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LAVORO - GIOVANI /RECOVERY FUND : SOLO l'1% DEI FONDI E' DESTINATO AI GIOVANI. LE RICHIESTE DEL GRUPPO MULTIDISCIPLINARE "UNONONBASTA" 19 MILIARDI

PETIZIONE SU CHANGE.ORG

(2021-01-11)

  "Il presente documento si pone come obiettivo un cambiamento dell’attuale indirizzo della policy in merito all’impiego dei fondi stanziati nell’ambito dell’iniziativa di rilancio europeo “Next Generation EU”. Si pone come una richiesta in rappresentanza della popolazione giovanile italiana perché la voce “Giovani e Politiche del Lavoro” venga ripresa in considerazione  potenziandola con ulteriori proposte di investimento, che possano impattare direttamente sulla possibilità per la nazione di costruirsi un futuro.
Il documento non ha la pretesa di essere esaustivo e nasce da uno studio comparato e dall’acquisizione di diverse fonti che procedono verso l’obiettivo di fondo, ovvero quello di garantire maggiore equità a una manovra che si presenta come occasione unica per il Paese e per l’Europa tutta." così

1. Premessa
L’Italia come sistema Paese ha il dovere di presentare alla Commissione Europea il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), programma di investimenti del Next Generation EU. La scadenza per la presentazione dei piani dei singoli stati membri è il 30 Aprile 2021.

2. I princìpi guida e le circostanze di UnoNonBasta  ("Siamo giovani in Italia. Siamo troppi in aula e siamo solo un numero, siamo tirocinanti non pagati o siamo cervelli in fuga, siamo precari se non siamo disoccupati")
#UnoNonBasta
Nell’ottica dello sviluppo dei singoli PNRR la Commissione Europea ha enfatizzato l’insistenza su quattro princìpi guida:
1. sostenibilità ambientale
2. produttività
3. equità
4. stabilità macroeconomica
L’azione dell’iniziativa UnoNonBasta va ad indirizzare un principio particolare come fattispecie e due come corollari.
UnoNonBasta individua come “equità” il principio base secondo cui si riconosce che determinate fasce o componenti della popolazione versino in questo momento in condizioni svantaggiate, e che in ragione di questo svantaggio abbiano bisogno di strumenti ad hoc per colmarlo.
Più precisamente, UnoNonBasta, in rappresentanza della popolazione giovanile italiana intende sottolineare come la costruzione di un futuro equo per il Paese non possa sottovalutare l’investimento sulle fasce giovanili. Queste, storicamente escluse dal confronto politico diretto se non per delle iniziative minori con una rappresentatività
fortemente limitata, sono la pietra angolare su cui poter anche solo pensare di costruire un percorso basato sulla produttività (principio 2) e sulla stabilità macroeconomica di medio e lungo periodo (principio 4).

Queste tematiche non sono mere puntualizzazioni statistiche, ma si inseriscono in un solco che l’Italia percorre con insistenza da anni; solco che racconta di una popolazione in calo e in invecchiamento
1 , con tassi di natalità molto bassi
2, collegabili alla diffusa sfiducia e difficoltà delle fasce giovanili di potersi costruire e garantire un futuro stabile.
3. Suddivisione preliminare del PNRR

3. Entrando nel merito dell’impiego del fondo Next Generation EU calato nella frastagliata realtà italiana, le prime bozze
trapelate parlano di un investimento in prima battuta identificabile attorno all’1,6% delle risorse totali disponibili (3,2
miliardi vs. un totale di 196). Tutte le bozze sono state in seguito confermate e usate per la discussione sul punto. La
bozza è stata rivista in senso di ulteriore ribasso, per arrivare ad un totale allora identificato come 2,8 miliardi di
investimento totali.

4 I fondi totali  a questo primo punto di controllo erano a loro volta ripartiti in circa 1,9 miliardi attribuiti a Politiche Attive e Formazione per Occupati e Disoccupati, e circa 0,9 miliardi attribuiti a Servizio Civile Universale.

