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ITALIANI ALL'ESTERO - CASSAZIONE - PRIMO PRES. CURZIO: "L'ANALISI DELL'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA IN ITALIA, COME DEL RESTO IL PAESE NEL SUO COMPLESSO, MOSTRA UN QUADRO DI CHIAROSCURO"

(2022-01-22)

  "L’analisi dell’amministrazione della giustizia in Italia mostra, come del resto il Paese nel suo complesso, un quadro in chiaroscuro", da una parte "si evidenziano criticità"  dall'altra "segni di miglioramento". Lo ha affermato il Primo Presidente della Corte di Cassazione, Pietro Curzio, nel discorso di apertura dell''anno giudiziario'."

Nel settore civile nell’ultimo anno vi è stato un incremento delle definizioni dei processi rispetto all’anno precedente.
Complessivamente la crescita è del 9,8%. Le nuove iscrizioni sono anch’esse cresciute, ma in modo meno intenso, pari all’1,9%.
Il maggior numero di definizioni rispetto all’incremento delle nuove iscrizioni comporta che le pendenze sono diminuite del 6,5% in confronto all’anno precedente. Si è passati da 3.321.149 a 3.106.623 procedimenti pendenti. È un dato sicuramente positivo soprattutto se si considera che dieci anni fa le cause civili pendenti superavano i 5 milioni. Ma- ha rilevato il Primo Presidente della Suprema Corte di Cassazione - i tempi di definizione dei processi rimangono troppo elevati.

Quanto a "La situazione della giustizia penale è in parte analoga: la durata dei processi è generalmente in crescita anche se in misura non univoca tra i diversi uffici giudiziari. La pendenza complessiva è di 2.540.674 processi (con una variazione del 3,8% in meno rispetto all’anno precedente). Il rapporto tra nuove iscrizioni e definizioni è però inverso rispetto al civile, in quanto nel penale la riduzione delle pendenze deriva dalla riduzione delle nuove iscrizioni, mentre le definizioni sono, in linea di massima, stabili. La riduzione delle iscrizioni dei reati è un dato di non univoca valutazione: nel complesso indica un miglioramento della convivenza civile nel nostro paese.

I reati nel 2021 sono leggermente cresciuti rispetto al 2020, anno di forte calo a causa della pandemia, ma si sono ridotti del 12,6% rispetto ad un anno “normale” quale il 2019. Vi è stato un incremento di specifiche categorie, in particolare sono cresciuti in misura rilevante i reati informatici.  Tuttavia, il primo Presidente ha segnalato  anche  il fenomeno delle violenze e minacce nei confronti di specifiche categorie di persone particolarmente esposte, quali i giornalisti o gli amministratori locali."

Ed ancora "Inaccettabile rimane il numero degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, particolarmente grave nei settori
maggiormente caratterizzati da attività precarie ed usuranti. L’INAIL ha comunicato che nei primi dieci mesi del 2021 è stato superato il livello delle mille denunzie di infortuni mortali."

Nel complesso, invece, "i reati predatori sono in calo e le considerazioni più incoraggianti sullo stato della nostra convivenza derivano dai dati sugli omicidi. Nel 2021 in Italia sono stati commessi 295 omicidi volontari.  È uno dei dati migliori tra i paesi europei, che a loro volta offrono i dati migliori nel mondo. E non era così: nel 1991 gli omicidi in Italia furono quasi 2.000. In
seguito, sono lentamente ma progressivamente diminuiti riducendosi a 359 nel 2018, 317 nel 2019, 287 nel 2020."  Per Curzio 
Le spiegazioni sono molteplici; una significativa è offerta da un altro dato: è aumentato il numero degli omicidi volontari di cui è stato individuato l’autore: si è passati, anche qui con una progressione costante, dal 40% del 92 al 73% del 2016."

