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IMMIGRAZIONE - MIGRAZIONI E DIVIDENDO DEMOGRAFICO: EMIGRARE E' UN'AFFERMAZIONE POLITICA CHE NASCE DA ABBANDONO DELLO STATO. NON SONO I PIU' POVERI MA I PIU' FORMATI"

(2018-05-23)


Molti i relatori del  convegno 'Migrazione e dividendo demografico: Mobilita’ dell'Africa Sub-Sahariana’' fra cui studiosi, professori universitari e rappresentanti di istituzioni internazionali.  (VEDI, anche http://www.italiannetwork.it/news.aspx?ln=it&id=53206).
Organizzato dal MAECI  e dal Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA), in collaborazione con l'Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo (AIDOS) e con il sostegno dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS), il seminario e’ uno degli eventi del Festival dello sviluppo Sostenibile, promosso annualmente dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) per diffondere una cultura della sostenibilità nella società italiana.

Sulla difficolta’ di tracciare degli assunti sulla mobilita' in un mondo che cambia si e’ soffermato Federico Soda, Direttore IOM (International Organization for Migration).
“Spesso si lega la mancanza di opportunità economiche alla mobilita’. Ci sono legami ma non sono cosi diretti. Tendiamo a pensare che possiamo ridurre questa mobilita’ aumentando istruzione e le opportunità economiche. Spesso si tendono a semplificare delle situazioni ed e’ questo che stiamo facendo. Negli ultimi quindici  anni il tasso di mortalità infantile e’ sceso ed il tasso di fertilità e’ rimasto alto specialmente in Africa Occidentale. E la popolazione africana si stima raddoppiera’ nei prossimi 30 anni.

La piu’ grande esplosione demografica avverra’ proprio nella fascia subsahariana e sulla base di questi dati pensiamo che tutti si sposteranno in Europa. In realta’ una popolazione che cresce non comporta necessariamente piu’ mobilita’. Considerando che c'é stato un boom demografico in Africa in questi ultimi anni, in confronto il tasso di migrazione africana e’ rimasto stabile. E gia’ questo mi porta a dubitare di alcuni assunti. Inoltre la migrazione rimane confinata in aree limitrofe e in altri paesi africani. I migranti che arrivano in Europa sono una goccia, anche se poi spaventano tanto gli europei e vengono strumentalizzati a fini politici. Lo scorso anno sono arrivati 170.000 migranti in Grecia, Spagna e Italia. E questo non puo’ essere un vero problema,” ha affermato Soda sottolineando che il tasso di disoccupazione nei paesi della fascia subsahariana si attesta intorno al 7% e all’11% per i giovani.

“Parliamo di una zona povera in termini di reddito pro capite, ma questa regione non ha una disoccupazione cronica, forse molte persone sono sottoccupate e hanno un lavoro non qualificato pero’ questo non significa che in quell'area non c’e’ lavoro. Ci sono forse aspettative deluse e forse e’ questo che contribuisce alla mobilita’,” ha precisato Soda soffermandosi anche sul tema dell’istruzione.

“Secondo alcune ricerche, inoltre, il 40% dei migranti arrivati in Italia nel 2016 ha un'istruzione superiore. E l'idea che siano soprattutto i piu' poveri dei poveri a lasciare il loro paese non sembra vera: questa fascia di popolazione infatti non ha le risorse per partire. Chi si sposta spesso ha quindi gia’ una formazione ma cerca migliori opportunita’. La mobilita’ quindi non e’ necessariamente figlia della disoccupazione. La migrazione e’ un investimento e la famiglia sceglie di mandare quel membro della famiglia che e’ piu’ adattibile e preparato, che riesce poi ad inviare soldi alla famiglia. Quindi dobbiamo essere cauti rispetto a diverse assunti che abbiamo,” ha concluso Soda.

