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IMPRESE ITALIANE NEL MONDO - COSTI ENERGETICI - MARSIAJ (UNINDUSTRIA): PERICOLO LOCKDOWN IMPRESE PER RINCARI NONOSTANTE RIPRESA ORDINI ED EXPORT". LA REGINA (CONFINDUSTRIA ENERGIA):" RISCHIO DELOCALIZZAZIONE".

COMUNICATO STAMPA Mise: 100 milioni per imprese dei servizi di mensa e ristorazione Giorgetti, "settore che svolge anche una funzione sociale" Roma, 27 dicembre 2021. Il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti ha firmato il decreto che rende operativa l’erogazione di 100 milioni di euro di contributi a fondo perduto alle imprese dei servizi di ristorazione collettiva, mense e catering, che sono state particolarmente colpite durante l’emergenza Covid. "È importante sostenere il settore della ristorazione collettiva perché svolge, con la sua attività quotidiana di mensa nei luoghi di lavoro e nelle strutture scolastiche e ospedaliere, una funzione anche sociale”, dichiara il ministro Giorgetti. “Per favorire la ripresa economica del nostro Paese - aggiunge - è quindi necessario aiutare con contributi a fondo perduto anche queste realtà imprenditoriali”. Potranno richiedere il contributo le imprese che nell’anno 2020 hanno subito una riduzione del fatturato non inferiore al 15% rispetto al fatturato del 2019 e che svolgono servizi di ristorazione definiti da un contratto con un committente, pubblico o privato, per la ristorazione non occasionale di una comunità delimitata e definita, quale - a titolo esemplificativo - ristorazione per scuole, uffici, università, caserme, strutture ospedaliere, assistenziali, socio-sanitarie e detentive. Le risorse, stanziate dal decreto Sostegni bis, saranno ripartite in uguale misura tra tutte le imprese richiedenti e ammissibili fino al raggiungimento di un importo del contributo di 10 mila euro. Il decreto, firmato anche dal ministro dell'Economia e delle finanze, è stato inviato alla Corte dei Conti per la registrazione. Con un prossimo provvedimento dell'Agenzia delle entrate verranno invece definiti i termini e le modalità per richiedere il contributo.

(2021-12-28)

Le imprese lanciano quotidianamente l'allarme " con il folle rincaro dell'energia elettrica e del gas  il rischio è un nuovo lockdown proprio mentre l'industria è in piena ripresa" afferma Giorgio Marsiaj Presidente dell'Unione degli industriali di Torino, che aggiunge  “Questo potrebbe essere l’inverno più freddo da molti anni a questa parte. L’aumento folle dei costi dell’energia elettrica e del gas rischia di bloccare molte delle nostre fabbriche, mentre l’industria è in grande ripresa con ordini ed export che stanno tornando ai livelli pre pandemici. Già nel secondo semestre del 2021 ci sono stati forti rincari.

Adesso molti imprenditori potrebbero essere addirittura obbligati a fermare gli impianti e tener chiuse le fabbriche per non
subire perdite disastrose a causa di bollette che lieviteranno nel 2022 rispetto al 2021 del 320% per il gas e del 150% per l’energia elettrica, secondo le previsioni del Consorzio Unionenergia dell’Unione Industriali di Torino. Un costo insostenibile per
le imprese, già in difficoltà per il rialzo dei prezzi delle materie prime.

Sarebbe, in sostanza, un nuovo lockdown, ma dovuto a speculazioni e a fattori geopolitici, come il blocco del nuovo gasdotto Nord Stream 2. È urgente, quindi, che il Governo intervenga potenziando gli aiuti concreti già inseriti nella Finanziaria, altrimenti
l’impatto sulla nostra economia e sulla tenuta sociale dell’intero Paese e del nostro territorio sarebbe disastroso”.

Lo aveva già detto nei giorni scorsi Aurelio Regina, Delegato di Confindustria per l’Energia, sollecitando interventi strutturali contro il caro-energia, un pacchetto di misure organiche per affrontare un’emergenza grave, per certi aspetti drammatica, come quella legata alla pandemia”.

“Siamo nel pieno di una drammatica crisi energetica che colpisce tutti i settori manifatturieri, il cuore produttivo del Paese - ha affermato Regina. L’incremento dei costi di gas ed energia elettrica per alcuni comparti, come quello delle acciaierie, della ceramica o del vetro, è insostenibile in assenza di interventi immediati. Si rischia la chiusura di moltissime aziende energivore per almeno 30 o 40 giorni”.

I dati infatti, ha spiegato Regina, mostrano una situazione quasi fuori controllo: “nelle ultime due settimane l’incremento del prezzo del gas è stato del 280% rispetto a gennaio 2021 e del 650% rispetto allo stesso periodo del 2020”. Tra le cause di questa escalation dei prezzi, “la scelte sulla transizione ecologica che impattano sul sistema nel suo complesso, la ripresa economica che richiede energia per produrre, il quadro geopolitico con le tensioni con i Paesi fornitori di gas e l’eccesso di richiesta di gas, necessaria in questa fase di transizione”.
Per il sistema produttivo italiano, questo si è tradotto in un aumento delle bollette, “passate da 8 miliardi nel 2019 a 21 nel 2021 e che arriveranno a 37 miliardi nel 2022. Numeri che fanno tremare i polsi, insostenibili per qualsiasi realtà produttiva senza un piano di politica industriale ben strutturato, che metta al centro questo tema come prioritario per la sopravvivenza delle aziende, l’occupazione, lo sviluppo del nostro Paese”, ha sottolineato Aurelio Regina. Inoltre, secondo il Delegato all’energia, per valutare l’effettiva gravità della situazione è necessario ponderarla in relazione al contesto economico, politico e industriale del nostro Paese.