"Sconcertante" è stato definito dal Primo Presidente della Suprema Corte che " tra le vittime dei 295 omicidi del 2021, 118 sono donne, di cui 102 assassinate in ambito familiare/affettivo ed in particolare 70 per mano del partner o ex partner." Per di più
"Questo tipo di suddivisione è costante negli ultimi anni, e si inquadra in un preoccupante incremento dei reati all’interno della famiglia ed è sintomo evidente di una tensione irrisolta nei rapporti di genere, di un’uguaglianza non metabolizzata. Anche su questo tema vi è un forte impegno dello Stato a cominciare dal Parlamento, impegno che richiede agli inquirenti attenzione e reattività, cui deve seguire severità in sede di applicazione della legge. Ma la risposta repressiva - ha stigmatizzato Curzio -
non può raggiungere le cause di un malessere profondo che la società deve affrontare in una dimensione più ampia, a cominciare dai luoghi di formazione della personalità."

Nonostante ciò, per il Primo Presidente "Il quadro in chiaroscuro che si è succintamente delineato, evidenziando  accanto a elementi fortemente critici anche profili positivi, consente", però, di dare senso e prospettive ad un impegno costruttivo. Letture di segno univocamente negativo, oltre a non essere veritiere, inducono a considerare immodificabile la situazione, legittimando atteggiamenti inerti e rinunciatari."

Positivo è per l''ermellino' che "nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), si colloca una pluralità di riforme, già avviate o in corso di elaborazione (processo penale, processo civile, diritto concorsuale, ordinamento giudiziario, giustizia tributaria, giustizia onoraria, sistema carcerario, per citare le principali), caratterizzate da una duplice novità: 1) sono sostenute da consistenti finanziamenti che permettono di accompagnarle con dotazioni di risorse umane e materiali; 2) sono sottoposte a meccanismi di rendicontazione dei risultati secondo precise scadenze sino al bilancio finale del 2026.
Si tratta di innovazioni essenziali, che non esauriscono però i problemi di un percorso nel quale la legislazione delegata costituisce il passaggio più complesso e delicato, il vero fulcro del cambiamento. Si coglie nel Governo  piena consapevolezza di quanto la fase concretamente attuativa delle riforme sia decisiva."

"Rimane, però,  aperta una questione cruciale, quella del numero dei magistrati. Dal rapporto 2020 della Commissione europea per l’efficacia della giustizia del Consiglio d’Europa (CEPEJ), emerge che in Italia il personale impiegato nel sistema giustizia è sensibilmente inferiore a quello di altri paesi europei.
Ad esempio, il raffronto con la Germania è il seguente: in Italia ogni 100.000 abitanti vi sono 11.6 giudici affiancati da 37.1 amministrativi; 3.7 pubblici ministeri affiancati da 14.1 amministrativi; 388.3 avvocati.
In Germania, invece, ogni 100.000 abitanti vi sono 24.5 giudici affiancati da 65.1 amministrativi; 7.1 pubblici ministeri affiancati da 14.5 amministrativi e 198.5 avvocati.
Lo squilibrio è evidente ed incide pesantemente sul sistema. Con riferimento al personale amministrativo le scelte operate nel PNRR rafforzano l’inversione di tendenza rispetto a decenni in cui le assunzioni sono state bloccate, determinando un ssottigliamento progressivo dei dipendenti e uno spostamento verso l’alto della loro età media, con evidenti implicazioni negative.
Ma per i magistrati la situazione è critica, perché vi è una scopertura degli organici (già di per sé insufficienti, come emerge dal rapporto CEPEJ su richiamato) superiore a 1.300 unità, che sarà colmata solo in parte e in tempi non brevi con il concorso in atto e quello appena avviato.

La centralità del concorso è fondamentale anche per una corretta soluzione della complessa vicenda della magistratura onoraria, che coniughi le aspettative maturate in anni di lavoro con le coordinate costituzionali della materia.
Le ultime esperienze concorsuali mostrano, peraltro, una costante difficoltà nel coprire tutti i posti banditi, facendo sorgere il ragionevole dubbi che molti corsi universitari non riescano a fornire le basi per il superamento del concorso. E il dubbio si estende alla opportunità di mantenere il concorso di secondo grado, implicante una serie di attività successive alla laurea magistrale che, oltre ad allungare i tempi, spostano in avanti l’età dei candidati introducendo iniqui meccanismi di selezione reddituale, senza
probabilmente migliorare la qualità della preparazione, o forse addirittura inserendo un diaframma tra gli anni di studio universitario e il concorso, con l’effetto di disperdere parte del sapere acquisito."

