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ECONOMIA ITALIANA - REPORT SVIMEZ 2024: LE PROPOSTE "NUOVA POLITICA FONDI DI COESIONE IN COMPLEMENTARIETA' CON AZIONI PNRR, FINANZIANDO SERVIZI UTILITA' SOCIALE. UN SECCO NO AUTO-NOMIA DIFFERENZIATA.
(2024-11-27)
Per dare continuità a investimenti e servizi è importante che i fondi europei e nazionali per la coesione 2021-2027 operino in complementarità con le azioni del Pnrr. Questo significa introdurre nel dibattito di politica economica la possibilità di utilizzare i fondi per la coesione anche per finanziare servizi di rilevante utilità sociale.
Il Rapporto Svimez evidenzia i limiti, oramai strutturali, dell’attuale modello, la cui programmazione si fonda su obiettivi tematici generici e non adattabili alle diverse priorità e fabbisogni dei territori, secondo un criterio imperniato sulla rendicontazione della spesa e non legato al raggiungimento di precisi obiettivi di crescita o di riduzione dei divari.
Al contrario, l’applicazione di un metodo Pnrr adattato alle politiche di coesione, che subordini l’erogazione delle risorse al raggiungimento di precisi obiettivi, piuttosto che alla semplice rendicontazione delle spese, potrebbe rappresentare una proposta di riforma concretamente percorribile e in grado di condurre a un sostanziale miglioramento dell’efficacia di queste politiche.
L’Accordo di partenariato dovrebbe contenere precisi target quantitativi, fissati a livello quantomeno regionale, accompagnati da milestone che presentino una connotazione anche territoriale, soprattutto in tema di riforme della regolazione dei servizi pubblici locali, di prestazione dei servizi essenziali (in primis istruzione e salute), e di rispetto delle direttive europee.
MEZZOGIORNO- ABROGAZIONE DECONTRIBUZIONE AZIENDE PER IL 2025 : IMPATTO SIGNIFICATIVO SU CRESCITA AZIENDE E OCCUPAZIONE LAVORATORI. - 2 DECIMI DI PUNTO CRESCITA PIL A SUD
Con riferimento agli interventi per il Mezzogiorno, va segnalata l’abrogazione dal 2025 della misura di parziale decontribuzione a favore delle imprese private che operano nel Mezzogiorno (Decontribuzione Sud), introdotta dalla Legge di Bilancio 2021, che ha svolto un ruolo importante in questi anni, prima nel favorire la tenuta dell’occupazione nella crisi e poi per sostenerne la dinamica nella ripresa.
L’eliminazione della Decontribuzione Sud dal 31 dicembre 2024 comporta impatti significativi su crescita e occupazione. Nel 2023, ha riguardato mediamente più di 2 milioni di lavoratori per una spesa di oltre 3,6 miliardi e lo stanziamento cancellato per effetto dell’abolizione dell’agevolazione è pari a 5,9 miliardi per il solo 2025. Secondo stime Svimez, l’abrogazione comporterà una riduzione di due decimi di punto della crescita del Pil del Mezzogiorno e di tre decimi dell’occupazione, con circa 25 mila posti di lavoro a rischio.
La Legge di Bilancio 2025 prevede, a compensazione, il finanziamento di un nuovo Fondo per interventi al Sud, con una dotazione di 2,4 miliardi nel 2025 e ulteriori 4,4 nel successivo biennio. Si tratta tuttavia di uno stanziamento che, oltre ad avere una dotazione pari a circa la metà di quanto tagliato, non ha ancora una chiara destinazione né uno strumento attuativo, con il conseguente rischio di essere ridotto in corso d’anno per far fronte ad esigenze congiunturali.
PER CRESCITA SUD DECISIVA L’ATTUAZIONE DEL PNRR: BENE I COMUNI DEL SUD
Le analisi Svimez confermano il ruolo determinante di stimolo del Pnrr alla crescita dell’area, ma Eviden-ziano anche la necessità di accompagnare il ciclo di investimenti in infrastrutture economiche e sociali con un rilancio delle politiche industriali volte al rafforzamento del tessuto produttivo locale.
La maggior parte dei progetti risultano in corso (105 su 140 miliardi di euro), e le diverse aree del Paese sembrano sostanzialmente allineate nel percorso attuativo.
Bene i comuni, che gestiscono progetti Pnrr per circa 30 miliardi. Un terzo delle risorse risulta ancora da avviare, ma la maggior parte dei progetti ha avvio previsto nell’autunno/inverno 2024, vale a dire che la partita si sta giocando proprio in questi mesi.
Al Sud spetta uno sforzo attuativo sicuramente maggiore; i comuni rispondono bene specialmente sulla realizzazione di investimenti connessi alle infrastrutture sociali con un importo avviato pro capite maggiore rispetto al dato del Centro-Nord. A rilento invece le infrastrutture più complesse, come quelle di trasporto, che vedono una percentuale di cantieri aperti inferiore al 20% e leggermente più elevata, per i progetti superiori ai 5 milioni di euro, al Sud (27% contro una media nazionale del 26%).