Tra i relatori Cleophas Adrien Diona, Rappresentante di Diasporas, che ha parlato della sua esperienza con i migranti e delle loro delusioni.
“Molti dei migranti che incontro ammettono che stavano meglio nei loro paesi di origine. Molti sono giovanissimi, alcuni addirittura minorenni. E questa gioventu’, devo dire non molto formata, che deve essere una forza, diventa invece un problema perché scappare da casa per realizzare un sogno e rendersi conto che il sogno non c'é, genera grande delusione,” ha affermato Cleophas.

Mabingue Ngom, Regional Director for the West Africa Regions and Central, si e’ invece focalizzato sulla difficolta’ di creare ricchezza in alcuni paesi africani.
‘In alcune zone della fascia subsaharina le condizioni di vita sono difficili, c’e’ una persona attiva su nove inattive e non saremo mai capaci di trovare lavoro a tutti i giovani. Ogni paese di questa zona dovrebbe investire tre volte tanto della sua ricchezza per offrire istruzione a tutti e questo e’ impossibile. Bisogna scegliere su quali problemi concentrarsi e la pianificazione familiare e’ uno dei fattori su cui puntare per riuscire a sconfiggere l’alto tasso di natalita’," ha osservato Mabingue Ngom.

Di uguaglianza di genere ha parlato  Maria Grazia Panunzi, Presidente Aidos.
“Tutte le possibili politiche per il dividendo demografico non avranno nessun effetto se non viene messo al centro il raggiungimento dell’uguaglianza di genere. E’ una premessa indispensabile per raggiungere anche lo sviluppo sostenibile. La maggior parte della popolazione giovanile infatti e’ femminile, la condizione che le ragazze vivono non e’ neutra e le discriminazioni, sin dalla nascita, sono molte. Basti pensare all’istruzione sia primaria che secondaria a cui molto spesso non hanno accesso, alle pratiche delle mutilazioni femminili e ai matrimoni forzati: tutti fenomeni che allontano le ragazze da quegli standard di qualita’ di vita che tutti  e tutte dovremmo poter avere. Esiste quindi una doppia discriminazione: essere giovani ed essere donne. E’ indispensabile quindi un approccio di genere,” ha esordito Panunzi, soffermandosi anche sulla necessita’ di proteggere la salute delle donne e sulla violenza perpetua verso di loro.
“La generazione di adolescenti piu’ numerosa della storia ha esigenze di salute e di leggi che agevolino la rimozione di ostacoli. C'é poi il problema della violenza di genere. Questa e’ ovunque certo, ma in Africa il 36% delle donne sono abusate e le piu’ vulnerabili sono le bambine. La violenza non e’ un’emergenza ma un fenomeno strutturale e va trattata con l’informazione e l'istruzione. Si stima per esempio che i parti precoci diminuirebbero del 59%  e il tasso di fertilita'del 42%  se le ragazze fossero adeguatamente informate sulla salute,” ha affermato Panunzi.

Delle persone che scelgono di rimanere in Africa ha parlato invece Luisa Enria, ricercatrice all'Oxford School of Anthropology, che ha condotto delle ricerche in Sierra Leone per dieci anni.
“Mi sono occupata di giovani disoccupati e ho monitorato le loro aspettative  prima e dopo la crisi di ebola. Ho riscontrato che dopo la fine della guerra civile che aveva sconvolto il paese c’era la speranza di un futuro, di un cambiamento. Una speranza che e’ del tutto scomparsa dopo la fine della crisi di ebola. Quello che lamentano i giovani  e’ soprattuto una mancanza di partecipazione nei processi decisionali, vorrebbero essere dei cittadini pienamente coinvolti ed esprimere il loro parere anche su tematiche nazionali ed internazionali,” ha spiegato Enria.

“C’é un fallimento del contratto sociale e i giovani sanno gia’ che le loro aspettative di un’occupazione o di un futuro migliore non si avvereranno mai. In fondo la scelta di emigrare e’ un’affermazione politica che nasce dall’abbandono da parte dello Stato. E’ dunque necessario ridare a questi giovani la possiibilita’ di immaginare e rimodellare un futuro e questo non può essere fatto senza un approccio olistico che deve prendere in considerazione anche l’aspetto economico,” ha concluso Enria.(23/05/2018- L.G.-ITL/ITNET)

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