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PATRONATI ITALIANI NEL MONDO - BILANCIO INCA 2017 - PRES. PICCININI (INCA) : "SONO CAMBIATE TANTE COSE IN QUESTI QUATTRO ANNI...."

(2017-07-06)

A distanza di quattro anni dall’ultimo Bilancio sociale sono cambiate tante cose, sia nella organizzazione del welfare pubblico e privato, sia nella regolamentazione dei Patronati." Lo afferma la Presidente del Patronato INCA CGIL nella presentazione del Bilancio 2017, che accompagna il testo arricchito da tabelle, infografiche e numeri. Tanti numeri sull'attivita' e l'impegno dell'INCA in Italia ed all'estero.

Di seguito il testo della presentazione, che accompagna il Bilancio Sociale. 

Intervento della Presidente Morena Piccinini (video: http://www.italiannetwork.it/video.aspx?id=2496)

"Da un lato, la domanda di tutela individuale sulle materie previdenziali e socio assistenziali è cresciuta in modo consistente. La profonda rivisitazione degli ammortizzatori sociali, i continui interventi sulle pensioni e il moltiplicarsi di misure di welfare, sotto forma di bonus, accompagnati da una accelerazione del processo di telematizzazione per l’inoltro delle richieste agli Enti previdenziali per il riconoscimento delle prestazioni, hanno amplificato gli ambiti di intervento del nostro Patronato.  Alle tradizionali pratiche se ne sono aggiunte delle altre, anche inedite, che disegnano un quadro generale estremamente complesso, nel quale l’Inca ha continuato ad agire con professionalità e competenza, pur dovendo far fronte ad una consistente riduzione delle risorse economiche.

Di converso, la decisione dei Governi, che si sono succeduti negli ulti anni, con un Parlamento a maggioranza di centro sinistra, di tagliare il Fondo Patronati di 50 milioni di euro con le due leggi di Stabilità 2015 e 2016 ha ulteriormente allargato la forbice tra le attività finanziate e quelle per le quali non riceve alcun rimborso ministeriale. Oramai la soglia indica che solo 3 pratiche aperte su 10 hanno una qualche forma di riconoscimento. Le pesanti riduzioni delle risorse non hanno soltanto conseguenze negli anni, cui si riferiscono ma, essendo strutturali, avranno un effetto moltiplicatore.

In terzo luogo, la tanto invocata e sollecitata riforma dei Patronati si è tradotta in un “cartello pubblicitario”, composto di cinque decreti applicativi, per soddisfare le intenzioni di chi intendeva infliggere un duro colpo ai corpi intermedi, ai quali si rimprovera di agire indisturbati senza alcuna regolamentazione ignorando, al contempo, l’enorme affluenza di milioni di cittadini e cittadine che ogni anno si rivolgono ai Patronati per risolvere pratiche, per le quali Pubbliche amministrazioni si mostrano sempre più impreparate.

E’ rimasto lettera morta l’obiettivo di ridurre il numero dei Patronati con criteri di effettiva e qualificata presenza sul territorio: il panorama è pressoché invariato; anzi, sono aumentate situazioni di promiscuità di faccendieri/consulenti che esplicitamente erogano prestazioni a pagamento, attraverso convenzioni con Istituti compiacenti. Lo stesso decreto qualità, sul quale si era tanto investito per fare chiarezza, è rimasto incompiuto. Così pure, mentre si estende la gamma dei servizi che i Patronati possono offrire, non si è fatto nulla per chiarire come gestirli. Infatti, mentre la legge delega attribuisce nuovi ambiti di esercizio, i relativi decreti attuativi nulla aggiungono rispetto a quanto già indicato nella modifica alla legge n. 152/01, fatta con la legge di Stabilità di 3 anni fa, lasciando nell’indeterminatezza e incertezza circa i comportamenti corretti da tenere. In modo del tutto inedito rispetto al passato, su tutta la partita del cambiamento, non c’è stata alcuna circolare ministeriale, né mai alcun confronto; tant’è che la stessa Commissione prevista dall’articolo 14 (legge 152), composta da Ministero del lavoro, Enti previdenziali e Patronati, negli ultimi 3
anni non è stata mai convocata.

Al momento, non c’è neppure nessuna rassicurazione da parte degli organi competenti (Ministeri del lavoro e dell’Economia) circa il permanere dell’esonero fiscale di queste attività, che gli Istituti di Patronato scelgono di svolgere non in una dimensione commerciale o di mercato, ma nell’ambito del loro ruolo di Enti privati di pubblica utilità, così come recita la legge istitutiva (n.152/01). I cinque decreti applicativi, che configurano l’attuale riforma, appaiono sempre più astratti e lasciano nell’incertezza ogni buona azione.

In questo modo, è come aver messo a disposizione dei Patronati una bicicletta con le ruote sgonfie, ovvero un mezzo del tutto inadeguato, che non porta da nessuna parte e che anzi potrebbe addirittura indurre questi Istituti ad incidenti di percorso. La pericolosità di tutta questa incertezza non è solo data dalle difficoltà di ogni singolo Patronato nel fare le proprie scelte organizzative, quanto dal fatto che al Governo o al Parlamento, qualcuno pensi di aver già messo a disposizione tante e tali opportunità di “mercato”, da immaginarsi in un prossimo futuro un’ulteriore riduzione delle risorse del fondo.