Infine "In chiaroscuro è anche la situazione della Cassazione. Il lavoro nell’anno appena concluso è stato fuori del comune.
Le sette sezioni penali nel 2021 hanno ricevuto 46.298 ricorsi e ne hanno definiti 47.040, con indice di ricambio 101,6%: la pendenza si è, quindi, sia pur lievemente, ridotta, attestandosi a 23.736 processi. Dato ancora più rilevante è che la durata media dei procedimenti è stata di 211 giorni, quindi ben inferiore all’anno.

Le sei sezioni civili hanno ricevuto 31.544 ricorsi e ne hanno definiti 40.776 (il 40,1% in più rispetto al 2020 e il 23,3% in più rispetto al 2019).
L’indice di ricambio è stato del 129,3%. Mai la Cassazione civile nei suoi cento anni di storia aveva deciso un numero di cause così elevato. E va anche notato che in misura maggiore rispetto al passato si è lavorato sulle cause più risalenti nel tempo.

Tutto ciò ha permesso di incidere sulla pendenza portandola dalle 120.473 cause di fine 2020 alle 111.241 di fine 2021, con una riduzione di 9.232 unità. Un dato importante, che segna un’inversione di tendenza rispetto alla costante crescita degli ultimi vent’anni. Tuttavia, l’arretrato rimane superiore alle 110.000 unità e costituisce il problema più grave della Corte, rendendo inaccettabili i tempi di trattazione dei ricorsi civili, anche se nell’ultimo anno si è riusciti a portare il disposition time a livelli notevolmente inferiori a quelli degli anni precedenti.

Le cause dell’arretrato sono note ed attengono prioritariamente allo spostamento sulla Corte di contenziosi imponenti, senza l’accompagnamento di nuove dotazioni. Tra i più rilevanti: il passaggio del pubblico impiego contrattualizzato dal giudice amministrativo al giudice ordinario; la scelta di spostare il terzo grado del contenzioso tributario quando la Commissione
centrale tributaria raggiunse l’ormai ingestibile arretrato di oltre 450.000 processi; da ultimo, nel 2017, l’eliminazione del grado di appello nelle controversie in tema di protezione internazionale, che ha comportato per la Corte il passaggio dai circa 300 processi ad anno in questa materia, ai 6.026 pervenuti nel 2018 e ai 10.366 pervenuti nel 2019, per poi attestarsi su numeri  comunque molto elevati.

Induce a riflettere la circostanza che i grandi contenziosi che sommergono la Corte hanno come parte, attrice o convenuta che sia, Ministeri, pubbliche amministrazioni, Agenzia delle entrate, INPS, cioè lo Stato, determinando un fenomeno circolare per cui controversie in cui è parte lo Stato prolificano in misura tale da mettere in crisi la principale istituzione  giudiziaria dello Stato... Ciò non le consente di svolgere il suo compito prioritario, che è quello di portare ad unità e coerenza l’interpretazione delle norme (nomofilachia), così garantendo l’uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge. Tale delicata operazione richiede - ha precisato l'alto magistrato -  il confronto tra pochi giudici, concentrato su di un  numero limitato di cause. E non si può ragionevolmente adempiere in modo consono a tale funzione decidendo circa ottantamila cause ogni anno."
Sino a che questo nodo non verrà sciolto, la via da seguire è quella di razionalizzare nei limiti del possibile il sistema, rafforzando il più importante dei filtri, che è costituito da un giudizio di appello fatto bene. Non è un caso che i due settori più problematici siano, come si è visto, quelli in cui l’appello è stato addirittura eliminato (protezione internazionale) o presenta forti criticità (tributario).

I dati sulla protezione internazionale denunziano che nel 2021 questa materia ha impegnato la Corte con 9.348 decisioni di cui più della metà (4995, pari al 53, 4%) di inammissibilità, segno che si riversano sulla Cassazione, spesso avvalendosi del patrocinio a spese dello Stato, ricorsi che pongono problemi di merito estranei al giudizio di legittimità, sottoponendo la Corte ad un lavoro gravoso e sostanzialmente inutile.

