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PIANETA DONNA- SEMINARIO INTERNAZIONALE "E ALLORA LE DONNE"- I. RAUTI (CAPO DIP. P.O.): "IN ITALIA E NEL MONDO ANCORA DISCRIMINAZIONI"

(2008-11-27)

    ?Nessun Paese ? riuscito ad eliminare la discriminazione fra i sessi?: questa l?affermazione perentoria del World Economic Forum, nel Global Gender Gap Report del 2006, in merito al conseguimento di una parit? sostanziale tra uomini e donne. Lo studio, condotto sulla base di cinque criteri (uguaglianza remunerativa, opportunit? di accesso ai lavori e a professioni qualificate, rappresentativit? nelle strutture decisionali, accesso all?istruzione ed assistenza alla salute ed alla maternit?), si concentra sulla persistenza, in Italia e nel mondo, di un modello di societ? ancora viziato dal conservatorismo e da una certa arretratezza di mentalit?, noncurante di fronte alla prospettiva della valorizzazione del potenziale femminile. 

Cos? Isabella Rauti, Capo Dipartimento per le pari opportunit?, al seminario internazionale ?E ALLORA,LE DONNE?? promosso da Caucus Nazionale delle donne, Associazione Articolo 21. Liberi di e Women in the city.

  Quel ?capitale dormiente? - prosegue Rauti - che, se immesso nel mercato del lavoro, pu? incrementare il Prodotto Interno Lordo (Pil), pu? produrre ricchezza e favorire la competitivit? del Paese. Ed in questo senso vanno anche le conclusioni del Consiglio dell?Unione Europea (Bruxelles , marzo 2006) in cui, al punto 40, si riconosce, testualmente  ?che le politiche volte a promuovere la parit? di genere sono vitali per la crescita economica, la prosperit? e la competitivit?; ? ed ? giunta l?ora di impegnarsi decisamente a livello europeo per attuare politiche che promuovano l?occupazione delle donne e per assicurare un migliore equilibrio tra vita professionale e vita privata?. E non si tratta di politiche assistenzialistiche, elaborate per tutelare gruppi svantaggiati o vulnerabili ma di strumenti di crescita e di misure per lo sviluppo economico e sociale.

  Nella graduatoria stilata dal WEF, - continua il Capo Dipartimento - secondo i cinque parametri indicati, il nostro Paese si collocava, nel 2006, al 45? posto; il Report 2007, rivela qualche progresso compiuto nella copertura del divario tra uomini e donne, ma non in tutte le aree di indagine, infatti, nella graduatoria generale, l?Italia scivola all?84? posto. E questa triste ?affermazione?, questo record negativo, si registra nonostante che negli ultimi decenni ci sia stata una progressiva ed apprezzabile integrazione delle donne nel mondo del lavoro, fino ad arrivare ad un tasso di occupazione del 46,3% ( comunque, circa 11 punti percentuali in meno della media dell?occupazione femminile dell?UE e lontanissimo dagli obiettivi di Lisbona del 60% per il 2010). Ma la presenza femminile resta, generalmente, circoscritta ai livelli pi? bassi della carriera, determinando quello che viene definito dagli esperti come un vero e proprio ?fenomeno di segregazione orizzontale? ma anche ? verticale? (impossibilit? o limitazione di accesso a ruoli decisionali). Esistono, con evidenza statistica, forme sostanziali di segregazione professionale e lavorativa, sia verticale che orizzontale; come dimostrano, gli scarti ricorrenti tra la partecipazione femminile al mondo del lavoro e la presenza femminile nelle posizioni apicali e di vertice e,in tutte le progressioni di carriera.

  Solo un esempio; anche nel comparto lavorativo della pubblica amministrazione permangono ostacoli al raggiungimento delle pari opportunit? tra i due generi; e sono i dati a dimostrarlo: a fronte di una componente femminile del 53,7% del totale, quindi pi? della met? del personale lavorativo, le posizioni di vertice (1 donna su 4) ed apicali (1 donna su 6) sono nettamente inferiori, con una percentuale del 33% tra i dirigenti in seconda fascia e del 19% tra quelli in prima.

  La ?dirigenza? delle donne si configura e si riassume anche nella Pubblica Amministrazione con la cosiddetta e  metaforica struttura ?ad imbuto?: prevalenza numerica nel personale non dirigente, ma posizione di vertice non proporzionate ed assenza ai livelli apicali. Ed anche se la quota di donne dirigenti ? aumentata nel corso degli ultimi cinque anni resta comunque evidente che esistono e persistono ostacoli oggettivi alle possibilit? di carriera e lo scarto assume maggiore valenza e significato se correliamo la massiccia presenza femminile nella Pubblica amministrazione con gli elevati titoli di studio conseguiti dalle donne e se ribadiamo che alle donne vengono conferiti meno incarichi degli uomini, e che le donne vengono pure meno retribuite.

  Tutti gli studi in materia concordano sulle ragioni di questo scarto di genere ai vertici delle carriere e nelle posizioni apicali; resterebbe centrale e cruciale il difficile equilibrio tra vita professionale e vita familiare (il cosiddetto work life balance), unitamente al perdurare degli stereotipi ed a criteri di valutazione discriminanti e poco trasparenti.
E? statisticamente evidente, infatti, che sulla persistenza del fenomeno della segregazione verticale nella presenza delle donne nei ruoli dirigenziali e nei livelli pi? alti dei comparti lavorativi, continui ad incidere negativamente il carico familiare ed il lavoro di cura che restano concentrati ? per oltre il 70% (dati Istat)- sulla componente femminile. 

