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CULTURA ITALIANA NEL MONDO - WEEKEND ITALIA - A TORINO A PALAZZO MADAMA IN MOSTRA PREZIOSE TESTIMONIANZE DELL'ECCELLENZA DELLE MANIFATTURE BIZANTINE

(2023-06-05)

IL Museo Civico d’Arte Antica di Torino, ospita, fino al 28 agosto 2023, la grande mostra sui Bizantini. Luoghi, simboli e comunità di un impero millenario, a cura di Federico Marazzi con il contributo del MANN - Museo Archeologico Nazionale di Napoli, di Palazzo Madama e del Ministero Ellenico della Cultura e dello Sport e la collaborazione nell’organizzazione generale di Villaggio Globale International.

L’esposizione, proposta dal 21 dicembre 2022 al 10 aprile 2023 al MANN – Museo Archeologico Nazionale di Napoli, arriva a Torino, come seconda sede, per illustrare il “millennio bizantino” (vedi: https://www.italiannetwork.it/news.aspx?id=73468 )  con il corpus espositivo principale integrato da una sezione dedicata al rapporto con l’area piemontese.
Oltre 350 opere - sculture, mosaici, affreschi, vasellami, sigilli e monete, straordinari manufatti in ceramica, smalti, oggetti d’argento, preziose gemme e oreficerie, pregevoli elementi architettonici - danno conto delle strutture, dei sistemi organizzativi, dei commerci e dei rituali di una complessa realtà politica, testimoniando nel contempo le eccellenze delle manifatture bizantine, gli incroci di cultura, gli stilemi e i simboli dell’Impero d’Oriente attraverso i secoli. È la creatività artistica del mondo antico che transita verso il Medioevo, con un linguaggio rinnovato dalla fede cristiana e con gli innesti del mondo orientale, in particolare della cultura iranica e araba.
Centinaia di prestiti provenienti da importanti musei italiani e da oltre venti musei greci giungono a Torino a narrare il millenario sforzo di un Impero teso al dialogo tra la cultura classica e quella orientale.

Per una Bisanzio, legata al territorio piemontese, che vedrà nel Principato d’Acaia, fin dalle origini proiettato verso l’Oriente greco e bizantino, l’origine della dinastia dei Savoia-Acaia – formatasi dal matrimonio nel 1301 tra Filippo di Savoia e Isabella di Villehardouin, principessa d’Acaia – ma anche una strettissima connessione con la dinastia dei Paleologi, ascesa nel 1261 con Michele Paleologo al trono imperiale, conservato sino al tramonto definitivo di Bisanzio nel 1453 tramite questo suo ramo occidentale, che si dimostra capace di ravvivare gli splendori della corte aleramica, rimanendo al potere fino all’ultimo discendente, Gian Giorgio, morto nel 1533.

E Palazzo Madama, già castello degli Acaia e dal 1934 sede delle collezioni del Museo Civico d’Arte Antica, proprio dalla cultura e influsso bizantini principia nella strutturazione delle sue raccolte di arti applicate, tra le più importanti d’Europa, comprendendo preziose oreficerie, avori, vetri dorati e dipinti, tessuti e maioliche.
D’altronde le relazioni e i contatti con Bisanzio e l’Impero furono nei secoli, per le terre piemontesi, ampi e di varia natura. I Bizantini occuparono alcune piazzeforti in Piemonte lungo il limes alpino, consci di rapporti di reciproca conoscenza iniziati tra XI e XII secolo, prima per via delle crociate, poi con le alleanze matrimoniali.
Guglielmo il Vecchio (Guglielmo V) di Monferrato partecipò alla seconda crociata e fu ospite della corte imperiale di Bisanzio; i suoi quattro figli vennero tutti coinvolti nelle vicende d’Outremer e tutti inseguirono il sogno di salire su un trono orientale. Nel 1177 Guglielmo Lungaspada sposa la sorella di Baldovino IV il Lebbroso, erede al trono di Gerusalemme; nel 1180 Ranieri di Monferrato sposa Maria, figlia dell’imperatore di Costantinopoli, il basileus Michele Comneno; nel 1190 Corrado di Monferrato giunge in Terra-santa, difende il Regno di Gerusalemme, sposa Isabella d’Angiò, figlia ed erede del re di Gerusalemme, ma muore assassinato; nel 1204 alla quarta crociata prende parte Bonifacio, il quarto figlio di Guglielmo. Riesce a ottenere il regno di Tessalonica, ma muore dopo poco in combattimento. Al di là degli esiti cruenti, l’Oriente greco è ormai stabilmente entrato nell’ambito degli interessi dei
Monferrato.

Il Regno di Tessalonica, perso già nel 1224, resta formalmente ai Monferrato, che continuano a tenere il titolo di re di Tessalonica, ormai svuotato di significato. Il regno è poi dato in dote a Iolanda di Monferrato nel 1284 in occasione delle nozze con Andronico II Paleologo (che in cambio dona 6.000 lire genovesi). Da questa unione nasce Teodoro, che nel 1305 alla morte del marchese Giovanni I diventa signore del Monferrato, dando vita alla nuova dinastia dei Paleologi. Teodoro I Paleologo, marchese di Monferrato, che è l’unico orientale, è il solo greco che sia riuscito nell’impresa di fondare una nuova dinastia in Occidente.

