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CULTURA ITALIANA IN SVIZZERA - SVIZZERA - AL M.A.X. DI CHIASSO IL PUNTO SULL'ESPERIENZA ESTETICA DEL POLYORAMA PANOTTICO

(2021-06-23)

  La mostra "La reinterpretazione del classico: dal rilievo alla veduta romantica" nella grafica storica al M.A.X. di Chiasso si arricchisce di un nuovo elemento, un ultimo “focus-on” di approfondimento in tema con quanto è visibile nelle sale del m.a.x museo.
Nella sala 4, dedicata a “I luoghi della memoria del classico e l’apertura alla veduta romantica e al panorama”, è ora presente un polyorama panottico, una “scatola ottica” in cui era possibile vedere delle immagini di ambientazione di Roma, litografie acquarellate a mano.

Il polyorama panoptique attualmente in mostra, realizzato da Alexandre Depoletti attorno al 1850, proviene in prestito dal Museo Nazionale del Cinema di Torino; può essere considerato un ponte fra la consolidata tradizione dell’incisione calcografica e litografica di rappresentazione delle vedute degli antichi monumenti intesa come ricordo degli stessi
ammirati sul posto, e il desiderio di provare il sentimento emozionale di guardare in una visione immersiva della città dell’antico, attraverso una “scatola ottica”, delle incisioni acquerellate e trasparenti.

L’invenzione del polyorama panoptique con le vedute di Roma rappresenta quel momento saliente in cui la raffigurazione della veduta è visibile in una sorta di “scatola ottica” che permette a chiunque – anche a chi non ha effettuato il viaggio – di emozionarsi attraverso una visione bioculare davanti alla grandiosità dell’antico. Questa emozione del tutto virtuale è possibile grazie alla riproduzione delle vedute di Roma, spesso tratte da stampe famose: nel caso dello strumento in
mostra a Chiasso, si tratta di stampe riprese fedelmente da soggetti delle Antichità romane di Piranesi, ovviamente in scala ridotta e con semplificazioni formali, realizzate mediante la tecnica litografica su “lucidi” colorati a mano, il tutto visibile in versione diurna e notturna per suscitare forti emozioni anche in un pubblico poco abbiente che non può permettersi l'emozione della visita reale sul posto.

Il termine panorama è coniato unendo due etimi greci, pan e horama, che si potrebbe tradurre come “veduta della totalità” o da un luogo sopraelevato; è usato per indicare un disegno o veduta semicircolare o circolare aperta sul paesaggio i cui limiti fisici coincidono con quelli dell’orizzonte visivo dello spettatore. Il panorama non è prettamente una veduta di paesaggio, ma è una vera e propria esperienza estetica immersiva riguardo a un paesaggio. L’invenzione della fotografia, avvenuta ufficialmente nel 1839, soppianterà progressivamente, nella seconda metà del XIX secolo, l’incisione calcografica e litografica del paesaggio e degli antichi monumenti.

Nella mostra La reinterpretazione del classico: dal rilievo alla veduta romantica nella grafica storica ogni sala del museo ha un elemento di “focus on” con una propria scheda-chiave che ne illustra le caratteristiche specifiche e tematiche, in stretto legame con il principio-guida espositivo della mostra.

Nella sala 4 il tema-guida è “I luoghi della memoria del classico e l’apertura alla veduta romantica e al panorama”, ed è qui che è stato attualmente collocato il polyorama panoptique di Alexandre Depoletti, in prestito dal Museo Nazionale del Cinema di Torino.
Il fenomeno del Grand Tour, inizialmente appannaggio solo di nobili o ricchi borghesi, si allarga sempre più nel corso degli anni trenta e quaranta dell’Ottocento. Anche le classi meno abbienti desiderano provare l’emozione della vista dell’antico, dei panorami delle città e delle loro vedute.

Il canone topografico Roma-Napoli-Venezia si amplia in rapida successione coinvolgendo tutte le città storiche, anche quelle più vicine ai luoghi di residenza se ritenute per la loro bellezza naturale e architettonica “amene”, ma il desiderio di vedere la Città Eterna rimane un topos. A ovviare alla costosa impresa di viaggio, e indirizzata a un ampio pubblico meno abbiente, è l’invenzione del polyorama panoptique che permette in maniera immersiva e coinvolgente, con una veduta bioculare, di provare la sensazione di trovarsi nella città dell’antico. Con tale “scatola ottica” si riesce a scoprire
il piacere e l’emozione di guardare il Colosseo, oppure la Mole Adrianea, o ancora la Colonna Coclide di Traiano e l’Arco di Tito.