Infatti, “l’Italia è messa peggio di altri Paesi, va detto con chiarezza” - ha aggiunto l'esponente di Confindustria - affermando  “bisogna avere la consapevolezza che il costo dell’energia impatta a valle sull’inflazione e a monte sugli investimenti delle imprese. Questo andamento del trend dei prezzi energetici rende di fatto insostenibile l’attività produttiva, ma anche procedere sul percorso della decarbonizzazione così come è stato disegnato. In queste condizioni, le imprese non sono in grado di andare avanti nella transizione” – ha osservato Regina, evidenziando come, nonostante le ripercussioni di questa situazione siano piuttosto pesanti in tutta l’eurozona, alcuni Paesi abbiano adottato misure ad hoc per fronteggiare l’escalation dei prezzi energetici.

“La Francia può contare anche sul nucleare e ha messo in campo una serie di interventi per calmierare i prezzi e sostenere le aziende attraverso cessioni di energia a prezzi agevolati. Quindi, di fatto, il governo sta tutelando il sistema produttivo” - ha spiegato. “Cosa che sta facendo anche la Germania che, nonostante abbia un costo dell’energia più basso del nostro perché utilizza ancora il carbone in maniera massiccia, ha adottato una scontistica fiscale importante sugli oneri di sistema”. In Italia, invece, “sono stati stanziati 5,8 miliardi per fronteggiare l’emergenza ma non sono sufficienti nella misura in cui sono indirizzati prevalentemente alle utenze residenziali. Va adottata una politica industriale diversa, affrontando il tema in maniera strutturale, non come se fosse una fase transitoria, emergenziale. Se non si interviene con un piano a lunga gittata, l’Italia sarà sempre esposta a questi tsunami e si rischia - ha sottolineato Regina - la delocalizzazione e la crisi di interi settori a cui costa meno non produrre invece che produrre. Se non ci saranno interventi ad ampio respiro tra 40 giorni molte fonderie, acciaierie e imprese del comparto della ceramica dovranno fermarsi, con tutto quello che ne consegue”, ha detto Regina, illustrando poi una serie di proposte che potrebbero migliorare la situazione corrente.

“Draghi ha la visione chiara di quanto sta accadendo, ma credo sia necessario mettere subito in campo una task force con governo, imprese, consumatori per affrontare l’emergenza e varare misure straordinarie. Come, ad esempio, lo sfruttamento dei nostri giacimenti di gas, aumentando i prelievi in tempi rapidi e rilasciando il gas al sistema industriale a prezzi che facciano riferimento a quelli estivi. Penso anche all’introduzione di agevolazioni fiscali come accade in Germania e Francia e all’aumento della remunerazione del servizio di interrompibilità del settore elettrico e del gas”.

Secondo il Delegato all’energia, l’aumento della disponibilità di gas spingendo sulle risorse italiane “sarebbe una soluzione a invarianza di emissioni di Co2. Attualmente l’Italia estrae 4 miliardi di metri cubi contro i 20 di consumo del settore industriale. Bisognerebbe puntare almeno a raddoppiare questa produzione, utilizzando i giacimenti già esistenti. L’incremento delle estrazioni si può fare in tempi ragionevoli e avrebbe un effetto di mitigazione importante, consentendo alle imprese di stipulare contratti a medio termine e di svincolarsi dall’import. Bisogna far presto e definire una quota così da avere benefici già dal 2023” - ha affermato Regina. Un ulteriore tema da affrontare riguarda la gestione europea della crisi energetica: “l’Europa deve muoversi compatta con l’obiettivo di eliminare le barriere tariffarie che ostacolano la creazione del mercato unico. Ma tutti devono fare la propria parte, anche le aziende dell’energia e del gas che adesso stanno facendo elevati profitti. Tutti, ripeto, devono dare un contributo, il governo con misure strutturali di largo respiro, ma anche le Autorità di settore, Arera e Antitrust, non possono considerarsi estranee in questa congiuntura difficile” - ha avvertito il responsabile di Confindustria per l’energia.

Infine la Regina ha proposto di restringere l’operatività ai soli operatori industriali in questa fase, “perché nel mercato delle quote Co2 i prezzi sono condizionati da una partecipazione sempre maggiore di operatori finanziari che sviluppano manovre speculative. Inoltre, la commissione dovrebbe utilizzare anche la market stability reserve per raffreddare i prezzi della Co2. Serve equilibrio, responsabilità e una riforma complessiva che in ultima analisi renda la bolletta compatibile con gli obiettivi di sviluppo e crescita. Confindustria è in prima linea per dare il proprio contributo” – ha concluso. (28/12/2021-ITL/ITNET)

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