5 Una prima lettura di questi dati evidenzia dei limiti intrinseci di natura strategica alla portata delle azioni progettate. Rispettivamente :
1) permanendo le condizioni economiche attuali, quella di concedere al Servizio Civile Universale risorse pari a poco più del quadruplo rispetto a quelle che normalmente gli vengono concesse, spalmate però su un periodo di utilizzabilità che si estende fino al 2027, è un’azione che non risulta particolarmente incisiva. Suddividendo infatti la cifra sull’insistenza del periodo di azione descritto, la forza equivalente in più su base annuale fornita al Servizio Civile Universale si attesterebbe attorno ad una maggiorazione del 70%, che, letta in termini di forze messe in campo, potrebbe  permettere, a titolo esemplificativo, di passare da un attivo di giovani disponibili di circa 20 mila a circa 35 mila all'anno. Un’operazione senza dubbio meritoria ma non certamente di radicale efficacia.

2) per le Politiche Attive del Lavoro (ALMP)  e la Formazione, la comparazione con lo storico di spesa annuale in zona EU rende evidente lo sbilanciamento di forze in campo. Questo varrebbe già in una situazione di andamento normale, e ancor più in una situazione di crisi (si osservi lo il grafico che illustra l’andamento degli investimenti durante la crisi del 2008; la tendenza di investimento ha visto un incremento medio di circa il 29,9% in zona EU);

? Aggiornamento 29 Dicembre 2020
In seguito a questo primo step, l’evoluzione del percorso di ripartizione ha evidenziato un andamento ondivago ma sempre tendente alla cifra di circa 3 miliardi. La situazione si evolve con la versione del PNRR del 29 dicembre, ch evidenzia un approfondimento delle singole voci, e nella lettura puntuale emerge ancor più come l’investimento
direttamente dedicato alle tematiche legate ai giovani sia effettivamente minoritario. In questa  versione l’accento è posto sulle politiche del lavoro largamente intese, e addirittura gli interventi dedicati ai giovani sono difficilmente individuabili; entrando nel merito:

- relativamente alla Missione principale M5C2 in cui sono localizzabili le misure relative a Giovani e Politiche del lavoro, le policy sono generalizzate su tutte le fasce di età eccezion fatta per il Servizio Civile Universale. Per la parte relativa alle “politiche attive” possiamo provare a stimare, partendo dall’assunto di una ripartizione equa, la percentuale di giovani investita dai provvedimenti. Su una popolazione di inattivi pari a circa 26.576.000, i giovani tra i 15 e i 34 anni ammontano a circa 6.225.000, il 23,4%.
Assumendo che la ripartizione delle risorse dedicate (1,70 miliardi da Next Generation EU) sia lineare per fasce di età, anche nella migliore delle ipotesi alla fascia obiettivo spetterebbero circa 0,65 miliardi, contando come fattori sia le politiche attive sia il non approfondito Piano Competenze (1,10 miliardi in più).

- a questo si può sommare il valore immesso nel Servizio Civile Universale, 0,25 miliardi;
- in traccia nel resto del documento si possono trovare valori comunque poco approfonditi riservati ai Giovani imprenditori in agricoltura, sviluppo di competenze digitali, turnover nel settore editoria, finanziamento giovani ricercatori.

? Aggiornamento 7 Gennaio 2021

Il 7 gennaio è stata pubblicata una nuova suddivisione tabellare accompagnata da linee guida qualitative: la risultante, una situazione poco migliorata a livello numerico e forse ancor più sfumata in merito ai propositi.
Approfondimento quantitativo: a livello di politiche attive per il lavoro si può notare come il totale afferente al maxi piano Next Generation-Youth Policies, sia salito a 7,50 miliardi.
Purtroppo, di nuovo la ripartizione non è meglio specificata e la misura è evidentemente rivolta in maniera estesa alla questione, senza una particolare necessità di azione nei confronti dei giovani: auspichiamo chiarezza su questo fronte. Applicando di nuovo un’assunzione proporzionale e rifacendoci al 23,4% di giovani inattivi, il potenziale massimo di impatto senza un’attenzione particolare potrebbe essere di 1,7 miliardi.

Si distingue la comparsa di una voce dedicata a Fiscalità di vantaggio per lavoro al sud e nuove assunzioni di giovani e donne, che al momento è declinata in 4,47 miliardi onnicomprensivi ottenibili dal fondo React EU. non avendo a disposizione split di precisione è pressoché impossibile tracciare la suddivisione dedicata di risorse. A livello qualitativo
preme osservare come ognuna delle voci indicate (lavoro al Sud, giovani, inclusività femminile) abbia bisogno di una dicitura dedicata e difficilmente possa essere messa a sistema con le altre due, specialmente in un’ottica di fondi così limitati. Attendiamo ulteriori chiarificazioni per effettuare una necessaria ispezione quantitativa.

