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LAVORO "POVERO" - MIN. DEL LAVORO ORLANDO PRESENTA LE 5 PROPOSTE DEL GRUPPO DI LAVORO AD HOC ISTITUITO NEL 2021

(2022-01-18)

Garantire minimi salari adeguati per combattere la povertà lavorativa tra i lavoratori dipendenti e potenziare l'azione di vigilanza documentale basata sui dati che le imprese e i lavoratori comunicano alle Amministrazioni pubbliche: sono queste alcune delle proposte emerse dal Gruppo di lavoro "Interventi e misure di contrasto alla povertà lavorativa" *** istituito dal ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Andrea Orlando, con il Decreto Ministeriale n. 126 del 2021.
A queste, si aggiunge la necessità di introdurre un 'in-work benefit' che permetterebbe di aiutare chi si trova in situazione di difficoltà economica e incentiverebbe il lavoro regolare; oltre a incentivare il rispetto delle norme da parte delle aziende e aumentare la consapevolezza di lavoratori e imprese e, infine, promuovere una revisione dell'indicatore UE di povertà lavorativa.

Un quarto dei lavoratori italiani ha retribuzioni talmente basse circa 12 mila euro all'anno che rischia di finire in povertà e  la metà di questi resta povero. Con il COVI, poi, la percentuale è salita al 60%
L'Italia è il quarto Paese per lavoro povero in Europa:  11,8% del totale contro una media Ue di 9,2%,  dopo Romania, Spagna e Lussemburgo, ma si arriva al 22% - e le donne al 27% - se si lavora part-time.

La Relazione evidenzia come avere un lavoro non sempre basta per evitare di cadere in povertà", ha affermato il ministro, e proprio per questo motivo, ha messo in evidenza, "una strategia di lotta alla povertà lavorativa richiede una molteplicità di strumenti per sostenere i redditi individuali, aumentare il numero di percettori di reddito, e assicurare un sistema redistributivo ben mirato".
Il titolare del Dicastero ha anche colto l'occasione per ricordare i numerosi segnali già dati con la Legge di Bilancio, con la riduzione dell'uso arbitrario dei tirocini e con l'introduzione del Fondo per la parità di retribuzione tra uomo e donna. Senza contare, ha aggiunto, il prossimo varo della Direttiva UE sul salario minimo che "offrirà supporto anche contro il lavoro povero".

Nel corso del suo intervento, l'economista Garnero ha sottolineato come "il Gruppo di lavoro, ha scelto di concentrarsi su due proposte predistributive che agiscono, cioè, sui redditi di mercato, una redistributiva e due trasversali. Le proposte su cui si concentra questa Relazione non vanno intese come indipendenti una dall'altra né come alternative funzionali. Piuttosto, esse vanno considerate nel complesso, così possono completarsi e rafforzarsi a vicenda, con l'obiettivo di contrastare il fenomeno".

In Italia un quarto dei lavoratori italiani ha una retribuzione individuale bassa (cioè, inferiore al 60% della mediana) e più di
un lavoratore su dieci si trova in situazione di povertà (cioè, vive in un nucleo con reddito netto equivalente inferiore al 60% della mediana).
Nel dibattito pubblico, la povertà lavorativa è spesso collegata a salari insufficienti mentre questa è il risultato di un processo che va ben oltre il salario e che riguarda i tempi di lavoro (ovvero quante ore si lavora abitualmente a settimana e quante settimane si lavora nel corso di un anno), la composizione familiare (e in particolare quante persone percepiscono un reddito all’interno del nucleo) e il ruolo redistributivo dello Stato. A livello individuale, infatti, il rischio di basse retribuzioni è particolarmente elevato per i lavoratori occupati solo pochi mesi all’anno, per i lavoratori a tempo parziale e per i lavoratori autonomi. A livello familiare, a questi fattori di rischio si aggiunge anche la composizione del nucleo e il numero di percettori.

Una strategia di lotta alla povertà lavorativa richiede quindi una molteplicità di strumenti per sostenere i redditi individuali, aumentare il numero di percettori di reddito, e assicurare un sistema redistributivo ben mirato. Nel nostro lavoro abbiamo scelto di concentrarci su due proposte predistributive (che agiscono, cioè, sui redditi di mercato), una redistributiva e due trasversali.

Le proposte sono di taglio generale (si potrebbero immaginare anche interventi a livello settoriale o locale) e microeconomico, cioè indirizzate a supportare i redditi individuali e familiari. Una strategia complessiva, però, dovrebbe anche affrontare le debolezze macroeconomiche e di politica industriale, le politiche per il lavoro (politiche attive, regolazione lavoro atipico, contrattazione) e gli investimenti in istruzione e formazione con l’obiettivo di aumentare quantità e qualità del lavoro nel nostro Paese.

Politiche PREDISTRIBUTIVE

Proposta 1: Garantire minimi salariale adeguati
Minimi salari adeguati sono una condizione necessaria (ma non sufficiente) per combattere la povertà lavorativa tra i lavoratori dipendenti. Nel caso italiano sono due le opzioni in discussione: estendere i contratti collettivi principali a tutti i lavoratori oppure introdurre un salario minimo per legge. Le due opzioni sono dibattute da tempo e si scontrano con ostacoli politici e tecnici che da anni bloccano ogni avanzamento in materia. Per questo motivo, oltre a queste due opzioni, il Gruppo di lavoro ha elaborato una terza opzione che consenta una sperimentazione di un salario minimo per legge o di griglie salariali basate sui contratti collettivi in un numero limitato di settori. Questa terza opzione, pur apportando solo una risposta parziale e non esente da problemi e complessità, permetterebbe di dare una prima risposta in quei settori in cui la situazione è più urgente mentre prosegue il dibattito sullo strumento più adatto a livello nazionale.

