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PATRONATI ITALIANI NEL MONDO - BREXIT - "NE VALEVA LA PENA ? SE LO CHIEDONO TUTTI NEL REGNO UNITO. ANDREA MALPASSI PRES. INCA UK E PRESIDENTE ASSOCIAZ. TRANSNAZIONALE ITACA FA IL PUNTO SULLO STATU QUO."

(2018-11-16)

  "Nonostante le affermazioni fatte a più riprese al momento attuale non sono chiari i diritti dei nostri connazionali  e di tutti i cittadini comunitari presenti nel Regno Unito"  A sottolinearlo Andrea Malpassi Presidente del Patronato INCA UK e Presidente dell'Associazione Transnazionale Itaca, che dall'Osservatorio del Patronato monitora le preoccupazioni della comunità italiana e degli altri cittadini europei nel Regno Unito. A domandarsi quali saranno, dunque, gli effetti dell'accordo raggiunto tra il Regno Unito e l'Unione Europea sono in molti ed in primis le migliaia di nostri connazionali 

"I quali - afferma  Malpassi -  si domandano se  valesse la pena di arrivare all'attuale situazione. La stessa domanda che si pongono gli stessi inglesi; dai conservatori, i cosiddetti falchi sostenitori della hard Brexit, possibilmente anche senza accordo, che chiedevano si restituisse al Paese la piena sovranità  rispetto ai propri confini, alle proprie leggi ed alla propria economia".  Ma il fatto è - fa notare il Presidente del Patronato INCA UK e di Itaca che l'accordo non prevede tutto questo.
C'è, anzi, un'ambiguità su quanto tempo ancora resterà il Paese all'interno della UE e sotto le leggi della giurisdizione dell'Unione europea. Quanto tempo perdurerà la libera circolazione delle merci, delle persone e dei capitali. Non più demandata ad un accordo tra Europa e Regno Unito ma sarà l'Unione Europea a poter decidere arbitrariamente cose che varranno anche per il Regno Unito. Per cui il Regno Unito dovrà soltanto subire".
 
Ma se valesse la pena se lo chiedono anche coloro che hanno sostenuto la May in queste trattative perchè e' chiaro che portano  a casa una sorta di Soft Brexit che ha avuto si il via libera dei Ministri inglesi ma che ha visto in poche ore le dimissioni di quattro  Ministri -chiave ,  tra i quali quello per la Brexit e quello per l’Irlanda del Nord, poichè il punto centrale di tutta questa storia riguarda il confine tra Repubblica irlandese e Nord Irlanda.

E se ne valeva veramente la pena se lo chiedono soprattutto tutti quelli che sono stati e sono contrari alla Brexit perchè oltretutto il Regno Unito porta oggi a casa delle condizioni probabilmente peggiori di quelle in cui si trivava  all'interno dell'Unione Europea. Dovrà, infatti, sborsare una cifra corrispondente all'incirca di 50 milioni di euro; non avrà sovranità nel decidere le proprie politiche economiche, nè potrà fare accordi bilaterali con i singoli stati ma trattare solo con il blocco unico della UE. E questo per il Regno Unito era invece un punto molto propagandato per le possibilità di sviluppo economico.

Inoltre,  c’è soprattutto il  nodo del confine Nord irlandese, quel tratto di terra nell’isola d’Irlanda che si è faticosamente pacificato solo con gli accordi del 1998 e che si è pacificato solo grazie alle normative europee sulla libera circolazione. Normative che avevano di fatto annullato la linea di divisione –storica, politica, culturale, sociale e religiosa- permettendo a tutti di sentirsi “vincitori”: l’Irlanda del Nord rimaneva formalmente nel Regno Unito ma l’isola viveva ormai come un unico corpo verde, senza barriere, senza controlli, senza confini. Non a caso questo era il punto più difficile nell’accordo di separazione, e non a caso è quello che –in queste stesse ore- sta creando un terremoto a Londra, perchè di fatto si dovrebbero definire delle condizioni "particolari" di libertà di circolazione fra il Regno Unito, l'isola britannica e l'Irlanda del Nord, dopo un periodo di transizione. E questa situazione è inaccettabile da parte dei fondamentalisti dell'Irlanda del Nord, gli Unionisti che sostengono il Governo May e dichiarano di non poter accettare queste condizioni.

Il confine, poi, verrebbe spostato in mezzo al mare tra l'Isola Irlandese e l'Isola Britannica  in aperto contrasto con gli auspici del sovranismo britannico, e con un possibile effetto domino sulla tenuta del resto del Paese, giacchè gli indipendentisti scozzesi, che sono pure al Governo, hanno già rivendicato lo stesso trattamento del Nord Irlanda procurando così una sorta di disgregazione del Regno Unito. 