AUTONOMIA DIFFERENZIATA DA FERMARE: SOSPENDERE TRATTATIVE TRA GOVERNO E REGIONI
La Svimez in questi anni non ha mancato di far sentire la sua voce, con studi e audizioni parlamentari, sui rischi di frammentazione delle politiche pubbliche e di ampliamento dei divari di cittadinanza che sarebbe- ro derivati dall’attuazione dell’autonomia differenziata. I rilievi della Corte Costituzionale confermano molte delle critiche avanzate in questi anni e colpiscono di fatto i punti cruciali della Legge 86/2024: possibilità di devolvere intere materie; derubricazione dei Lep a meri adempimenti amministrativi; svilimento del ruolo del Parlamento.
La Svimez riconosce nelle osservazioni della Corte la contrarietà a una idea divisiva del Paese, incurante dei divari di cittadinanza e basata sulla conflittualità tra Stato e Regioni e tra cittadini dei diversi territori.
Il richiamo della Corte non può rimanere inascoltato, le trattative con le Regioni richiedenti maggiori autonomie andrebbero sospese. Il percorso verso una maggiore autonomia deve essere riportato all’interno di un’ordinata attuazione del federalismo simmetrico, basato sui princìpi, inderogabili, della sussidiarietà verticale e orizzontale e della solidarietà nazionale. Un percorso che deve necessariamente partire dal superamento delle iniquità della spesa storica, attraverso una compiuta assicurazione di livelli essenziali delle prestazioni basati su fabbisogni e costi standard, e dalla garanzia di un fondo di perequazione in grado di rimuovere i divari territoriali nella dotazione di infrastrutture economiche e sociali.
MENO DI UN BAMBINO SU TRE NEL MEZZOFREQUENTA UNA SCUOLA DOTATA DI MENSA, MENO DI UNO SU DUE UNA SCUOLA DOTATA DI PALESTRA
In Italia, il 54% degli alunni della scuola primaria frequenta un edificio scolastico che dispone di una mensa. Questo dato si ferma al 30% per il Mezzogiorno (240mila su circa 800mila bambini) e sale al 67% per il Centro-Nord (980mila sui circa 1,4 milioni). La percentuale di alunni che frequentano un edificio scolastico dotato di palestra è del 54% in Italia, ma nel Mezzogiorno si ferma a46% (370mila su 800mila circa) rispetto al 60% (850mila su 1,4 milioni) del Centro-Nord. Le carenze nell’offerta dei servizi incidono sull’accesso al tempo pieno nelle scuole primarie del Sud e condizionano significativamente i processi di apprendimento degli studenti meridionali lungo l’intero ciclo scolastico, spiegando buona parte dei divari Nord/Sud nei livelli delle competenze maturate.
La dispersione scolastica è più alta al Sud. Dei 583.644 alunni iscritti al I anno di scuola secondaria di I grado a settembre 2012, 96.177 (il 16,5%) hanno abbandonato il sistema scolastico senza conseguire un titolo di studio nei sette successivi anni. L’abbandono scolastico è particolarmente diffuso al Sud (17,4%) e nelle Isole (20,6%), mentre nel Centro-Nord si attesta al di sotto del dato nazionale (14,6% per il Centro e 15,6% per Nord-Est e Nord-Ovest).
L’istruzione è un bene pubblico essenziale, la cui qualità e diffusione capillare tra territori sono condizioni imprescindibili per uno sviluppo inclusivo. Dare priorità all’investimento in istruzione significa restituire alla scuola il suo ruolo di primo presidio di contrasto alle disuguaglianze, garantendo a tutti gli studenti, indipendentemente dal contesto familiare e sociale, pari condizioni di accesso a un diritto di cittadinanza fondamentale.
UN PAESE, DUE CURE: POCA PREVENZIONE AL SUD E ALTA MOBILITÀ SANITARIA
Nel biennio 2022-2023, 7 donne italiane su 10 di 50-69 anni hanno avuto accesso agli screening mammografici a cadenza biennale, 5 su 10 nell’ambito di un programma organizzato.
Questa media nazionale nasconde profondi differenziali territoriali. La prima regione per copertura è il Friuli-Venezia Giulia: 9 donne su 10, quasi 7 nell’ambito di un programma organizzato. L’ultima è la Calabria: solo 2 donne su 10, appena 1 su 10 nell’ambito di un programma organizzato.
Nel 2022, la mobilità passiva ha interessato 629mila pazienti, il 44% dei quali residente in una regione del Sud. Nello stesso anno, i Ssr meridionali hanno attirato 98mila pazienti, solo il 15% della mobilità attiva totale. Complessivamente, i malati oncologici residenti nel Mezzogiorno che ricevono cure presso un Ssr di una regione del Centro-Nord sono 12.401, circa il 20% dei pazienti oncologici meridionali da un minimo del 15% della Campania a un massimo del 41% della Calabria.
Al Sud non mancano le esperienze positive, come il modello innovativo della Rete Oncologica Campana, sulle quali bisognerebbe investire per rafforzare l’offerta di percorsi di cura territorialmente omogenei e ridurre le diseguaglianze di accesso alle cureEscludendo dai criteri di allocazione i fattori socioeconomici che impattano sui fabbisogni di cura e assistenza, il riparto regionale delle risorse per la sanità penalizza i cittadini delle regioni del Mezzogiorno.
La presa in conto di questi fattori (povertà, istruzione, deprivazione sociale) renderebbe la distribuzione del finanziamento nazionale tra Ssr più coerente con le finalità di equità orizzontale del Ssn. (27/11/2024-ITL/ITNET)
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