  Esiste,inoltre, nel mercato del lavoro femminile, una zona grigia delle cosiddette inattive, tra cui una componente delle ?scoraggiate? e tra queste molte sono madri ex lavoratrici; le statistiche di settore rivelano ? ad esempio - che una madre lavoratrice su sei lascia il lavoro dopo la nascita del primo figlio, ma non si tratta di donne rinunciatarie, ma di
lavoratrici che non riescono a conciliare e che sono costrette ad abbandonare il lavoro, e spesso lo rimpiangono
Gli ostacoli pi? significativi alla realizzazione della parit? effettiva, affondano le proprie radici in una cultura organizzativa del lavoro, avversa alla ?conciliazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro? e non amicale rispetto alle questioni di genere; il reclutamento e la selezione delle risorse umane si richiamano spesso a criteri molto maschili e, in termini di produttivit?, alieni dal considerare la maternit? delle dipendenti come una ?responsabilit? sociale?. Le difficolt? nelle progressioni di carriera e, quindi, spesso l?impossibilit? di sviluppo delle esperienze lavorative necessarie per ricoprire ruoli dirigenziali, nonch? una minore disponibilit? di tempo, dovuta dal carico del lavoro di cura ? non condiviso -
della famiglia, dei figli ma anche degli anziani a carico, creano un circolo vizioso. E tanta fatica!

Non a caso, il Rapporto Eurispes Italia del 2006 parlava di ?donne acrobate?, costrette ? appunto ? a continue acrobazie quotidiane per articolare la doppia presenza, vittime della cosiddetta conciliazione individuale e soggettiva, in assenza di unaconciliazione oggettiva fatta di un?offerta strutturata di servizi. E cos?, appunto, il circolo vizioso si chiude, con una esigua presenza femminile in posizioni lavorative qualificate e si consolida il divario di genere.

  E se guardiamo all?Europa - alle sue contraddizioni ed a qualche dato in positiva controtendenza - gli esperti, nel calcolare le percentuali di donne in posizioni apicali, distinguono tra i paesi cosiddetti ?virtuosi?, in materia di leggi e normativeantidiscriminatorie, e quelli ?non virtuosi?. E le percentuali cambiano, in alcuni casi ?si capovolgono?. Qualche esempio, nei paesi dell?area dell?ex-Unione Sovietica, dove era gi? in vigore un rigido corpus legis che rendeva obbligatorie le quote di presenza femminile in politica e presso sindacati, amministrazioni e imprese, contestualmente ad
un piano di implementazione dei servizi: promozione dell?istruzione, asili, trasporti ed orari volti ad agevolare le madri lavoratrici, la presenza delle donne nelle posizioni dirigenziali e di vertice ? ragguardevole.

I paesi nordici, su questo, offrono un modello ?virtuoso?: basti pensare alla Norvegia, dove, grazie ad interventi governativi, si ? colmato il gender gap e si ? raggiunta percentualmente la parit? . E, per monitorare il fenomeno, l?Unione Europea ha voluto fondare ? a Vilnius - l?Istituto Europeo per l?uguaglianza di genere; uno strumento essenziale per la circolazione di informazioni, per lo scambio di buone pratiche e per l?ufficialit? che conferisce a traguardi raggiunti e nuove sfide in materia di parit? e pari opportunit?. Le azioni dell?Istituto, si dispiegano su quattro linee direttive: risoluzione del problema dei ruoli legati al genere, promozione della partecipazione femminile ai processi decisionali, abbattimento della disparit? retributiva ed assistenza nella conciliazione dei tempi di vita e lavoro.

  Ovunque si guardi, conclude Isabella Rauti,  non mancano gender gap, divari nelle progressioni di carriera e differenziali retributivi a parit? di lavoro svolto; per delinearne il perimetro rivestono importanza strategica non solo delle statistiche sul personale ripartite per genere ma anche i bilanci di genere. Ma questa ?? un?altra storia? e ne scriveremo.

  Dalla considerazione e dalla lettura di ogni statistica e rilevazione di genere nell?ambito lavorativo, appare, necessario, ?ripensare? l?organizzazione del lavoro, con modelli di organizzazione del lavoro pi? ?gender friendly? , superando gli stereotipi ed individuando modalit? pi? rispondenti ai reali bisogni di conciliazione delle lavoratrici e dei lavoratori, dei tempi di lavoro e dei tempi di vita.

  Il tema della conciliazione dei tempi, come irrisolta e vexata quaestio, resta centrale - ha osservato in ultimo Rauti- nel mercato del lavoro e diventa materia politica e di Governo, nonch? materia di scelte economiche e di riflessioni sui modelli di welfare state. Le questioni della conciliazione e dei modelli organizzativi del lavoro sono ? insieme con le politiche dei servizi - questioni di fondo nell?elaborazione di nuovi modelli di welfare; un welfare di tipo sussidiario capace di rispondere a reali esigenze ed a nuovi bisogni. (27/11/2008-ITL/ITNET)

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