Il percorso è, d'altra parte, in salita, Il premier May dovrà far approvare l'accordo dal Parlamento...E, in buona sostanza, vi sono rischi per la tenuta del Governo...per cui lo scenario è abbastanza imprevedibile - riconosce il Presidente di Itaca, che sottolinea come- anche a bocce ferme  sulla situazione attuale - "vi sono molte cose che non ci piacciono. anche se non è il peggiore di quelli precedentemente discussi.

La prima questione che non convince  è quella relativa all'ingresso dei cittadini comunitari nel Regno Unito . Se da una parte si sancisce che non ci saranno problemi per chi già è nel Regno Unito e per chi è in regola. Ma anche questa potrebbe essere una dichiarazione di intenti perchè sicuramente il Governo inglese avrà la possibilità di mettere altri vincoli, una richiesta di documentazione o prevedere, come sta cercando di fare, degli status particolari, ovvero non di perfetta equivalenza fra  cittadini britannici e gli immigrati, quali saremmo noi. Dopodichè, pero'  se si sancisce il principio che chi gia' c'è' puo' rimanere  è altrettanto chiaro che finito il periodo di transione i cittadini comunitari non potranno piu' rimanere a cercare lavoro ed a studiare come avviene fino ad oggi nel Regno Unito . Tanto che dichiarazioni e voci molto vicine a fonti governative ci allarmano. Una volta finito il periodo di transizione non si potra' piu' continuare a chiedere l'accesso od andare li' a studiare. Bisognerà chiedere visti ed altri documenti particolari, tra i quali - lo chiamano così - il "visto del barista", perchè deve svolgere lavori più umili "....


Perché l’accordo siglato dalla May prevede –contrariamente a quanto promesso fino ad ora- proprio uno status particolare per l’Irlanda del Nord rispetto al resto del Regno.

Prevede che non si torni ad un confine, ad una barriera, né fisica né doganale, la quale verrebbe spostata nel Mare d’Irlanda: un confine interno, dunque, tra Irlanda del Nord e Isola Britannica. Un confine interno imposto dall’Europa ad uno Stato che ha scelto di uscire dall’Europa per tornare “padrona dei propri confini”…

Non dimenticando che il Governo May si tiene in vita con i 10 indispensabili voti del DUP (il Partito unionista del Nord Irlanda) e che il DUP vede in questa soluzione una separazione de facto dal Regno e, dunque, una sua sconfitta storica. Inaccettabile. Per tradurre: impossibile da votare in Parlamento.

E non dimenticando, poi, che il Primo Ministro Scozzese –la Nicola Sturgeon del Partito Nazionale Scozzese- ha già chiarito da tempo che, qualsiasi soluzione “particolare” si dovesse individuare per l’Irlanda del Nord, pretenderà immediatamente che sia applicata anche per la Scozia. Disegnando così una sorta di disgregazione regionale del Regno Unito nelle relazioni con l’Europa, nei trattati economici, nella libera circolazione, nel controllo doganale.

“Ne valeva davvero la pena?” è la domanda che ovviamente ci poniamo anche noi, ragionando sulla nostra parte di interesse specifico, sul compito che ci è assegnato: la condizione dei nostri connazionali nel Paese e la possibilità che altri vi possano accedere per lavorare, studiare, vivere come vogliono. Si scrive nell’accordo che il “divorzio” non toccherà la possibilità per chi è già residente nel Regno Unito di rimanervi: ma nulla si dice sulle possibilità di creare successivamente distinzioni in materia di diritti sociali, diritti civili, trattamento economico o accesso alla sanità tra “nativi” ed “immigrati”. Si dice che –nella fase di transizione- per i cittadini comunitari sarà ancora possibile entrare nel Regno Unito: ma si afferma che dopo “cambierà tutto”, le frontiere saranno chiuse a chi cerca lavoro e saranno controllate anche per chi arriva per studiare. Si dice, appunto: perché ad oggi regna sovrana l’incertezza, l’insicurezza, l’estrema difficoltà di capire cosa davvero potrà accadere.

Con una terribile “perla”, che dovrebbe farci riflettere moltissimo: tanta è la consapevolezza di come l’economia britannica –ma anche il way of life britannico- sia oggi sostenuta dai nostri concittadini italiani ed europei lì emigrati, che sembra prefigurarsi quello che –con espressione infelice dei media locali- è chiamato il “visto da barista”: un visto specifico per lavori più umili, meno retribuiti, meno tutelati.

Ci sia permesso di dirlo tra parentesi: nel momento in cui in Italia, a fronte di una nuova emigrazione composta ormai da centinaia di migliaia di italiani l’anno, c’è una parte del mondo politico che ricomincia a marginalizzare il fenomeno con l’espressione “fuga dei cervelli” (per limitarlo così a pochi professionisti con titolo di studio altisonante e lavori “alti” e ben retribuiti e –dunque- per ignorare quella massa di connazionali che ha bisogno di sostegno, tutele e diritti), ebbene è opportuno sapere che per i nostri “cervelli” stanno prevedendo solo “visti da baristi”....(16/11/2018-Copyrigt- ITL/ITNET)

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