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ITALIANI.ITALIANI ALL'ESTERO - XIX° CONGRESSO - DA COLLETTIVA: LANDINI " E' IL MOMENTO DI FARE". SAPER ASCOLTARE E STARE N MEZZO ALLE PERSONE PER PROPORRE NUOVI E RIVOLUZIONARI MODELLI SOCIALI

(2023-03-15)

  "Il segretario generale apre l'assise della CGIL Maurizio Landini: saper ascoltare e stare in mezzo alle persone per "fare rumore" e proporre nuovi e rivoluzionari modelli sociali" è l'estrema sintesi del giornalista Stefano Iucci su Collettiva, il quotidiano on line della CGIL, nello speciale XIX Congresso, dal titolo "Il lavoro crea futuro" che si svolge  in un Palacongressi a Rimini che a definire 'affollato'  risulta decisamente riduttivo.  (VIDEO: https://www.collettiva.it/speciali/xix-congresso-cgil/2023/03/15/video/landini-sindacato-congresso-cgil-2842022/

“Propongo di osservare un minuto di silenzio e di indossare in segno di lutto, di fraternità e di lotta per tutti i giorni del nostro congresso la fascetta bianca. Quelle morti, quel naufragio a un passo dalla nostra costa, tanti bambini, e come sempre giovani donne e giovani uomini, non sono stati un incidente imprevedibile, ma l’ultima di una lunghissima serie di tragedie che si dovevano e potevano evitare”. Parte da dove si doveva partire, dallo Steccato di Cutro, la relazione del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, al XIX congresso della Confederazione che si svolge al Palacongressi di Rimini." stigmatizza Iucci su Collettiva.

E "Si inizia subito con gli applausi e poi il silenzio di una platea ancora scossa, come la parte migliore del Paese, da una tragedia di cui tutto si può dire tranne che fosse, appunto, “imprevedibile”. Perché nel mondo le migrazioni sono sempre esistite e “tutti hanno diritto di cercare un presente e un futuro migliore”, visto anche che “l’Occidente ha enormi responsabilità sulle condizioni di quei popoli”. E quello che c’è da fare è chiaro, osserva Landini rivolgendosi direttamente al ministro Piantedosi, “vanno attivati i visti umanitari previsti dal regolamento europeo, ampliati i canali regolari di ingresso, vanno promossi accordi bilaterali condizionati dal rispetto dei diritti umani e non dal controllo dei flussi migratori”. Irrinunciabile, poi, abolire la Bossi-Fini e abrogare i decreti sicurezza Salvini “che hanno trasformato i salvataggi in operazioni di polizia bloccando i migranti in mare e criminalizzando le Ong”.

La conseguenza è che “non è accettabile il recente decreto approvato dal Governo a Crotone la scorsa settimana” e “occorre che l’Italia e tutta l’Europa assumano il carattere strutturale delle migrazioni” e lavorino alla piena integrazione.

Ascoltare le persone
Gli esseri umani e le persone vanno ascoltati: tutti. È questo uno dei fili che uniscono la corposa relazione di Landini. E significa “mettere al centro la persona, il valore del lavoro e la libertà delle persone nel lavoro, perché vogliamo superare lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, vogliamo superare l’uso irresponsabile e l’abuso dei beni comuni: acqua, terra, aria”.  Al centro ovviamente c’è il lavoro perché, ha rimarcato il leader della Cgil, “l’emancipazione e la libertà nel lavoro delle persone che per vivere devono lavorare sono la via maestra per contrastare e superare la sbornia di una globalizzazione che ha messo in discussione qualsiasi vincolo sociale al mercato”.

E il cambiamento deve partire dai e con i giovani. Ed per questo che il segretario della Cgil ha voluto ringraziare la dirigente scolastica Annalisa Savino che “con la bellissima lettera scritta ai suoi studenti, di fronte all’atto squadristico e fascista avvenuto davanti al Liceo Michelangelo, ha invitato tutti noi a non essere indifferenti”. E senza quella lettera “non ci sarebbe mai stata quella grande e bellissima partecipazione alla manifestazione che si è svolta a Firenze lo scorso 4 marzo a sostegno della nostra Costituzione antifascista e della scuola pubblica”.