Il giudizio tributario è di competenza nei due gradi di merito di un plesso giurisdizionale diverso dal giudice ordinario. Alcuni anni fa il legislatore decise di far confluire in Cassazione il terzo grado di questo contenzioso, che nel tempo è divenuto sempre più complesso: accanto a numerosissimi giudizi bagatellari che in buona parte si esauriscono nei gradi di merito, vi è un contenzioso di grande rilievo giuridico ed economico, che giunge ineluttabilmente in Cassazione (è questo il motivo per cui mentre da anni le cause tributarie decrescono nei gradi di merito, il flusso dei ricorsi per cassazione è sostanzialmente stabile). Nel 2021 il valore delle cause trattate dalla sezione tributaria della Corte ha superato i 9 miliardi di euro, con un tasso di accoglimento dei ricorsi nei confronti delle decisioni delle Commissioni tributarie regionali di gran lunga più elevato di quello del contenzioso ordinario: i ricorsi accolti sono stati infatti 5.713, contro i 4.271 rigettati....

Vi è, dunque,  un larghissimo consenso sulla necessità di riformare la giustizia tributaria affidandola a giudici che la trattino a tempo pieno, mentre oggi per i componenti delle Commissioni (a cominciare dai magistrati che sono circa 1.450) è un secondo lavoro. Sarebbe un passaggio cruciale. Delle 40.756 cause civili definite quest’anno dalla Corte, 15.518 sono in materia tributaria (il 38,1% del totale) e quasi metà dell’arretrato attiene a questa materia.
Una riforma reale della giustizia tributaria è forse l’atto più di ogni altro in grado di incidere sui problemi del giudizio di legittimità, riequilibrando il vertice del sistema giudiziario."

Infine, il Primo Presidente dell'alta  Corte di Cassazione Pietro Curzio ha affermato "La capacità di lavorare in silenzio e in collaborazione con gli altri protagonisti della giurisdizione è la via maestra per superare il periodo difficile che la magistratura sta vivendo."  Concludendo "I magistrati nella loro larghissima maggioranza hanno le risorse umane e professionali per riannodare il rapporto di fiducia con i cittadini, nella consapevolezza che, come scrive Voltaire, “l’onore dei giudici consiste, come quello degli altri uomini, nel riparare i propri errori”.
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PIETRO CURZIO

È nato il 5 marzo 1953, a Bari, città in cui ha studiato frequentando la facoltà di Giurisprudenza, in cui insegnavano, fra gli altri, Nicolò Lipari, Mario Bretone, Gino Giugni, Edoardo Ghera, Luca Buttaro, Pasquale Del Prete, Renato Dell’Andro, Luigi Ferrari Bravo e Franco Cipriani.
Si è laureato nel 1975, discutendo una tesi sul contratto collettivo di lavoro, relatore il Professor Gino Giugni, di cui è divenuto allievo, collaborando con lui per trent’anni anche nella scrittura del manuale di diritto del lavoro sul quale si sono formate generazioni di studenti.
È entrato in magistratura nel 1978: Pretore del mandamento di Ruvo di Puglia, poi Pretore del lavoro di Bari, quindi sostituto procuratore della Repubblica. Nel 2000 passa in Corte d’appello, in qualità di consigliere della Sezione lavoro. Nel 2007 accede alla Corte di cassazione: per un primo periodo è consigliere della seconda Sezione penale, poi della Sezione lavoro. Diviene quindi componente delle Sezioni unite civili. Nel 2016 viene nominato Presidente di Sezione. Nel 2018 diviene Presidente Titolare della Sesta Sezione civile e infine nel 2020 della Sezione lavoro.
È stato componente del “Comitato scientifico” del Consiglio Superiore della Magistratura, curando anche i rapporti internazionali con la rete per la formazione dei magistrati europei. Ha collaborato stabilmente, in qualità di consulente, con la Scuola Superiore della Magistratura, sin dalla sua costituzione.
Ha insegnato in varie università e fa parte del comitato di redazione di alcune riviste scientifiche. Presiede da trent’anni la Sezione di Bari del Centro Nazionale studi di diritto del lavoro “Domenico Napoletano”.
È autore di circa cento saggi in materia di diritto del lavoro, diritto processuale civile, diritto costituzionale, diritto penale e ordinamento giudiziario.
Ha creato e dirige la collana “Biblioteca di cultura giuridica” per i tipi dell’Editore Cacucci (Bari).
È stato nominato Primo Presidente della Corte di cassazione il 15 luglio 2020. (23/01/2022-ITL/ITNET)

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