Proposta 2: Rafforzare la vigilanza documentale

Una volta fissato un minimo salariale per via contrattuale o legale, è essenziale che questo minimo sia rispettato (una priorità anche con il sistema vigente). Al di là della fondamentale attività ispettiva, il Gruppo considera cruciale potenziare anche l’azione
di vigilanza documentale, cioè basata sui dati che le imprese e i lavoratori  comunicano alle Amministrazioni pubbliche costruendo indici di rischio a livello di impresa o settore per permettere un confronto sulle anomalie riscontrate e, in caso di persistenza nel tempo, studiare strategie di intervento soft oppure guidare la vigilanza ispettiva.

Politiche REDISTRIBUTIVE

Proposta 3: Introdurre un in-work benefit.  In Italia, solo il 50% dei lavoratori poveri percepisce una qualche prestazione di
sostegno al reddito rispetto al 65% in media europea. In particolare, in Italia manca uno strumento per integrare i redditi dei lavoratori poveri, un in-work benefit  (letteralmente trasferimento a chi lavora), che permetterebbe di aiutare chi si trova in
situazione di difficoltà economica e incentiverebbe il lavoro regolare. Un in-work benefit in Italia dovrebbe assorbire gli “80 euro” (ora Bonus dipendenti) e la disoccupazione parziale per arrivare a uno strumento unico, di facile accesso e coerente con il resto del sistema (in particolare, Reddito di Cittadinanza, ma anche il nuovo Assegno Unico e Universale per i Figli).
Sulla base delle esperienze internazionali, il trasferimento dovrebbe essere definito a livello individuale per non disincentivare il lavoro del secondo percettore e crescere fino a una certa soglia di reddito per poi stabilizzarsi e poi decrescere. La discussione sulla riforma fiscale in corso rappresenta il luogo ideale per il disegno preciso di questo tipo di strumento.

Proposte TRASVERSALI

Proposta 4: Incentivare il rispetto delle norme da parte delle aziende e aumentare la consapevolezza di lavoratori e imprese

A queste tre misure è possibile affiancare altre iniziative per incentivare le imprese a pagare salari adeguati con forme di accreditamento (si veda, per esempio, l’esperienza del Living wage nel Regno Unito) oppure di name and shame per chi, al
contrario, non rispetta la normativa sul lavoro. Per i lavoratori, poi, servono strumenti e campagne per aumentare la leggibilità dei CCNL e dei vari strumenti di sostegno al Reddito per assicurarsi che i lavoratori che ne hanno bisogno possano avervi effettivamente accesso. È importante, inoltre, un’adeguata e tempestiva informazione sulle prospettive pensionistiche (la c.d. “busta arancione”) per mettere in risalto i rischi derivanti dal cumulo di situazioni di svantaggio. Infine, un più facile accesso ai
tanti dati che le Amministrazioni pubbliche (nazionali e locali) raccolgono nell’espletamento delle loro funzioni sul modello “VisitINPS” consentirebbe di promuovere la ricerca in materia e misurare l’effetto che strumenti diversi possono avere nel contrastare questo fenomeno.

Proposta 5: Promuovere una revisione dell’indicatore UE di povertà lavorativa

L’indicatore di povertà lavorativa utilizzato dall’Unione europea esclude i lavoratori con meno di sette mesi di lavoro durante l'anno e presuppone un'equa condivisione delle risorse all'interno della famiglia. Così facendo, l’indicatore UE esclude i lavoratori che sono probabilmente tra i più esposti al rischio di povertà e non permette di identificare se qualcuno è in grado di avere una vita decente con i propri guadagni. È opportuna, quindi, promuovere in sede europea una revisione dell’indicatore che, sulla scorta di quanto proposto in questa Relazione, estenda la platea di riferimento e meglio prenda in considerazione i redditi da lavoro individuali.

Le cinque proposte vanno considerato nel complesso perché nessuna di esse presa in isolamento è risolutiva, ma soprattutto perché se non combinate con altre, alcune proposte rischiano di essere inefficaci (per esempio, un salario minimo senza controlli più stringenti) o addirittura dannose (un in-work benefit senza minimi salariali adeguati e rispettati).

"Continueremo, con ancora più determinazione, sulla strada intrapresa - ha concluso il ministro - considerando che la pandemia da Covid-19 ha accentuato il fenomeno, esponendo a più alti rischi di disoccupazione chi aveva contratti atipici e riducendo il reddito disponibile di chi ha avuto accesso agli ammortizzatori sociali e alle misure emergenziali introdotte per far fronte alle conseguenze della recessione".

***
Gruppo di lavoro “Interventi e misure di contrasto alla povertà lavorativa” istituito con Decreto Ministeriale n. 126 del 2021.
Fanno parte del Gruppo di lavoro, così come definito all’articolo 2 del suddetto decreto:

- Andrea Garnero, economista del lavoro all’OCSE, attualmente in sabbatico di ricerca, coordinatore del gruppo
-  Silvia Ciucciovino, professoressa ordinaria di diritto del lavoro all’Università Roma Tre e consigliera esperta presso il CNEL
-  Romolo de Camillis, direttore generale dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali
-  Mariella Magnani, professoressa emerita di diritto del lavoro all’Università di Pavia
-  Paolo Naticchioni, economista presso la Direzione Studi e Ricerche dell’INPS e professore associato all'Università Roma Tre
-  Michele Raitano, professore ordinario di politica economica alla Sapienza Università di Roma
-  Stefani Scherer, professoressa ordinaria di sociologia all’Università di Trento
-  Emanuela Struffolino, ricercatrice di sociologia economica all’Università di Milano.  (18/01/2022-ITL/ITNET)

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