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MIGRANTI - JUS SOLI - SCHIAVONE(SEGR.GEN.CGIE): "A CHI FA PAURA LO JUS SOLI ? BLOCCA CAMBIAMENTO , ... ESPONE A MARGINALIZZAZIONE PROCESSI GEO POLITICI...RICONOSCIMENTO JUS SANGUINIS"

(2017-06-20)

  "A chi fa paura lo ius soli ?  Se lo chiede Michele Schiavone, segretario del Consiglio Generale degli Italiani all'estero oltre che Segretario del PD nella Confederazione Elvetica.

Riscontra Schiavone "Il diritto di cittadinanza da estendere ai nuovi italiani, nati in Italia da genitori stranieri o scolarizzati nel nostro Paese, è diventato argomento di feroce contesa politica parlamentare, alla quale sono seguite manifestazioni di forze e movimenti politici radicali fuori da Palazzo Madama, sede del Senato della repubblica italiana e un agguerrito dibattito nel paese. Le scene di violenza verbale e l’eccessivo accanimento politico al quale stiamo assistendo mortifica le istituzioni, rende difficile la discussione parlamentare e la convivenza civile, nuoce all’immagine dell’Italia.

  Questo tema divide il paese, crea tensioni, inasprisce gli animi nei fronti due alimentando anche aspettative e disincanto. Semplicemente, è lo specchio delle vicissitudini italiane e delle resistenze a qualsiasi forma di cambiamento e di riforma del nostro ordinamento, che tutti sollecitano e pregiudizialmente molti avversano per speculazioni elettorali, anteponendo l’egoismo di parte al bene comune.

Bloccare il necessario cambiamento avviato in questi ultimi anni nel nostro paese, rendendolo ostaggio di tatticismi politici, oltre a minarne il progresso civile e materiale lo espone alla marginalizzazione nei processi geopolitici, che vanno
delineandosi dopo gli avvicendamenti alla guida degli Stati Uniti d’America, della Francia e del Regno Unito non aiuta l’Italia a normalizzare i rapporti tra i rappresentanti e i rappresentati, semplicemente ne mortifica lo sviluppo sociale e
culturale.

L’estensione della cittadinanza agli stranieri nati sul territorio italiano o ivi scolarizzati avvicinerebbe il diritto del nostro paese a quello in uso in Francia, in Germania e nel Regno Unito, per non scomodarsi ad alzare lo sguardo in altri continenti, anche se sull’argomento i 27 paesi dell’Unione europea dovrebbero compiere uno sforzo comune per armonizzare le legislazioni nazionali. Ciò assicurerebbe più sicurezza nel continente e normalizzerebbe le procedure per
affermare il rispetto del diritto e la libertà per tutti quei cittadini in movimento, in primis quelli europei che si spostano all’interno del vecchio continente.

  E’ su questo argomento, uno dei temi che ci riguarda da vicino e sul quale dagli anni ’70 del secolo scorso si continua sistematicamente a discutere anche in Svizzera, che si chiede al parlamento italiano e in particolare ai diciotto eletti nella circoscrizione estera una maggiore incisività politica. A loro, che sono portatori di specifiche esperienze, spetta un’assunzione di responsabilità per far affermare nella nostra legislazione nazionale un diritto, che gli italiani all’estero rivendicano per loro nei paesi di residenza, alla stregua di chi è nelle stesse condizioni per richiederlo in Italia.

A chi fa paura il riconoscimento del diritto di cittadinanza per chi è nato ed è cresciuto in Italia, si è scolarizzato ed ha acquisito la nostra cultura, il nostro modo di vivere ed è espressione di un successo d’integrazione sociale, civile, economica e non per ultimo sportiva?
Qual’è la discriminante o la misura per essere un buono o un cattivo cittadino?
Può una legge, a priori, concedere la patente per conferire l’identità nazionale?

Ovviamente queste domande ce le poniamo anche all’estero quando siamo confrontati con analoghi quesiti, che vorremmo assecondassero la dignità di uomini liberi, che auspicabilmente dovrebbero essere rispettati per lecproprie qualità e debolezze all’interno della società d’accoglienza capace di interessarsi sia dei meno fortunati ma anche dei più meritevoli.

La situazione migratoria in cui è venuta a trovarsi l’Italia in questi ultimi lustri, diventata paese d’immigrazione dopo essere stata per secoli terra d’emigrazione, che è ripresa in maniera esponenziale negli ultimi anni, va affrontata con lungimiranza e con la consapevolezza di un grande grande paese, recuperando quello spirito di don Primo Mazzolari espresso in un suo commento alla parabola del figliol prodigo, “... viene spontaneo sollecitare il nostro paese alla necessità di aprirsi ai lontani e di abbandonare ogni atteggiamento da cittadella di paura e di contrapposizione polemica verso coloro che sono considerati estranei alla comunità italiana”.

  Il civismo italiano va sostenuto con convinzione dentro la storia di oggi, riconoscendo lo spirito civile e religioso d’accoglienza manifestato a Lampedusa e nelle regioni costiere, nei vari comuni che ospitano i nuovi arrivati, assieme a quello espresso dalle ong e dalle organizzazioni del terzo settore.  Assieme all’azione di governo che garantisce l’accoglienza e la sicurezza, impegnano tutti noi a sostenere una prospettiva di riforma per trasformare il nostro paese amandolo.

Questi temi oltre a richiamare l’attenzione sui diritti fondamentali, chiedono il riconoscimento e l’applicazione delle convenzioni internazionali, chiedono ai singoli un impegno oggettivo a considerarli nella loro essenzialità, disgiunti e distinte dalle convinzioni ideologiche e politiche figlie di storie, che hanno lasciato alle spalle macerie e muri abbattuti dal grido di libertà. Riguardano tutti noi e impegnano ogni singolo. Perciò, affrontata e risolta la norma del ius soli diventa impellente riportare nel dibattito pubblico il riconoscimento della cittadinanza dello ius sanguinis, che va affrontato con la stessa consapevolezza e con l’accortezza di riconoscere ai principi e al diritto legislativo la supremazia, che a volte viene sottratto dagli altri poteri.

Nel nuovo mondo della libera circolazione dei servizi e delle merci, portare allo stesso livello normativo anche i diritti delle persone è inderogabile per preservare la pace e costruire il futuro." conclude Michele Schiavone.(20/06/2017-ITL/ITNET)

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