Donna, vita, libertà
Quest’anno quando si parla di donne non si può che partire da quello che sta accadendo in Iran, perché “la loro lotta è la nostra lotta. Allora serve coerenza tra le parole e la pratica”, ha scandito Landini. Sottolineando come “l’emergenza sanitaria ha ulteriormente aggravato la condizione delle donne: aumenta il divario occupazionale e salariale, la metà delle assunzioni che riguarda le donne negli ultimi due anni sono a tempo parziale maggiormente involontario; una donna su cinque, dopo il primo figlio, rinuncia alla propria occupazione”.

Ma non è più tempo di parole, bisogna agire. Landini propone dunque al congresso di assumere "esplicitamente" i contenuti della piattaforma di genere Belle Ciao e che si rinnovi “l’impegno di tutta la Cgil affinché, nella nostra azione di contrattazione collettiva, si rivendichi e si pratichi, ad ogni livello, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro delle donne”. Insieme, “c’è bisogno di contrastare l’arretramento culturale che porta a considerare le donne esclusivamente come madri e come uniche responsabili del lavoro di cura, che si manifesta anche con la messa in discussione della legge 194, della libera scelta e dell’autodeterminazione delle donne”.  Anche in questo caso una proposta al congresso: farsi promotori “di una campagna di sensibilizzazione nei luoghi di lavoro e nel Paese che coinvolga anche le istituzioni e i centri antiviolenza”.

Perché il sindacato
Citando Di Vittorio, Landini ha ricordato ai delegati e alle delegate che il sindacato “è nato proprio per non lasciare sole le persone, per farle diventare protagoniste di una lotta per la loro emancipazione e liberazione da una condizione di sfruttamento e di emarginazione”. Contesti e situazioni che cambiano con i mutamenti del mercato del lavoro, la pervasività delle nuove tecnologie, la compressione di alcuni diritti fondamentali, come ad esempio l’attacco al diritto di sciopero nel Regno Unito.

Perciò, “con questo congresso avanziamo una proposta di modello sindacale e di relazioni industriali fondato sulla democrazia, la rappresentanza e la contrattazione. Il sindacato confederale deve dunque “aprirsi e allargare la rappresentanza a tutte le forme di lavoro”. Non solo: “C’è bisogno di allargare i campi di applicazione dei Ccnl, riducendone il numero agendo sulle sovrapposizioni dei perimetri contrattuali, affermando il principio stesso lavoro, stessi diritti, stesso salario”.

E ancora: “Contrastare la logica delle esternalizzazioni e del massimo ribasso e superare una precarietà non più sopportabile. Sicurezza e salute sul lavoro, obbligo della clausola sociale nei cambi di appalto, parità di trattamento economico e normativo tra lavoratori in appalto e subappalto, principio della congruità, contenuti nel codice contratti pubblici vanno estesi a tutti i settori privati”, sono nodi non più rinviabili.

Serve un nuovo sistema di contrattazione collettiva che deve agire in quattro direzioni. Innanzitutto un nuovo Statuto dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori “in cui i diritti siano in capo alla persona che lavora e valga quindi in modo eguale per tutte le forme di lavoro superando il Jobs Act”. Occorre poi “garantire il diritto delle lavoratrici e dei lavoratori a eleggere le Rsu in tutti i luoghi di lavoro e a validare tramite il voto, le piattaforme e gli accordi che li riguardano”.

Fondamentale anche “dare validità erga omnes sia agli aspetti economici che normativi dei Ccnl, certificando la rappresentanza delle parti che lo stipulano” e  “definire quali sono i contratti nazionali firmati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative”, necessario anche “come riferimento per il salario minimo, normativa che chiediamo venga recepita anche nel nostro Paese”.

Antifascismo valore fondamentale
Ricordando l’assalto squadristico alla sede nazionale della Cgil dell’ottobre 2021, il segretario ha sottolineato poi che “l’antifascismo continua ad essere un valore fondante del nostro Paese e della nostra organizzazione: il mondo del lavoro, infatti, è alla base della vita democratica e della giustizia sociale dei Paesi e determina l’emancipazione e la libertà di tutte le persone. Principi che il fascismo ha sempre messo in discussione”. E l’allarme per queste derive non deve allentarsi. Proprio per questo, ha detto, “abbiamo lanciato la proposta del ‘Manifesto della rete internazionale dei sindacati antifascisti’”, e quello che “chiediamo al Governo e al Parlamento è chiaro e netto: sciogliere i partiti neofascisti, come previsto dalla nostra Costituzione”.