A completare, il valore dedicato al Servizio civile universale è risalito dal suo status precedente di 0,25 miliardi, ovvero ad un livello comparabile con quello della prima bozza. il valore, al tempo compreso tra 0,7 e 0,9 miliardi, è ora incorporato su un totale di 0,65 miliardi. Le problematiche operative di un valore attorno a quel livello sono state sopra
discusse in termini numerici.

Dal punto di vista delle succitate linee guida qualitative, purtroppo si deve sottolineare un certo contegno nel fornire informazioni che vadano oltre una dichiarazione di proposito e interesse, certamente confortante ma purtroppo che dà adito anche a preoccupazioni. I termini sono esplicitati al punto 4, nominato “Impatto del PNRR sulle priorità trasversali:
donne, giovani e Sud”. Già la nomenclatura a livello di intenti può far sollevare qualche dubbio, in quanto sebbene di certo le problematiche elencate investano una molteplicità di aree operative (e questo è riconosciuto), di certo ognuna di esse necessita l’indirizzo verso un’azione coordinata. Si ritiene che a livello metodologico una “azione giovani” debba essere prevista, per dare concretezza e univocità di risposta al tema.

Dunque, avanzando verso la definizione di precisione delle bozze, al netto della numerica emerge chiaramente l’assenza di un piano organico e coerente che indirizzi in maniera decisa la questione giovanile presa in quanto tale: ancora una volta, non solamente uno non basta, ma non basta anche il confuso indirizzo esplicativo.

4. Contesto e altri Stati europei
La situazione di contesto finora descritta è preoccupante di per sé e viene integrata dal rapporto OCSE del 2019, non lusinghiero per il nostro Paese. Questo precisa come la spesa per le Politiche Attive sia in Italia più bassa del resto dell’Unione, nonostante il tasso di disoccupazione giovanile in Italia sia tra i peggiori, pari al doppio della media europea. Il rapporto continua la sua analisi anche sul modo in cui il budget venga di norma indirizzato su misure da effetti poco efficaci e che non hanno finora dato risultati apprezzabili in termini di risoluzione dei problemi e/o di risollevamento dei principali indicatori di efficienza.

7 Inoltre, secondo Eurostat, nella fascia di età 20-34 anni, l'Italia è il paese con il più alto numero di Neet dell'Unione europea: il 27,8 per cento contro una media Ue del 16,4 per cento; i dati Istat, poi, evidenziano che nel solo anno 2019 hanno lasciato l'Italia oltre 126 mila italiani – di cui almeno 30 mila laureati – con un aumento dell’8 per cento sul 2018.

8 Parlando di punto di vista europeo, non si possono non prendere come punti di aggancio preliminare le politiche finora messe in campo da parte di alcuni paesi dell’unione nei confronti dello stesso argomento.

Prendendo due punti di riferimento, possiamo verificare come:
1) La Francia ha messo in campo circa 15 miliardi direttamente riferibili alla gioventù, nell’ottica di un piano nazionale di maggiori dimensioni - circa 100 miliardi - che contiene 40 miliardi che provenienti da Next Generation EU.

Approfondendo in senso
7 Rapporto OCSE http://www.bollettinoadapt.it/strengthening-active-labour-market-policies-in-italy/
8 https://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=1/00392&ramo=CAMERA&leg=18
di pertinenza, si segnalano le spese per l’occupazione giovanile (7,2 miliardi in vari programmi) e la salvaguardia dell’occupazione attraverso la formazione (7,6 miliardi);
2) il Portogallo riceverà 31 miliardi circa, suddivisi in risorse a fondo perduto (15,3 miliardi) a cui si aggiungono altri 15,7 miliardi in prestiti. Malgrado la frazione di fondi ricevuta rispetto all’Italia, l’investimento sulle politiche per l’impiego sarà di circa 2,7 miliardi; l’ordine di grandezza è diverso, ma ad ogni modo impegna circa l’8,7% delle risorse.

