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IMMIGRAZIONE ? RAPPORTO SUL CONTESTO MIGRATORIO IN EUROPA

(2009-02-05)


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    Il Rapporto OCSE prende in esame anche la situazione italiana, che si attesta al di sotto della media OCSE con un incremento di immigrazione legale nel 2006 del 3%. L?Italia per?, insieme a Spagna e Irlanda, ? tra i Paesi europei che nel 2006 hanno visto aumentare di pi? il tasso di occupazione degli immigrati, che rappresentano l?8,6% della forza lavoro, il 3,5% in pi? rispetto al 2002. Inoltre, il tasso di occupazione tra la popolazione immigrata residente in Italia ? dell?81,9% per gli uomini e del 49,9% per le donne: in entrambi i casi si tratta di valori pi? alti di quelli relativi alla sola popolazione italiana, rispettivamente al 69,6% e 46%. Praticamente uguale alla media dei cittadini italiani invece il tasso di disoccupazione per gli uomini stranieri (5,7%) e pi? elevato per le donne straniere residenti in Italia (12,4% contro 8,5%). In generale, osserva il Rapporto, nei Paesi OCSE i lavoratori immigrati rappresentano una percentuale significativa della forza lavoro, pur con sostanziali differenze tra Paesi: dal 3% della Finlandia al 12% di Belgio e Francia, al 25% di Svizzera e Australia, fino al 44% del Lussemburgo. Persistono per? evidenti differenze di reddito: a eccezione dell?Australia, nei Paesi OCSE il salario medio di un lavoratore immigrato ? inferiore in media del 14% rispetto a un lavoratore locale, con punte del 20% negli Stati Uniti. E non ? certo di gran consolazione constatare, come fa il Rapporto, che la differenza di compensi tra immigrati e autoctoni ? comunque inferiore a quella tra uomini e donne.

  In base al XVII Rapporto Caritas/Migrantes sull?immigrazione, in Europa  l?incidenza degli immigrati ? del 5,6% sulla popolazione complessiva, con variazioni notevoli: lo 0,5% nei due nuovi paesi membri (Romania e Bulgaria), tra il 4% e l?8% negli Stati dell?Unione a 15. Sono rilevanti le concentrazioni in alcune regioni: in Francia il 40% degli stranieri vive nell?area parigina, dove un residente su otto ? cittadino straniero; nel Regno Unito oltre un terzo della popolazione straniera risiede nell?area metropolitana di Londra; in Spagna circa la met? degli immigrati si ? insediata a Madrid e nella Catalogna. In Italia, invece, ? pi? marcata la diffusione territoriale e solo un quinto degli immigrati si trova nelle province di Milano e di Roma.

  Nei paesi di vecchia immigrazione la presenza degli immigrati ? rimasta stabile, o ? leggermente diminuita come in Germania, mentre nei paesi di nuova immigrazione (quelli mediterranei) essa ? andata aumentando. I due terzi della popolazione immigrata sono costituiti da non comunitari: il 32% da europei non UE (in gran parte russi, turchi e balcanici), il 22% da africani (di cui due terzi provenienti dalle regioni settentrionali), il 16% da asiatici (equamente distribuiti tra immigrati dell?Estremo Oriente, Cina in testa, e del subcontinente indiano) e il 15% da americani (in gran parte latinoamericani).

  Non vengono pi? registrati come immigrati le centinaia di migliaia di stranieri che ogni anno ottengono la cittadinanza del paese di residenza (nel 2005, 162 mila nel Regno Unito, 150 mila in Francia, 117 mila in Germania e 29 mila in Italia), con incidenze differenziate sull?insieme della popolazione straniera soggiornante (5,7% nel Regno Unito, 1,6% in Germania e meno dell?1% in Italia). Quando si parla di presenza immigrata, bisognerebbe tenere presenti anche queste persone, nate all?estero e diventate cittadine (in Gran Bretagna sono il doppio rispetto ai 3 milioni di cittadini stranieri), come anche le seconde e le terze generazioni nate sul posto.

  Il Rapporto Eurostat 2008 sull?Immigrazione in Unione europea, rileva che nel 2006 (ultimo anno di riferimento con  dati statistici), circa 3 milioni di immigrati stranieri si sono trasferiti nei 27 paesi dell?Unione Europea. Questi immigrati possono essere divisi in due gruppi in base alla loro nazionalit?: cittadini comunitari (1,2 milioni di persone) ed extracomunitari (1,8 milioni).
I cittadini comunitari migrati negli stati membri, rappresentano il 40% sul totale degli immigrati. Il restante 60% pu? essere quasi equamente diviso in cittadini extracomunitari di paesi europei, asiatici, africani e americani con un 15% ciascuno.

  Nel 2006, i gruppi di immigrati pi? numerosi all?interno dell?Ue erano quelli dei polacchi (290.000 persone), dei rumeni (230.000 persone), dei marocchini (circa 140.000), inglesi, ucraini e cinesi (circa 100.000 ciascuno) e tedeschi (90.000). Nel 2006, il pi? alto numero di immigrati stranieri ? stato registrato in Spagna (803.000 persone), Germania (558.500) e Regno Unito (451 700), che insieme hanno accolto il 60% di tutta l?immigrazione UE.

  I pi? alti tassi di immigrazione (numero di immigrati sul totale della popolazione) ? stato registrato in Lussemburgo (28,8 immigrati per 1000 abitanti), seguito da Irlanda (19,6), Cipro (18,7) e Austria (10,3). La media UE ? di 6,2 immigrati stranieri ogni 1000 abitanti. Tassi inferiori a 1 sono stati registrati in Polonia, Romania, Lituania e Lettonia.

  Nel 2006, il 60% degli immigrati in UE non era di origine comunitaria. In 17 dei 24 stati membri, per cui erano disponibili i dati, la maggioranza degli immigrati stranieri era extra-comunitaria. Le pi? alte percentuali di immigrati extra-comunitari si sono registrate in Slovenia (90%), Romania (86%), Portogallo (84%) e Repubblica Ceca (83%).
In sette stati membri, la maggioranza degli immigrati stranieri era comunitaria: Lussemburgo (84%), Irlanda (77%), Germania (57%), Ungheria e Slovacchia (entrambe 54%), Austria (53%) e Belgio (51% nel 2003).

  In alcuni stati membri, l?immigrazione proviene principalmente da un solo paese. I paesi con la pi? alta concentrazione di immigrati provenienti da un singolo paese erano Romania, dove il 56% degli immigrati proviene dalla Moldova, Repubblica Ceca (46% dall?Ucraina), Slovenia (43% da Bosnia e Herzegovina) e Grecia (42% dall?Albania).(05/02/2009-ITL/ITNET)

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