Non mancano rappresentazioni di suggestivi luoghi della passeggiata romantica, come il giardino di Villa Medici con le nuove rampe del percorso pedonale che si affaccia sul Belvedere di Piazza del Popolo. Un’epoca sta cambiando e i luog hi della memoria del classico devono essere visibili e godibili da un largo pubblico: a soddisfare tale esigenza sono le
invenzioni ottiche realizzate con l’ausilio di artisti-artigiani capaci di creare l’atmosfera di un sogno.

Il polyorama panoptique di Roma rappresenta quindi quel momento saliente in cui la raffigurazione della veduta era visibile in una sorta di “scatola ottica” e permetteva a chiunque – anche non avendo effettuato il viaggio del Grand Tour – di emozionarsi attraverso una visione bioculare (oggi potremmo tradurre con il nuovo termine di “virtuale”) davanti alla grandiosità dell’antico.

Il polyorama panoptique si diffuse a Parigi verso la metà dell’Ottocento ed era una derivazione del portable diorama ideato da John Clark intorno al 1825. Lo scopo era quello di avere un oggetto domestico da cui poter vedere emozionanti immagini. La paternità di questi che potremmo definire “visori portatili” fu del francese Pierre Henri Armand Lefort che lo brevettò nel 1849, ma il suo uso è documentato già a partire dagli anni trenta dell’Ottocento.

Il modello derivava dalla macchina ottica denominata mondo nuovo in Italia (peep show nei paesi anglosassoni, Guckkasten nei paesi di lingua tedesca, boîte d’optique nell’area di lingua francese), un tipo di spettacolo di strada, presente nelle fiere stagionali e nei più importanti mercati, che fra Settecento e Ottocento ebbe molto successo in Europa. In pratica era costituito da una scatola con uno o più punti dove guardare attraverso fori che permettevano di osservare panorami o monumenti celebri che si trasformavano quando venivano guardati in controluce.

All’interno erano collocate stampe litografiche colorate e, in dipendenza da come si faceva entrare la luce (da un’apertura superiore o posteriore), si veniva a creare un effetto in notturna, reso ancora più suggestivo da piccoli fori praticati sull’immagine stessa a profilo del disegno dei soggetti rappresentati, da cui filtrava la luce.

Nel caso specifico il polyorama panoptique delle vedute di Roma esposto al m.a.x. museo presenta un “assortiment complet de transparents”, come recita l’etichetta applicata internamente che attribuisce ad Alexandre Depoletti la paternità dell’oggetto, e anche con riferimento al luogo, una sorta di negozio-atelier situato a Roma a Palazzo Cartoni in Via della Fontanella di Borghese n. 32.

L’artista esegue alla lettera quanto indicato dal pittore inglese Edward Orme nel suo trattato pubblicato nel 1807 Essay on Transparent Prints and on Transparencies in general, in cui viene spiegato come realizzare delle particolari stampe denominate “trasparenze”. Tali stampe sono eseguite con la tecnica litografica su un foglio sottile di carta (solitamente di riso), poi dipinte al recto e al verso, e per renderle trasparenti viene applicata una vernice.

L’apparecchio poteva essere realizzato in diversi formati (piccolo, medio e grande) ed è strutturato come su modello delle “scatole ottiche” in tre parti: nella parte anteriore è posizionata la lente, al centro un corpo di cartone (che nei più raffinati polyorama è a soffietto) e sulla parte posteriore vi è una sorta di cassettina che contiene a inserimento seriale i vari “lucidi” con le diverse vedute, una fessura superiore apribile con uno sportello illumina l’immagine per riflessione e uno sportello posteriore illumina l’immagine per trasparenza. Come nel caso del “diorama” i semplici effetti di passaggio dal giorno alla notte si alternano a coinvolgenti cambiamenti dell’immagine, il profilo dei monumenti in notturna è reso visibile da tanti piccoli fori operati sulla carta in modo da far filtrare la luce con l’impressione di creare una sorta di illuminazione suggestiva.

Le vedute delle trasparenze del polyorama panoptique di Alexandre Depoletti riprendono i soggetti delle vedute più note, come quelle di Giovanni Battista Piranesi delle Antichità romane: nella sala 4 è così possibile il raffronto puntuale con le vedute dell’Anfiteatro Flavio, il Mausoleo di Elio Adriano, la Colonna Antonina, l’Arco di Tito, il Castello dell’Acqua Felice, la Basilica Vaticana, la Basilica di San Pietro e quella di Santa Maria Maggiore, o ancora la veduta di Piazza del Popolo.
Non è noto quante copie di polyorama panoptique con lo stesso soggetto siano state realizzate, ma è pensabile che fosse un numero analogo alla tiratura delle stampe. (23/06/2021-ITL/ITNET)

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