Sindacato e politica
Non si può non considerare seriamente la “profonda crisi di rappresentanza e di partecipazione democratica che ha aumentato la sfiducia dei cittadini verso le forze politiche e anche verso i sindacati”. Tra i motivi, “il venire meno di un carattere alternativo dei programmi tra i diversi schieramenti. Sono cambiati i governi ma i precari rimangono precari e aumentano, il sistema pensionistico non è cambiato, il fisco grava sempre più sui lavoratori dipendenti e sui pensionati e favorisce la rendita finanziaria e l’evasione fiscale, la sanità pubblica sta per implodere, sono aumentate le diseguaglianze e la solitudine delle persone”.

A proposito di politica, Landini ha anche ricordato l’elezione di Elly Schlein, 37 anni, a nuova segretaria del Pd e a lei “rivolgiamo gli auguri di buon lavoro, non sottovalutando il valore di un processo fondato sulla partecipazione e la novità che questa elezione segnala non solo per il suo partito”.

La politica, in ogni caso, deve tornare a “rappresentare la cultura del lavoro e gli interessi materiali delle persone che lavorano” e il compito del sindacato “è quello di sviluppare con forza un’azione di pressione, di critica, di sfida progettuale nei confronti del sistema politico preso nel suo complesso senza rapporti privilegiati o collateralismi. Perché noi non siamo un sindacato di opposizione o di governo”, ma, come ha insegnato Trentin, un sindacato di progetto, “autonomo, democratico, pluralista”, ed è con questo spirito, ha sottolineato Landini,  che “abbiamo invitato il Governo a prendere la parola in questo nostro congresso nella persona del Presidente del Consiglio” e “i segretari delle forze politiche dell’opposizione e tante personalità e soggetti sociali”.

E ancora: “Noi rispettiamo l’esito del voto che affida alla destra il governo del Paese e rivendichiamo, per ciò che il sindacato confederale rappresenta e per la complessità della situazione, il diritto ad un confronto preventivo e vero sulle riforme di cui questo Paese ha bisogno”. Solo che questo non sta accadendo e così “con la Uil lo scorso mese di dicembre abbiamo promosso iniziative e mobilitazioni fino agli scioperi articolati a livello regionale”.

Il leader della Confederazione di corso d’Italia ha enucleato i temi su cui c’è stato dissenso e su cui il governo non ha ascoltato i sindacati: flat tax per redditi alti del lavoro autonomo, condoni, voucher, abolizione reddito di cittadinanza, “non un euro per rinnovare i contratti pubblici, nessun serio intervento fiscale per tutelare i salari mangiati dall’inflazione, di fatto tagli alle risorse per scuola e sanità, peggioramento della legge Fornero e cambiamento del sistema di rivalutazione delle pensioni, retromarcia sulla tassazione degli extraprofitti alla faccia della giustizia sociale”.

Male l'incontro sul fisco
Fallimentare anche l’incontro di ieri (14 marzo) sul fisco: “Non siamo d’accordo né sulla riduzione delle aliquote perché va a favorire i redditi più alti, né sulla flat tax che è fuori dalla dimensione della progressività prevista dalla nostra Costituzione. Questi interventi prefigurano una riduzione delle risorse destinate alla scuola e alla sanità”. E per questo "la delega fiscale va ritirata". Inoltre, “nelle linee illustrate dal Governo, non è prevista la riduzione di 5 punti del cuneo contributivo per una vera crescita dei salari, né la restituzione del fiscal drag per la loro tutela dall’inflazione”.

Male anche sull’evasione, tema affrontato “attraverso accordi con i contribuenti e la collaborazione con le grandi imprese. La cosiddetta pace fiscale o fisco amico. Ma amico di chi? In un Paese dove l’evasione fiscale ammonta a 100 miliardi, di cui solo 15 ascrivibili all’elusione internazionale dei grandi gruppi”. Il fisco è “la madre di tutte le battaglie”, per questo, ha attaccato rivolgendosi ai segretari generali di Cisl e Uil, “per noi è il momento di mobilitarci. Facciamolo insieme. Organizziamo già nei prossimi giorni una campagna straordinaria di assemblee nei luoghi di lavoro e sul territorio aperte a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori, alle pensionate e ai pensionati, ai giovani, ai cittadini, alle associazioni per discutere e sostenere le nostre proposte”. Non solo sul fisco ma anche su sanità, previdenza, salario, rinnovo dei contratti, politiche ambientali, precarietà.