5. Impatto di COVID 19
Quanto finora riferito non tiene ancora conto delle conseguenze di impatto della crisi dovuta a COVID 19, dalle conseguenze per ora solamente ipotizzabili a livello concretamente macroeconomico.
Una descrizione generale della situazione “occupazione e giovani” è stata data dall’intervento in Mozione 1-00392 da parte dell’On. Ungaro, lo scorso novembre. Si evidenzia nella fattispecie che:
“la pandemia da Covid-19 sta provocando in Europa un aumento della disoccupazione da cui i giovani risultano essere maggiormente colpiti rispetto ai lavoratori più anziani. Molti di essi, infatti, sono occupati in settori che sono stati particolarmente penalizzati dalle conseguenze della pandemia quali il turismo, la ristorazione, le arti, l'intrattenimento, il
commercio all'ingrosso e al dettaglio, mentre altre ragazze o ragazzi ambiscono ad entrare nel mercato del lavoro proprio nel momento in cui tali settori non sono più in grado di assumere”.

L’analisi di scenario è scioccante e pone pochi dubbi sulle possibilità offerte dal futuro.
Risulta altresì evidente che non possiamo pensare di aver visto le conseguenze reali della incipiente recessione post-pandemica, per ora tenuta a bada nelle sue estrinsecazioni più preoccupanti da misure quali le integrazioni salariali o il blocco dei licenziamenti e, non sostenibili però oltre il breve termine.

Durante la medesima mozione è stato evidenziato come:
la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni recante «Sostegno all'occupazione giovanile: un ponte verso il lavoro per la prossima generazione», del 1° luglio 2020, sottolinea l'importanza che gli Stati membri e le istituzioni europee rivolgano la loro attenzione verso la prossima generazione;
la medesima comunicazione individua le principali linee di indirizzo che Unione europea e Stati membri devono attuare:
a) rafforzare le garanzie per i giovani;
b) rafforzare l'istruzione e la formazione professionale anche nell'ottica di una competitività sostenibile;
c) rafforzare con correttivi l'equità sociale e la resilienza;
d) fornire nuovo impulso agli apprendistati affinché contribuiscano a creare occupazione giovanile.

Le conseguenze della prima ondata
Nello specifico, il mercato del lavoro italiano ha subito gravi ripercussioni dopo la prima ondata pandemica. Sono 650.000 i posti di lavoro andati persi, con un calo del tasso di occupazione di 1,9 punti percentuali, dal 59,4% del secondo trimestre del 2019 al 57,5% del secondo trimestre del 2020.

9 A livello anagrafico, sempre dai dati istat si può notare come tra le fasce più colpite dalla crisi causata dal Covid-19 vi siano i giovani. Da Febbraio 2020 a Giugno il tasso di occupazione giovanile è diminuito del 2,08 % per gli appartenenti alla fascia di età 15-24, e del 3,48% per coloro che stanno tra i 25 e i 34 anni. Diminuzione che si riconferma anche nel terzo trimestre; dalla nota istat si legge “in termini tendenziali, tra i giovani di 15-34 anni si registra il più forte calo dell'occupazione e del relativo tasso (-6,0% e -2,3 punti, rispettivamente) associato al maggiore aumento della disoccupazione – sia nei valori assoluti sia nel tasso – e del tasso di inattività

10  alla ripresa congiunturale dell’occupazione in questa classe di età corrisponde il più forte aumento del numero di disoccupati e del tasso di disoccupazione e il calo più intenso di quello di inattività”.
Considerando un’ulteriore suddivisione per titolo di studio, sebbene tra il 2019 e il 2020, a causa della crisi, il numero di occupati sia calato per ogni categoria, il calo è stato due volte e mezzo maggiore per i lavoratori under 34 senza una laurea e oltre 4 volte maggiore per i più anziani.

11 Dalla Commissione Europea inoltre, arriva la conferma sull'impatto della pandemia sul mercato del lavoro nel continente. Il trend di crescita del tasso di occupazione si è invertito su tutto il territorio europeo, come emerge dai dati del secondo trimestre del 2020 presentati nella proposta di Relazione comune sull’occupazione 2021.