A queste imprese militari e a queste alleanze matrimoniali occorre aggiungere i traffici di mercanti di Alessandria, Asti e in generale del Monferrato nell’Oriente greco, da Cipro all’Armenia, ma anche a Caffa e Pera.

I Savoia parteciparono sporadicamente alle imprese in Oriente nei secoli XI-XII. Solo con Filippo di Savoia, signore di Pinerolo, si avverte un cambiamento, proprio grazie al matrimonio con Isabelle de Villhardouin. Successivamente, nel 1326, Giovanna di Savoia (poi Anna Paleologhina) sposa il basileus Andronico III; nel 1366 Amedeo VI di Savoia, il conte verde, partecipa alla difesa dell’impero bizantino combattendo nella penisola di Gallipoli, da cui gli derivano prestigio e influenza, con importanti successi diplomatici nel contesto europeo. E infine, verso la fine del secolo, si intrecciano rapporti con i Lusignano sovrani di Cipro: nel 1433 con il matrimonio tra Ludovico figlio di Amedeo VIII e Anna di Lusignano; nel 1459 con l’unione tra Ludovico di Savoia e Carlotta di Lusignano e, infine, nel 1485 il duca Carlo I riesce a ottenere dalla regina Carlotta il titolo di re di Cipro (da ereditare alla morte di lei).

In mostra, nell’allestimento progettato dall’architetto Loredana Iacopino, questa narrazione è svolta grazie all’eccezionale patrimonio numismatico del Museo Civico di Arte Antica, che possiede tutta la sequenza di monete coniate dagli imperatori d’Oriente, di cui è stata compiuta apposita scelta per andare a esporre circa 150 opere.

In chiusura, nella prospettiva di un percorso territoriale, un racconto per immagini degli oggetti d’arte bizantini attestati in Piemonte: dal cofanetto in avorio della Cattedrale di Ivrea al dittico in avorio conservato a Novara, in San Gaudenzio, riutilizzato alla fine dell’XI secolo per iscrivervi i nomi dei vescovi novaresi; dai quattro smalti con Cristo e santi inseriti nella croce di Oberto di Cocconato (XIII secolo) nel Tesoro della Cattedrale di Asti (discendente di quell’Oberto di Cocconato che seguì Bonifacio di Monferrato nella quarta Crociata, citato anche da Villehardouin) al bacile di ceramica graffita nella facciata di San Giulio d’Orta, per giungere all’ipotetica spada di Costantino Paleologo (simbolo della lotta contro i Turchi), donata dal barone Tecco a Carlo Alberto. Accanto gli fu posta proprio la spada che Carlo Alberto usò nella battaglia di Novara: Italia e Grecia accomunate dalle lotte per l’indipendenza dagli invasori.

Il Museo Civico d’Arte Antica di Torino possiede una raccolta eccezionale di monete bizantine: 1290 esemplari - in oro, argento e bronzo - donati nel 1933 da Pietro Antonio Gariazzo. Un ingegnere biellese, che, dopo una lunga attività nel Congo belga impegnato nella costruzione di opere ferroviarie, rientrò in Piemonte e si dedicò allo studio e al collezionismo di monete antiche. Amico di Vittorio Viale, direttore dei Musei Civici dal 1933, dopo il trasferimento delle collezioni a Palazzo Madama lo affiancò in qualità di conservatore onorario delle raccolte numismatiche torinesi.

La selezione che si presenta in mostra comprende monete coniate nell’arco di dieci secoli, dal V al XIV secolo, che ci trasmettono le effigi dei principali imperatori di Bisanzio, talvolta delle loro spose e dei loro figli. Esse non rivestono solo un interesse iconografico, ma documentano un’importante evoluzione stilistica: le monete più antiche, emesse sotto Arcadio (395-408), risultano infatti ancora influenzate dalla monetazione classica, in cui l’imperatore appare di profilo e ritratto secondo i canoni dell’arte greca.

In quelle coniate durante i regni di Eraclio e di Costante (VII secolo) è scomparso invece ogni interesse per la verosimiglianza e i ritratti degli imperatori sono caratterizzati da una forte astrazione. Infine, le monete auree e bronzee del XII-XIV secolo mostrano un ulteriore cambiamento di prospettiva: dell’imperatore non si riproduce più il ritratto, ma la figura intera, identificabile solo grazie alle insegne del potere imperiale (il labaro e il globo crucifero). Inoltre è sempre più frequente, sul rovescio delle monete, la presenza
dell’immagine di Cristo, della Vergine o di particolari santi, che vanno a sostituire le Vittorie alate e le figure femminili allegoria della città di Costantinopoli, che decoravano il rovescio delle monete della tarda antichità. Uno straordinario affresco dell’Impero “che non voleva morire”.  (05/06/2023-ITL/ITNET)

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