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LAVORO - OCCUPAZIONE - REPORT FONDAZ. DI VITTORIO "NEL I° TRIMESTRE 2018 NUMERO OCCUPATI =PRECRISI . BIRINDELLI(FDV): "NON COSI' PER NUMERO DI ORE LAVORATE E PIL"

(2018-06-15)

  Nel 1° trimestre 2018 il numero degli occupati ritorna ai livelli precedenti la crisi, ma lo stesso non avviene per la quantità di ore lavorate. E' quanto emerge dal report “Ore lavorate e Pil dieci anni dopo” elaborato dalla Fondazione Giuseppe Di Vittorio, che verrà presentato Martedì 19 giugno, presso la sede della Cgil nazionale in un convegno dal titolo "Il peso delle diseguaglianze" .

Secondo il report, curato da Lorenzo Birindelli, "il numero di persone occupate recupera il livello massimo toccato prima della crisi, ma, nello stesso tempo, va segnalato che la quantità di lavoro effettivamente prestata nel primo trimestre 2018 è ancora inferiore di 693 milioni di ore a quella dello stesso trimestre del 2008; tale differenza corrisponde a -1,2 milioni di unità di lavoro equivalenti a tempo pieno (ULA), che rappresentano il numero di ore necessario per coprire continuativamente ad un orario standard un posto di lavoro”.

“La divaricazione tra l’andamento delle ore e quello degli occupati - secondo il presidente Fulvio Fammoni - segnala, assieme ai dati sul tempo determinato e sul part time involontario, il peggioramento della qualità dell’occupazione”.

Gli occupati a tempo determinato nel 1° trimestre del 2018 sono, infatti, 2,92 milioni, circa 600 mila in più rispetto allo stesso periodo del 2008. Sempre nel 1° trimestre 2018, il part-time (di cui oltre il 64% involontario) si attesta, invece, a quota 4,27 milioni, un milione in più rispetto allo stesso periodo del 2008.

Un elemento ulteriore, utile a comprendere le tendenze in atto nel lavoro, è la relazione tra l’andamento del Pil e le ore lavorate. Nel 1° trimestre 2018 il Pil è inferiore del 5,5% rispetto al livello di dieci anni prima e le ore lavorate del 6%.

“Questi numeri - sottolinea Fammoni - confermano che quantità e qualità del lavoro sono prevalentemente legate ai meccanismi dello sviluppo e molto meno ad interventi normativi o di temporanea incentivazione”.

Afferma il Report " Nei Conti Economici Trimestrali ISTAT diffusi all’inizio del mese di Giugno, è presente l’indicatore del flusso di lavoro utilizzato nei processi produttivi: le ore lavorate.
Tale indicatore risulta più “sensibile” rispetto a quello rappresentato dai soli occupati, che possono - nel caso estremo – essere tali anche avendo lavorato solo un’ora nella settimana di riferimento (secondo la definizione della Rilevazione sulle Forze di Lavoro).
Si tratta, infatti, di un indicatore che non risente della distribuzione delle ore a livello individuale, in primo luogo con il part-time, ma anche con i vuoti di attività lavorativi legati alle forme di precariato. Si può così verificare che, se il numero di occupati recupera i livelli pre-crisi, lo stesso non avviene per la quantità di ore lavorate.

Il dato del 1° trimestre del 2018 sul lavoro dipendente della Rilevazione sulle Forze di Lavoro risente della crescita di quello a tempo determinato, che tocca il massimo storico (valori destagionalizzati) di 2,92 milioni di occupati, circa 600 mila in più del massimo pre-crisi raggiunto nel primo trimestre 2008. Il tempo indeterminato si colloca, invece, sostanzialmente, sui livelli di dieci anni fa.

Sempre nel primo trimestre 2018, il part-time si attesta complessivamente su quota 4,27 milioni, un milione in più del primo trimestre 2008. Il part-time involontario arriva a 2,74 milioni, che oltre a rappresentare un massimo storico, si colloca 1 milione e mezzo oltre il livello del primo trimestre 2008. Nella media 2017 (il dato più recente disponibile sul sito dell’ISTAT), 853 mila dipendenti a tempo determinato sono anche a parttime, anche in questo caso si tratta di un massimo storico.
È corretto affermare che il numero di persone occupate (quelle che in gergo si chiamano teste) recuperano il livello massimo toccato prima della crisi, ma, nello stesso tempo, va segnalato che la quantità di lavoro effettivamente prestata nel primo trimestre 2018 è ancora inferiore di -693 milioni di ore a quella dello stesso trimestre del 2008; tale differenza corrisponde a -1,2 milioni di unità di lavoro equivalenti a tempo pieno (ULA), che rappresentano il numero di ore necessario per coprire continuativamente ad un orario standard un posto di lavoro. La divaricazione tra l’andamento delle ore e quello degli occupati segnala, assieme ai dati sul tempo determinato e sul part time involontario, il peggioramento della qualità dell’occupazione.

Un elemento ulteriore, utile a comprendere le tendenze in atto nel lavoro è la relazione che lega l’andamento del Prodotto Interno Lordo (PIL) alle ore lavorate, che dalla Figura 1 risulta piuttosto evidente.
Solo nella fase iniziale, piuttosto convulsa, della Grande recessione, PIL e ore lavorate hanno avuto andamenti differenziati, riallineandosi comunque già nella seconda metà del 2010. Successivamente, le due grandezze, pur con qualche momentaneo scostamento, hanno marciato di pari passo, con un guadagno del PIL sulle ore, in lieve flessione, nel primo trimestre 2018, mentre il contrario (ore che crescono più del PIL) si era verificato a cavallo tra il 2015 ed il 2016, in concomitanza con il rush per usufruire dell’esonero contributivo 2015.

Va in questo ambito ricordato l’andamento degli investimenti produttivi (escludendo dal totale degli investimenti fissi lordi l’edilizia residenziale), che, dopo essere calati del 30% dall’inizio del 2008 al 2013, restano, nonostante la successiva ripresa, nei trimestri più recenti ancora 17-18 punti sotto i livelli ante-crisi.
La flessione degli investimenti non può non aver avuto un impatto sui livelli occupazionali, come anche sulla produttività e sulla competitività del Paese.
Il PIL, nel primo trimestre del 2018, è inferiore del -5,5% al livello di 10 anni prima e le ore lavorate del -6% (con una distinzione per posizione professionale: -2,2% i dipendenti e -14% gli indipendenti).

Anche sulla base di questi semplici confronti, afferma quindi il Report della Fondazione di Vittorio, vi sono sufficienti indizi per ritenere che quantità e qualità del lavoro siano prevalentemente legati ai meccanismi dello sviluppo e molto meno agli interventi normativi o di temporanea  incentivazione.
Per migliorare la qualità del lavoro e recuperare “le ore perdute” sarebbe necessaria una crescita ben più sostenuta, in termini di qualità della produzione ed investimenti, di quella che fin qui ha caratterizzato la fase di ripresa.

I lavori del Convegno saranno aperti dal Presidente della Fondazione Di Vittorio, Fulvio Fammoni, che presenterà una sintesi della ricerca sulle diseguaglianze nell'occupazione.

All'iniziativa, organizzata dalla Fondazione Di Vittorio, parteciperanno, inoltre, Carlo Buttaroni (Presidente Tecnè), Pier Giorgio Ardeni (Presidente Istituto Cattaneo), Massimiliano Tarantino (Segretario Generale Fondazione Feltrinelli), Enrico Giovannini (Portavoce ASVIS). Concluderà l'incontro, Susanna Camusso, Segretario generale della Cgil.(15/06/2018-ITL/ITNET)

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