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RICERCA SCIENTIFICA IN ITALIA - RAPPORTO ISTAT 2018 CONOSCENZA IN ITALIA: NEL 2015 1,3 PIL CONTRO 2,0% PAESI UE . 60% SPESA IN LOMBARDIA, LAZIO, PIEMONTE, EM. ROMAGNA - RICERCA & SVILUPPO

(2018-02-22)

  Rapporto che l’Istat ha presentato oggi propone, per la prima volta, una lettura integrata delle diverse dimensioni della creazione, della trasmissione e dell’uso della conoscenza nella vita delle persone e nell’economia.

- L’intensità della spesa in ricerca e sviluppo (R&S) in Italia, anche se aumentata durante la crisi, continua a essere inferiore a quella delle altre maggiori economie europee (nel 2015, 1,3% del Pil contro una media poco superiore al 2,0% per l’Ue), con eccezione della Spagna. Il divario, che riguarda la spesa sia delle imprese sia dell’Università e dei centri di ricerca pubblici, si attenua se si considerano gli addetti (1,8% contro 2,0% medio nell’Ue) e l’output brevettuale.

Circa il 60% della spesa in R&S nazionale è concentrata in Lombardia, Lazio, Piemonte ed Emilia-Romagna. In rapporto al Pil, spicca la performance del Piemonte (2,2%), dove è molto rilevante l’attività di R&S delle imprese.

- La spesa in R&S delle imprese è per circa un quarto effettuata dalle controllate nazionali di aziende estere. Complessivamente, l’intensità di spesa in R&S in Italia è inferiore ma comparabile a quella della Germania – paese di riferimento – in quasi tutti i settori a media e alta tecnologia (ambito, questo, in cui più forte è la presenza delle controllate di imprese estere), a eccezione della chimica e della farmaceutica. Come per la Spagna, la spesa è invece più elevata rispetto alla Germania nei settori di specializzazione tradizionale, quali il tessile-abbigliamento e l’industria
alimentare.

-  L’output brevettuale riflette le caratteristiche della specializzazione produttiva. Rispetto alla media Ue le domande per invenzioni sono in proporzione più che doppie per il settore del tessileabbigliamento-pelletteria mentre cresce la specializzazione nei brevetti per l’industria alimentare.

Tuttavia, considerando anche il numero di brevetti, le aree di gran lunga dominanti sono quelle dei macchinari e attrezzature, delle apparecchiature elettriche, dei mobili e altra manifattura (gioielleria, articoli sportivi, ecc.) che, insieme, nel 2013 rappresentano il 51,9% delle domande nazionali di brevetto (in aumento dal 47,3% nel 2007).

-  Gli investimenti immateriali (ricerca e sviluppo capitalizzata e software) nel 2016 hanno superato il 20% degli investimenti totali. In Italia, stante l’intensità relativamente modesta della spesa in ricerca, questa quota è al 16,6%, inferiore di oltre tre punti rispetto all’Ue. Nel confronto con il 2007, la quota di questi investimenti sul totale è aumentata di quasi 6 punti percentuali per l’insieme dell’Ue e di oltre 5 punti in Italia. Nel nostro Paese, il volume degli investimenti immateriali è cresciuto nonostante la crisi.

-  La forza della specializzazione italiana si osserva nell’intensità elevata di marchi e disegni industriali, per i quali le imprese italiane continuano a mantenere una posizione di primo piano (nel 2016, le domande di marchi italiane all’Ufficio europeo per la proprietà intellettuale sono state circa 9mila su 69 mila dall’Ue), con un rafforzamento in alcuni ambiti a elevata intensità di conoscenza che segnano un’evoluzione positiva nella capacità competitiva nazionale.

- La qualità delle pubblicazioni scientifiche degli autori affiliati a istituzioni nazionali, misurata attraverso le citazioni da parte di altri autori, è elevata e crescente in diversi ambiti disciplinari.
Questa buona performance è frutto di un miglioramento sia nel numero sia nella qualità relativa delle pubblicazioni prodotte, in particolare in alcune branche scientifiche di interesse in termini di innovazione, quali la biologia molecolare, le scienze dei materiali o l’informatica.

- Considerando però i flussi internazionali di conoscenza attraverso le risorse umane, il saldo è negativo sia per l’attività inventiva (i brevetti con inventori residenti in Italia per conto di imprese estere superano quelli delle nostre imprese all’estero), sia nelle affiliazioni di autori (sono più quelli che vanno all’estero di quelli che entrano o tornano), sia nei flussi migratori della popolazione.(22/02/2018-ITL/ITNET)

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