12 Sul territorio Italiano, all’interno della relazione, si registrano grosse criticità sul fronte dei “Neet”, (chi non cerca un impiego, non frequenta una scuola o un corso di aggiornamento professionale), del gender gap (disuguaglianza tra uomini e donne nell’accesso al mercato del lavoro e alla retribuzione) e del rapporto tra tasso di occupazione e ore lavorate, Fattori già presenti anche prima della crisi Covid-19, ma aggravati in questo mesi di pandemia.

Come su riportato, nel secondo trimestre del 2020 il rapporto tra popolazione totale compresa tra 15 e 24 anni e “Neet” è aumentato di 3 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno, portando il valore dal 18 al 21 per cento, il più alto valore su tutto il territorio dell’unione Europea. In Italia, quindi, più di un giovane su cinque in questa fascia d’età è disoccupato o inattivo.

Gli Effetti psicologici della pandemia sui giovani
Da uno studio britannico pubblicato su The Lancet Psychiatry, si evince come la pandemia abbia accentuato le differenze negli stili di vita delle persone.
In particolare, la relazione approfondisce le difficoltà affrontate dai giovani e dalla donne, Kathryn Abel dell’università di Manchester, una delle autrici della ricerca afferma: “Mentre l’infezione da covid-19 è un rischio maggiore per la salute delle persone anziane, il nostro studio suggerisce che la salute mentale dei giovani è stata colpita di più dalle misure
adottare per contrastare l’epidemia”...

6. Le richieste di UnoNonBasta
Premessa la breve analisi contestuale, le richieste di UnoNonBasta tendono, sulla base del sopra citato principio di equità, a passare dall’1% al 10% di risorse allocate alla costruzione delle premesse di una prospettiva migliore per la gioventù italiana, de facto arrivando a un investimento prospettico di circa 20 miliardi.
Le aree di miglioramento individuate sono circostanziate in tre principali filoni di azione concreti, frutto di un lavoro di analisi, ricerca, verifica fonti e assumption, così come di integrazione di proposte già presenti ove possibile.

? Facilitare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro

Due i filoni principali di questa prima azione, l’una volta a supportare l’avvicinamento lavorativo su tutte le fasce della gioventù mediante la revisione e l’implementazione di Garanzia Giovani, l’altra invece volta a curare il delicatissimo snodo di collegamento tra mondo universitario e mondo del lavoro.
A. Garanzia Giovani 2.0
L’idea è strutturare un piano di revisione per Garanzia Giovani in cui si includa il rilancio qualitativo prima che quantitativo dell’apprendistato, del servizio civile e dei tirocini retribuiti: apportare migliorie a livello operativo significa mirare ad una produttiva ed efficace allocazione dei fondi, controllare la coerenza delle proposte e definire una struttura di monitoraggio dei risultati e dell'efficacia delle misure.

Con Garanzia Giovani, istituita nel 2014, i partecipanti sono passati da 3.632 concludenti l’intervento a 179.300 nel 2016,
mostrando un trend crescente sulle possibilità di assunzione a sei mesi; nel triennio seguente i numeri sono meno confortanti: i partecipanti che hanno concluso l’intervento sono passati da 179.300 unità a 118.835 ed il tasso di occupazione ha subito una flessione (seppur leggera) passando dal 63,9% al 61,3%: il programma scaduto nel 2020 ed il suo rifinanziamento sono oggi oggetto di discussione. Sulla base dei fondi stanziati nelle tranche precedenti (2013-2016: euro 1,5 miliardi; 2017-2020: euro 1,3 miliardi) richiediamo un investimento con un ordine di grandezza sostanzialmente diverso e che si rivolga ad una platea di beneficiari ben più ampia.I fondi richiesti non devono unicamente mirare ad aumentare il numero di giovani aventi accesso al servizio, ma migliorare la qualità dell’offerta così da sostenere l’occupabilità giovanile, prima ancora della mera occupazione.

L’obiettivo è migliorare prima di tutto la qualità dell'offerta e puntare ad una maggiore resilienza dei lavoratori creando figure professionali con competenze solide, oltre al mero sostegno dell'occupabilità.
Il rilancio della Garanzia Giovani deve implicare anche il rafforzamento delle strutture territoriali, nello specifico si fa riferimento ai centri di collocamento ed impiego, attraverso la creazione di figure formate ad orientare ed accompagnare i giovani verso il loro nuovo futuro lavorativo.

