rifugiati. A seguito della sua prima visita a Lesbo, il Santo Padre aveva deciso l’istituzione della Sezione Migranti e Rifugiati, destinata a confluire, nel gennaio 2023, all’interno del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale. Questo Dicastero, istituito con la Lettera Apostolica del 17 agosto 2016 in forma di Motu Proprio, Humanam Progressionem, ha “il compito di promuovere la persona umana e la sua dignità donatale da Dio, i diritti umani, la salute, la giustizia e la pace”; si interessa “alle questioni relative all’economia e al lavoro, alla cura del creato e della terra come «casa comune», alle migrazioni e alle emergenze umanitarie”; approfondisce e diffonde la dottrina sociale della Chiesa sullo sviluppo umano integrale (Predicate Evangelium, n.163). Il Messaggio per la Gmmr 2018 è un testo ricco di proposte e di azioni concrete e che possiamo considerare centrale nel Magistero di Papa Francesco. Il Papa, infatti, indicava le linee guida magisteriali nei confronti dei migranti, ma dal forte significato politico, che ruotano intorno a

quattro verbi azione: “accogliere, proteggere, promuovere e integrare”.
Sempre nel 2018 il viaggio nelle repubbliche Baltiche, l’ospitalità delle differenze e l’apertura cordiale sono stati due dei temi chiave del viaggio di Francesco, i quali non sono affetti da quelle pesanti derive populiste che tendono a «eliminare, cancellare o espellere» le altre culture, ma soprattutto per richiamare l’Unione europea.

Riassume bene questo un passaggio di un’omelia a Vilnius, il 22 settembre, dove affermava: “Come sarebbe bello se a questa facilità di muoversi da un posto all’altro si aggiungesse anche la facilità di stabilire punti d’incontro e solidarietà fra tutti, di far circolare i doni che gratuitamente abbiamo ricevuto, di uscire da noi stessi e donar ci agli altri, accogliendo a nostra volta la presenza e la diversità degli altri come un dono e una ricchezza nella nostra vita”

. Nel dicembre 2021, il Santo Padre decideva di visitare nuovamente l’isola greca di Lesbo, recandosi presso il campo profughi di Kara Tepe, che ha, in qualche modo sostituito, quello di Moira, che era stato incendiato. Francesco, nella consapevolezza di quanto poco sia cambiato a cinque anni dalla sua prima visita, rinnovava, senza mezzi termini, il proprio appello alla comunità internazionale a non voltare le spalle sul dramma dei migranti e porre fine a quello che definiva il “naufragio di civiltà”.

E aggiungeva: in Europa “è triste sentir proporre, come soluzioni, l’impiego di fondi comuni per costruire muri, per costruire fili spinati”. Nel settembre 2023, a dieci anni dalla visita apostolica a Lampedusa, il Pontefice sceglieva di visitare la città di Marsiglia in occasione della conclusione dell’edizione 2023 dei Rencontres Méditerranéennes, sul tema “Mediterraneo mosaico di speranze”. Da Marsiglia, Padre Francesco ricordava che non possiamo continuare a leggere il fenomeno migratorio secondo quella logica emergenziale che trasforma un fenomeno strutturale in “problema” e condannava apertamente quelle narrazioni che fondano la retorica dell’invasione e alimentano “le paure della gente”, ribadendo con forza: “Chi rischia la vita in mare non invade, cerca accoglienza». Allo stesso modo, non esitava a qualificare come “gesti di odio contro i fratelli […] travestiti da equilibrio” quelle normative nazionali finalizzate a limitare le attività di soccorso delle Ong operanti nel Mar Mediterraneo. Le migrazioni come ‘benedizione’ e ‘segno dei tempi’ ritornano rispettivamente nell’enciclica Fratelli tutti (2020), dove, nel capitolo quarto dell’enciclica, Papa Francesco approfondiva la stratta correlazione tra la verità della fratellanza universale e il fenomeno migratorio, e nella Bolla d’indizione del Giubileo 2025, dove i migranti, gli esuli, i profughi e rifugiati chiedono che “la comunità cristiana sia sempre pronta a difendere i diritti dei deboli” e a spalancare “con generosità le porte dell’accoglienza, perché a nessuno venga mai a mancare la speranza di una vita migliore” (n.11). Un messaggio ripreso anche nella lettera di solidarietà ai vescovi degli Stati Uniti (10.2.2025), in cui il Papa condivide la condanna delle “deportazioni di massa” dei migranti latinoamericani da parte del nuovo Governo degli Stati Uniti, perché è un atto che “lede la dignità di molti uomini e donne, e di intere famiglie” e invita a “non cedere a narrative che discriminano e causano inutili sofferenze ai nostri fratelli e sorelle migranti e rifugiati”.

L’ultima parola per i migranti, per i quali purtroppo “quanto disprezzo si nutre ancora a volte”, Papa Francesco l’ha scritta nel messaggio pasquale ‘Urbi et Orbi’, il 20 aprile 2025, nel giorno di Pasqua, il giorno prima della sua morte, invitando tutti “a non cedere alla paura che chiude”.

Carità e giustizia camminano sempre insieme nei gesti e nel Magistero di Papa Francesco sui migranti: un’eredità che difficilmente si disperderà, perché ha coniugato la Parola del Signore e la storia nella grande parabola del giudizio finale: “Ero forestiero e mi avete accolto” (Mt 25,35)." conclude il Presidente della Fondazione Migrantes .(24/04/2025-ITL/ITNET)



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