No all’autonomia differenziata
“Fermatevi: non procedete con il disegno di legge”: questo l’invito al governo rispetto all’autonomia differenziata. Perché in questo modo “aumentano i divari territoriali e le disuguaglianze, si penalizza ulteriormente il Mezzogiorno”. No anche al presidenzialismo, con il quale “si marginalizza più di quanto già lo sia il Parlamento”.

L'incontro con il Papa
“Considero quell’incontro di straordinaria importanza e di carattere strategico”,  “certo, per l’impegno comune sulla pace, per la convivenza pacifica tra i popoli. Ma anche perché, ad una lettura attenta, nelle encicliche ‘Laudato Si’’ e ‘Fratelli Tutti’ sono presenti contenuti di grande importanza: la critica alla precarietà, il richiamo alla centralità del lavoro e alla sua qualità, la tutela della natura e dell’ambiente quale condizione per una società diversa”.

No alla guerra
“La guerra scatenata il 24 febbraio 2022 dalla Russia, nel cuore dell’Europa, con l’invasione dell’Ucraina è stato un gesto gravissimo, una lesione colpevole del diritto internazionale”, ha scandito il leader sindacale. E a un anno di distanza il cessate il fuoco sembra lontano così come l’apertura dei negoziati, “ma continuano bombardamenti e attacchi e siamo nel pieno di una rincorsa folle al riarmo in cui le spese per armi sempre più sofisticate sono aumentate nel mondo del 110%. Corriamo il serio rischio che si scateni una terza guerra mondiale”. Ma “la guerra non si contrasta con la guerra. Anzi confermo il nostro obiettivo utopico: cancellare la guerra come strumento di regolazione dei rapporti tra gli Stati e le persone. È il momento di fare ogni sforzo perché si arrivi ad un cessate il fuoco, che si avvii un negoziato e che la diplomazia ad ogni livello agisca perché si arrivi ad una vera conferenza internazionale di pace”.

Il futuro dell'Europa
Proprio e anche per la guerra in corso “c’è bisogno di un’Europa diversa, capace di affermarsi come soggetto politico, unita, baricentro di una politica fondata sulla pace, sulla cooperazione, sul riconoscimento del multilateralismo”. Ma non solo: “C’è bisogno di una revisione profonda del modello economico europeo”. E se le misure per contrastare la pandemia (sospensione del patto di stabilità e crescita e del divieto degli aiuti di Stato, il Next Generation Eu) “avevano aperto una breccia rispetto alle precedenti politiche di austerità. La guerra ha interrotto questa prospettiva”.

In questo contesto, la Commissione europea ha avanzato una riforma delle regole fiscali del patto di stabilità e crescita. “La proposta rappresenta un passo avanti, ancorché timido, nella costruzione di un sistema di governo dell’economia dei paesi europei che tenga insieme le esigenze della stabilità finanziaria e il ruolo della politica di bilancio”, ha detto Landini, ma non basta, perché non cambia il paradigma,  “manca una vera ‘regola d’oro’ su spesa e investimenti pubblici, a partire da quelli su sanità e istruzione”.

Crisi su crisi
D’altra parte Landini ha ribadito che “lotta per la pace e per un nuovo modello sociale mai come oggi sono due facce della stessa medaglia”. Le crisi sono ricorrenti, quelle finanziarie del 2008 e 2011, poi la pandemia e la crisi ambientale, “prodotto di un modello di crescita fondato sulla convinzione che la natura fosse una risorsa illimitata e sulla quale il processo produttivo non avesse conseguenze rilevanti”.  La somma di tutti questi “eventi” ha prodotto un fenomeno nuovo: “Si è spezzato quel rapporto che sembrava scontato tra sviluppo e benessere”.