15 In merito al mercato del lavoro dal punto di vista delle imprese, la Legge di Bilancio 2021 ha previsto un bonus assunzioni per coloro che non hanno ancora compiuto il trentaseiesimo anno di età, attraverso l’azzeramento dei contributi previdenziali a carico delle imprese operanti sul territorio nazionale. Nella legge, art. 4, si legge che “Per le assunzioni effettuate nel biennio 2021-2022, al fine di promuovere l’occupazione giovanile stabile, l’esonero contributivo di cui all’articolo 1, commi 100 e ss., della legge 27 dicembre 2017, n. 205, è riconosciuto nella misura del 100 per cento, per un periodo massimo di trentasei mesi, nel limite massimo di importo pari a 6.000 euro annui, con riferimento ai soggetti che alla data della prima assunzione a tempo indeterminato incentivata ai sensi del presente articolo non
abbiano compiuto il trentaseiesimo anno di età”.

Gli alti tassi di disoccupazione e inattività
giovanile registrata negli ultimi anni in Italia hanno però dimostrato l’inefficacia di bonus e sgravi fiscali a favore delle aziende - misure assistenzialistiche che non investono concretamente nella occupabilità dei ragazzi. Al contrario, creano occupabilità progetti promotori di investimenti in capitale umano, volti a migliorare e valorizzare le competenze dei giovani e che generino maggiori opportunità di un inserimento lavorativo qualificato.

17 Non chiediamo dunque bonus per l’occupazione, chiediamo politiche reali che mirino al lungo periodo, anche prevedendo obblighi di formazione per le imprese la regolarizzazione dei neo assunti con contratti stabili. Guardando ai piani di investimento francesi ed inglesi, ad esempio, non possiamo esimerci dal constatare una direzione di lavoro che sia un vero stimolo per l’occupazione giovanile: nel Regno Unito, va considerato il Government’s Plan for Jobs, atto a rilanciare nuove misure finalizzate ad incrementare l'occupazione giovanile ed in Francia è stata redatta una guida pratica per rilanciare l’apprendistato, messa a disposizione dei Centre de formation des apprentis.

Riteniamo sarebbero necessari poco meno di 8 miliardi per finanziare un programma strutturato che miri al potenziamento del capitale umano, risorsa essenziale per la crescita presente e futura del paese, ipotizzando:
- una spesa media per partecipante di circa Euro 8.750 mila da dedicare a percorsi di alta formazione o retribuzione di esperienze di lavoro sia in italia che all’estero in tutti i settori, anche quelli tradizionali, come meccanismo per l’inserimento nel mondo del lavoro;
- una copertura di circa 800 mila giovani disoccupati (71% del totale nella fascia di età 15-35 ).

B. Placement-office universitari

Di fronte al lamentato tasso di disoccupazione giovanile e alla protratta mancanza di corrispondenza tra specializzazione universitaria e mercato del lavoro nazionale, chiediamo all’Università di relazionarsi con la domanda del mercato lavorativo e di farsi carico dell'occupabilità dei giovani studenti e neolaureati che desiderano vivere e crescere nel
nostro Paese.
Il 40% della disoccupazione giovanile in Italia ha natura strutturale, e affonda le sue radici nello scarso dialogo tra sistema educativo e sistema economico

Tra tutte, una delle cause principali è il disallineamento tra capitale umano che viene formato dal sistema educativo e necessità attuali e prospettiche del sistema economico del Paese. La crisi economica evidentemente esaspera un fenomeno radicato nel nostro Paese da lungo tempo: negli ultimi vent’anni, la probabilità per un giovane sotto i 30 anni di essere disoccupato è risultata stabilmente 3,5 volte superiore alla popolazione adulta, con una media europea attestata ad un punto sotto la media italiana.