In una situazione così drammatica, la Cgil e le Camere del Lavoro si sono fatte carico di un onere sempre maggiore per evitare le riduzioni del personale, le chiusure di uffici e la compressione della capacità di tutela individuale di Inca. Questo orientamento è stato confermato e rafforzato lo scorso 22 dicembre, dal Comitato direttivo confederale, in una delibera con la quale la Cgil, insieme alle categorie, ha deciso di mettere a disposizione ingenti risorse economiche per sostenere il suo Patronato. Risorse che ovviamente derivano solo ed esclusivamente dai contributi versati dagli iscritti al sindacato.

Una decisione importante che, nel confermare l’impegno di tutta l’organizzazione in favore di Inca, confuta anche un antico e odioso luogo comune, alimentato da chi vuole danneggiare le organizzazioni sindacali, di considerare il Patronato il soggetto finanziatore della confederazione promotrice. Non è mai stato cosi e, anzi, oggi è sempre più consistente il contributo che gli iscritti alla Cgil pagano affinché non venga messa in discussione la tutela individuale e universalistica esercitata da Inca; quella tutela per la quale il Governo e il Parlamento hanno negato risorse.

Noi, con la nostra forza, abbiamo rifiutato la dimensione commerciale della nostra attività. Lo abbiamo fatto perché siamo convinti che l’esercizio di un diritto, sia esso legato al lavoro o alla cittadinanza, è inalienabile e non soggetto alle leggi di mercato o alla capacità di spesa individuale. Una deriva che, purtroppo, dobbiamo constatare è insita nella riduzione del welfare universalistico e nella contemporanea frammentazione delle prestazioni, sotto forma di bonus, che si sono affermate nelle misure approntate dagli ultimi Governi.

In questo contesto generale, rivendichiamo con convinzione che proprio perché gli iscritti stanno contribuendo in modo così rilevante al mantenimento dell’attività di tutela individuale di Inca è importante assumere e generalizzare la richiesta, rivolta a chi non ha ancora aderito al sindacato, di un contributo volontario come un valore per permettere la prosecuzione di questa importante funzione sociale.

A testa alta rivendichiamo il rafforzamento associativo e identitario con la Cgil e altrettanto a testa alta rivendichiamo la piena attuazione dell’articolo 13 della legge istitutiva del patronato n. 152/01, che prevede la possibilità di ricevere contributi volontari, come forma di finanziamento, ai quali intendiamo invitare prevalentemente i non iscritti al nostro sindacato.

Siamo consapevoli che questo non rappresenta una soluzione strutturale dei problemi. Le questioni legate alla funzionalità degli Istituti di Patronato restano intatti. E’ indispensabile che il Governo e gli organi preposti rispettino gli impegni assunti con i decreti attuativi di riforma e che dotino i Patronati dei mezzi necessari per operare davvero in trasparenza al servizio dei cittadini e delle cittadine che, sempre più numerosi vi si rivolgono.

Infine, in questi anni, l’Inca ha continuato e intensificato un percorso di riorganizzazione interna, nonché formativo e informativo, che tiene conto dei mutati atteggiamenti delle persone, le quali non si considerano più semplici utenti, a cui non è data la possibilità di decidere a chi rivolgersi, ma clienti in grado di poter scegliere tra i vari Patronati, sulla base di molti fattori: professionalità, capacità di ascolto, di accoglienza, di empatia, di efficienza e di orientamento.

In questi anni, abbiamo lavorato su questi elementi mantenendo alto il profilo delle professionalità, investendo sulla riorganizzazione degli uffici, lavorando sull’accoglienza, sui servizi dedicati per appuntamento, sul monitoraggio del livello di soddisfazione individuale e sullo sviluppo di figure “polifunzionali”, in grado di dare una prima risposta all’insieme dei bisogni esposti e anche a quelli inespressi, ma pur sempre esigibili.

I quattro “pacchetti consulenziali” (previdenziale, genitoriale, per il riconoscimento dell’handicap e l’ultimo dedicato alle persone straniere), con cui viene suddivisa l’attività complessiva di Inca, rispondono allo scopo di accompagnare le persone e le famiglie nei loro percorsi di vita e di lavoro, che si snodano in un arco di tempo ben più prolungato rispetto a quello di una singola pratica, per la quale chiedono un nostro intervento.

L’obiettivo è quello di diventare un soggetto capace di fornire, oltre alla tutela individuale, una consulenza sempre più specialistica su welfare nazionale, territoriale e contrattuale, nonché sui problemi connessi alla salute nei luoghi di lavoro e nelle condizioni di vita. Il percorso sul welfare aziendale, a cui si fa sempre più ricorso nelle negoziazioni contrattuali, è già stato avviato e l’Inca ha messo a disposizione le proprie competenze per misurare l’impatto che queste misure di protezione sociale hanno sulle future prestazioni pensionistiche individuali; competenza che ora va allargata anche a tutto l’ambito della integrazione sanitaria." (06/07/2017-ITL/ITNET)

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