E l'Italia?
In Europa il nostro è tra i paesi più fragili in questo contesto, con “una quota elevata di lavoratrici e lavoratori precari e a basso salario, un sistema di welfare più debole, un elevato debito e, quindi, uno spazio fiscale più ridotto”. Grazie al contributo dei lavoratori però crescita c’è stata “ma non c’è stata redistribuzione. C’è un’Italia che cresce e accumula ricchezza e un’Italia che si impoverisce sempre di più”, con l’inflazione che “ha eroso il potere di acquisto di salari e pensioni già bassi” e “alta è la quota di contratti a termine, anche di breve durata, e i part-time involontari”, con divari territoriali sempre più ampi e il Mezzogiorno a pagare il dazio più pesante.

Politiche industriali cercasi
L’allarme il sindacato lo lancia da anni: “Il nostro Paese sconta l’assenza di politiche industriali”. Ma per la Cgil, ha ricordato il segretario generale, “lo sviluppo non si rimette in moto lasciando fare alle sole imprese che senza condizionalità fanno i propri interessi; né il mercato da solo può affrontare la complessità dei problemi sul tappeto. È necessario un cambiamento di fondo”. “Per questo – ha rilanciato – riteniamo necessaria una pratica di programmazione industriale partendo dalla valorizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori”. Serve quindi un’Agenzia di sviluppo per “indirizzare e coordinare interventi nei settori strategici, costruire e qualificare filiere produttive, contribuire ad aprire nuove opportunità per investimenti pubblici e privati, coordinare gli indirizzi delle grandi aziende a partecipazione pubblica ma anche delle multinazionali che operano in Italia spesso in regime quasi di monopolio”.

E ancora: “Le risorse che lo Stato anche grazie al Pnrr ha destinato alle imprese e che hanno contribuito fortemente a garantire una ripresa maggiore che in altri paesi, devono essere vincolate alla produzione e all’innovazione sul nostro territorio, che siano gruppi nazionali o multinazionali, anche per favorire i processi di rientro della attività produttive delocalizzate”. Il tutto, ovviamente, tenendo conto delle necessarie compatibilità ambientali che “ormai è totalmente connessa alle scelte di politica industriale”.

Cambiare il mondo del lavoro
“Da questa nostra assemblea congressuale diciamo con chiarezza che bisogna porre fine alla precarietà”: è una battaglia su cui non è possibile fare sconti, perché “strumenti come i voucher, il part-time imposto, i contratti a termine della durata di pochi mesi feriscono la dignità del lavoro” e invece ”bisogna investire sul lavoro, sulla sua qualità, sul protagonismo e la partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori”.

Quindi: “Nei contratti, nelle vertenze, nei luoghi di lavoro pubblico e privato è l’ora di rivendicare la stabilizzazione per le lavoratrici e i lavoratori con rapporti di lavoro precario”, anche perché “un netto contrasto alla precarietà è fondamentale per eliminare le cause degli infortuni e delle morti sul lavoro. Una strage inaccettabile che sta continuando. Bisogna aumentare i controlli, attivare un intervento deciso sulla catena degli appalti e dei subappalti rendendo effettive ed esigibili la clausola sociale, il rispetto dei contratti nazionali, l’estensione del Durc di congruità in tutti i settori privati, contro ogni forma di lavoro nero e grigio”.

Pensioni da riformare
Landini ha ricordato che “è urgente una riforma che elimini gli aspetti più iniqui di un sistema previdenziale che è diventato tra i più restrittivi d’Europa”. Serve una flessibilità nell’accesso alla pensione, a partire dai 62 anni o con 41 di contributi a prescindere dall’età. “E poi bisogna riconoscere la gravosità del lavoro allargando la platea dei lavori usuranti, valorizzare il lavoro delle donne e più in generale il lavoro di cura non retribuito, la pensione contributiva di garanzia per i giovani e per coloro che svolgono lavori precari, sviluppare la previdenza complementare, sostenere il potere di acquisto delle pensioni attraverso la perequazione automatica e la quattordicesima ampliandone la platea e l’innalzamento della misura”.

La battaglia dell'orario
La rivoluzione tecnologica aumenta produttività e profitti e riduce la quota di tempo di lavoro umano necessario. Per questo bisogna puntare “verso la piena occupazione anche attraverso la riduzione e redistribuzione degli orari a parità di salario”. L’obiettivo è dunque “la settimana lavorativa di quattro giorni, come sta avvenendo in altri paesi con esiti positivi per i lavoratori e per le imprese”. Per Landini la riduzione dell’orario “va posta nei contratti nazionali rivendicandone la progressiva generalizzazione”, ma serve anche il sostegno del governo (per esempio nella formazione)”  e  “non può non interfacciarsi, soprattutto in alcuni settori, con il lavoro agile”.