Per individuare più precisamente le cause quantitative per la difficoltà di transizione dei giovani dalla scuola al mondo del lavoro:
a) lo sbilanciamento quantitativo tra domanda delle imprese, mercato del lavoro assieme ai suoi trend e scelte dei giovani: a ragione di tale sbilanciamento sta il fatto che, al momento della selezione del percorso di studi, i giovani non hanno piena consapevolezza delle implicazioni lavorative di tale scelta. Nel prendere la decisione, solo il 38% degli studenti conoscerebbe le opportunità occupazionali offerte dai vari percorsi scolastici. Il risultato è un disallineamento tra domanda e offerta rispetto alla necessità del mercato del lavoro, a loro volta influenzate dalle scelte di investimento strategico di natura eminentemente politica

b) la carenza di competenze adeguate ai bisogni del sistema economico: Il 42% delle imprese italiane ritiene che i giovani in ingresso sul mondo del lavoro abbiano una preparazione adeguata. Nel 47% dei casi (contro una media europea pari al 33%, 18% nel Regno Unito), le aziende ritengono che tali lacune determinerebbero un impatto negativo
sulla loro attività, lamentando la carenza di competenze generali: padronanza delle lingue straniere, della matematica di base, delle capacità analitiche, intraprendenza, autonomia, etica e deontologia professionale, e di capacità di sviluppare un approccio pratico. Viene inoltre registrata una disparità di percezione tra gli attori coinvolti: imprese e studenti
concordano, a fronte di un tirocinio curricolare, sulla scarsa adeguatezza degli studi alle richieste poi sul posto di lavoro (il 43% dei giovani la ritiene adeguata), tuttavia le istituzioni la giudicano idonea al 70% dei casi.

c) l’inadeguatezza dei canali di supporto alla ricerca del lavoro: l’80% dei giovani disoccupati under 30 in Italia si avvale di un network personale (amici, parenti, conoscenti e famigliari), meno di un terzo si approccia a canali istituzionali, solo l’1% passa per i centri dell’impiego.

Un sistema di istruzione terziaria strutturato in dialogo continuo con il mercato del lavoro e responsabile del proprio “out-put” non solo è un modello efficiente, ma è anche “costituzionalmente orientato ed obbligato” , oltreché allineato ai numerosi solleciti europei

Chiediamo di destinare 210 milioni di euro (annui) per l’istituzione di uffici di collocamento universitari. Gli uffici andranno strutturati a livello dipartimentale e con un numero di personale proporzionato al numero di studenti.

La quantificazione è stata fatta considerando il numero degli studenti universitari italiani al 2020 (Dati ISTAT: 1 654 616), dividendoli per n. 300 (numero di studenti attribuiti al singolo operatore personale ATA), moltiplicando per il salario medio annuale (€ 36.000,00 lordi) e aggiungendo una stima grezza di 12 milioni di euro per spese tecniche e informatiche annesse. Vengono calcolati anche gli atenei non statali. Chiediamo di preventivare un piano quinquennale di investimento di tali risorse, al fine di poter misurare i risultati su un arco di tempo significativo.

A supporto del funzionamento operativo e per l’efficace assegnazione e tracciamento delle risorse chiediamo la modifica dell’incidenza del valore occupazionale nei criteri di valutazione del sistema universitario ANVUR ai fini dell’attribuzione del 7% del FFO ai dipartimenti di eccellenza , attestando il peso del valore occupazionale al 50%. All’interno di tale 50%, il 50% di tale valore andrà attribuito al salario medio all’ingresso sul mondo del lavoro, e l’altro 50% alla coerenza tra specializzazione di studi e occupazione.
Condizionando una parte del 7% ai valori di “occupazione” e “salario medio” si cerca di aumentare l’interesse dell’Università e del dipartimento a perseguire la piena occupabilità dei propri laureati e l’interesse ad un innalzamento del salario medio di partenza, monitorando il collocamento dei propri laureati e assistendo alla negoziazione salariale.

Le risorse per il primo punto di UnoNonBasta punto ammontano a circa 8 MILIARDI.

Orientare e formare 300.000 giovani ai nostri nuovi (e richiesti) mestieri

Il rapporto Excelsior 2020 30 di Unioncamere prevede che il mercato del lavoro italiano nel triennio 2022-2024 avrà un fabbisogno di circa 1,8 milioni di lavoratori, quasi equamente distribuiti tra laureati, diplomati e qualificati (quest’ultimo gruppo minore in termini assoluti nuovi posti di lavoro;
ma con la maggiore crescita di fabbisogno rispetto al recente passato). Il rapporto evidenzia come alla maggioranza di questi lavoratori saranno richieste competenze in ambito digitale o “green”, ovvero legate alla transizione energetico-ambientale, e si tratterà di competenze di livello avanzato rispettivamente per circa un quarto e un terzo delle assunzioni. A fronte di questa forte domanda di competenze, si evidenzia invece una notevole carenza nella loro offerta da parte della futura forza lavoro.