Salari e contratti
Il leader della Cgil ha ricordato che i salari italiani sono i più bassi rispetto ai più importanti Paesi europei, anche come conseguenza della precarietà e del mancato rinnovo dei contratti. Anche se le cause sono tante e complesse, quello che è certo, ha detto, è che l’indice Ipca su cui misurare l’inflazione non è adeguato. Tra le cose da fare, ha scandito, è che le categorie “per realizzare l‘obiettivo della crescita del salario e del potere d’acquisto reale delle retribuzioni, prevedano percorsi di verifica inferiori alla normale durata dei contratti”. Inoltre, occorre estendere la contrattazione di secondo livello. 

Il valore dello Stato Sociale
Per il sindacalista non ci sono dubbi: “Va rilanciato, rivendicato, contrattato il senso e il valore di uno Stato Sociale, solidaristico e inclusivo che garantisca diritti e tutele”. Questo dopo anni di tagli e sottofinanziamenti che hanno portato “ad una situazione di grave crisi nella capacità di garantire la tutela della salute pubblica e la sua stessa esistenza”, mentre “se vogliamo salvare il sistema pubblico e garantire a tutti i cittadini i diritti fondamentali, c'è bisogno di uno straordinario piano di assunzioni in tutti i settori pubblici, soprattutto di giovani e donne”.

Idem per la scuola e l’università: “Ogni ministro ha fatto la sua riforma senza toccare però nessuno dei problemi strutturali: alta dispersione scolastica, disuguaglianza nell’accesso, basso numero dei laureati, diffusione del precariato”, ma così “si rischia di tornare ad una società che consente solo ai figli dei più ricchi di andare avanti”. Per contrastare tutto ciò occorre “costruire un sistema educativo integrato che renda gratuiti gli asili nido, obbligatoria la scuola dell’infanzia, estenda il tempo pieno, elevi l’obbligo a 18 anni, sostenga il libero accesso alla formazione superiore e il diritto allo studio anche con una drastica riduzione delle tasse universitarie, consenta una formazione permanente anche degli adulti”.

Quanto alla povertà assoluta che è in crescita, si sostituisce il reddito di cittadinanza con un nuovo strumento, denominato Misura di inclusione attiva: “Il Governo, di fatto, ha ridotto la platea dei beneficiare per risparmiare dai 2 ai 3 miliardi cancellando così il carattere universale della misura”.

Il prezzo pagato dagli anziani
Se è vero che “l’allungamento delle aspettative di vita è una straordinaria conquista”, “proprio per questo c’è bisogno di nuovi servizi, di una diversa organizzazione delle reti di produzione”. E proprio gli anziani che “hanno pagato il prezzo più alto alla pandemia e i soggetti più fragili sono costretti spesso alle strutture private come le Rsa o ai ricoveri impropri delle strutture ospedaliere”. Di qui, all’opposto, “l’importanza della conquista di una legge sulla non autosufficienza”.

Quanto alla denatalità, gli interventi sarebbero tanti, quel che è certo è che le politiche migratorie sono decisive: “Anche per questa ragione la politica e la gestione dei flussi non può essere affrontata come tema di sicurezza e di ordine pubblico”.

«Noi ci siamo»
Tante sfide, tanti nodi da affrontare per un sindacato confederale, autonomo e propositivo. Per Landini però un tema rimane centrale sin dalle origini: “La capacità di rappresentare le persone in tutta la complessità di vita e di lavoro e investire sulla loro intelligenza”. E c’è un solo modo per farlo e questo non cambia mai: “Saper ascoltare, stare in mezzo alle persone significa fare rumore per essere noi a proporre nuovi e rivoluzionari modelli sociali, industriali e organizzativi”. Ma per questo compito “dobbiamo essere umili, consapevoli che abbiamo bisogno di aprire canali di comunicazione, costruire relazioni, unire soggettività”.

“Vorrei che i giovani – ha concluso –, mai così precari e mai così sfruttati, potessero riscoprire una forte consapevolezza. Noi ci siamo. Questo è il momento di fare”. conclude Iucci su Collettiva.(15/03/2023-ITL/ITNET)

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