Si propone pertanto di orientare e formare 300mila giovani attraverso (i) percorsi di formazione qualificanti su trasformazione digitale e transizione energetico-ambientale e (ii) l’istituzione di un portale digitale con risorse di formazione sui lavori del futuro. I percorsi di formazione saranno declinati a seconda delle necessità stimate del mercato del lavoro e potranno essere svolti in presenza, attraverso piattaforme digitali o in modalità mista, in base
al tipo di insegnamento previsto. La durata della formazione è ipotizzata su una media di 480 ore, sulla base di un’ipotesi convalidata di un corso intensivo con queste finalità.
I  contenuti del portale digitale coincideranno con una parte di quelli sviluppati per i percorsi di formazione e saranno messi gratuitamente a disposizione di chiunque voglia accedervi.

Il costo medio di formazione di un giovane alle professioni del futuro negli Stati Uniti, secondo il report del 2019 “Towards a Reskilling Revolution” del World Economic Forum in collaborazione con Boston Consulting Group , è in media di 24,800 $, corrispondenti a circa 20,000 €, a persona. Considerando il maggior costo dell’istruzione qualificata negli Stati Uniti, i vantaggi derivanti da una formazione in modalità parzialmente digitale e le possibili economie di scala ottenibili su scala nazionale, si può ipotizzare un costo medio effettivo in Italia in un range di 10.000-15.000 € a persona. Prendendo il valore mediano di 12.500 € si raggiunge un totale di finanziamenti necessari di 3,75 miliardi € per la platea prevista.

Considerando ulteriori 250 milioni € per la creazione, pubblicizzazione e manutenzione della piattaforma (esclusi i costi per la creazione dei contenuti, già sostenuti nella spesa formativa di cui sopra), si raggiunge un totale di 4 miliardi €.

Le risorse per il secondo punto di UnoNonBasta punto ammontano a circa 4 MILIARDI.

" Reinserire professionalmente 350.000 giovani che attualmente non studiano né lavorano"
Si distingue sul punto di specie l’ottimo lavoro di FORMA (associazione italiana degli enti di formazione professionale). Sul punto si articolano tre principali azioni

1. per i giovani disoccupati senza titolo secondario superiore è previsto l’accesso in percorsi di lavoro e formazione contemporanea all’ultimo anno dei percorsi triennali di istruzione e formazione professionale per il conseguimento della qualifica professionale o al quarto per il conseguimento del diploma professionale, in relazione alle competenze possedute.

Impatto: attualmente si tratta di una platea di 258 mila giovani tra i 18 e i 24 anni, il 6,19 % del totale dei giovani. Si stima di intervenire per un anno su 160 mila unità, riducendo la platea del 62% e passando quindi a 2,35 % del totale dei giovani. In questo modo, la percentuale di popolazione giovanile senza titolo di studio si attesterebbe al di sotto del
10%, obiettivo fissato dall’Unione Europea.

2. per i giovani Neet con diploma di istruzione secondaria si prevede l’accesso a percorsi di apprendistato duale di terzo livello per il conseguimento di un diploma ITS quale ulteriore titolo di specializzazione rispetto al diploma per un più facile accesso al mercato del lavoro, in termini di miglioramento dell’occupabilità.

Impatto: si tratta di una platea di 394 mila disoccupati cui si aggiungono 320 mila inoccupati disponibili a lavorare (forza lavoro potenziale) per un totale di 714 mila unità. Si stima di intervenire per due anni su 70 mila giovani per raggiungere il 9,8% della platea.

3. per gli adulti privi di titolo, considerati un segmento vulnerabile della popolazione e che necessita di interventi volti sia al conseguimento del titolo stesso che di avvicinamento al mercato del lavoro e alle esigenze del sistema impresa, si prevede un anno di contratto di apprendistato formativo.

Impatto: si tratta di una platea di 847 mila adulti senza titolo di studio. Si stima di coinvolgere in un anno di percorso 100 mila persone raggiungendo il 12 % della platea.

Le risorse per il terzo punto di UnoNonBasta punto ammontano a circa 7 MILIARDI.(11/01/2021-ITL/ITNET)

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