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CULTURA ITALIANA NEL MONDO - 150 ANNI AIE - LEVI (PRES. AIE): NESSUN FUTURO PER IL PAESE SE NON CI SARANNO ISTRUZIONE E CONOSCENZA AL CENTRO AGENDA POLITICA"

(2019-09-11)

  “Non abbiamo futuro se non mettiamo l’istruzione, la conoscenza, il sapere al centro dell’agenda politica nazionale. Dunque: scuola, scuola, scuola. Dalle scuole materne all’università, dagli istituti di ricerca all’educazione ricorrente degli adulti”. Con queste parole Ricardo Franco Levi ha sottolineato l’assoluta priorità dell’associazione, aprendo a Roma i festeggiamenti per i 150 anni dell'AIE - Associazione Italiana Editori -, alla presenza del Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella.

“Noi editori – ha proseguito – abbiamo il privilegio e la responsabilità di essere portatori di un interesse particolare che corrisponde all’interesse generale del paese. Non ci sarà ampliamento del mercato del libro se non ci sarà un innalzamento dei livelli di istruzione, di cultura e, infine, di lettura degli italiani (…). Siamo, e di gran lunga, la prima industria culturale del paese – ha proseguito –. La prima, e di molto, per il volume di ricchezza che essa produce. La prima perché è largamente nei libri, i nostri libri, che si formano e crescono la conoscenza e il sapere, che si ritrovano le storie, le fantasie, i soggetti, le curiosità delle quali si nutrono poi le arti, la musica, il teatro, la televisione, il cinema”.

Le stime sull’andamento del mercato del libro nel primo semestre 2019 mostrano, relativamente alle vendite di soli libri di varia adulti e ragazzi nei canali trade (librerie, librerie online e grande distribuzione, compresa la stima AIE di Amazon), una crescita del fatturato del +3,8% (530milioni di euro) e una crescita più contenuta in termini di copie +2,9% (39,7 milioni di copie vendute). “È con orgoglio che rivendichiamo il nostro essere industria, impresa – ha quindi proseguito Levi –. Attenti ai conti, sappiamo che nell’equilibrio delle nostre aziende sta la prima garanzia della nostra indipendenza. Abbiamo dimostrato di saper reggere, anche negli anni più difficili della crisi, meglio della più gran parte dei comparti industriali e senza ricevere alcun aiuto pubblico diretto, al contrario di quanto avviene per tutti gli altri settori della cultura”.

“Noi non chiediamo aiuti speciali per noi. Ciò che chiediamo è una politica di effettiva promozione della lettura, autentico ed insostituibile bene comune. Una politica che deve, non può non comprendere agevolazioni e incentivi alle famiglie e ai singoli cittadini per l’acquisto dei libri. E poi, e soprattutto, voglio ripeterlo, scuola, scuola, e ancora scuola”.
L’intervento si è chiuso con un saluto a Mattarella: “Signor Presidente della Repubblica, intervenendo, nel maggio del 2015, all’inaugurazione del Salone internazionale del libro di Torino lei disse che “leggere ha a che fare con la libertà. E con la speranza”. Per quella libertà, per quella speranza noi editori siamo impegnati. Lo siamo stati nei nostri primi 150 anni. Lo saremo anche per i prossimi 150. L’Italia ci può contare”.

“Il maggior merito, vorremmo dire la maggior gloria, dell’editoria italiana nel dopoguerra è stato la difesa della libertà di espressione”. Così ha voluto sottolineare Gian Arturo Ferrari nel suo intervento  all’evento  dei 150 anni dell’Associazione Italiana Editori (AIE).
“Una difesa – ha continuato Ferrari –non a parole, ma nei fatti. L’episodio di maggior rilievo è stato senza dubbio la pubblicazione nel 1957 del Dottor Zivago di Boris Pasternak, che diede alla nostra editoria un rilievo mondiale. Il capolavoro, ferocemente avversato dall’autorità politica del suo Paese, poté vedere la luce prima in Italia e poi nel resto del mondo solo grazie all’impegno e al coraggio di un editore italiano, Giangiacomo Feltrinelli. Nel 1989 fu ancora un editore italiano, Mondadori, l’unico al mondo a pubblicare I versi satanici di Salman Rushdie dopo la condanna a morte promulgata dall’ayatollah Khomeini. Gli editori italiani il loro esame di maturità l’hanno passato”.

Nel suo intervento in cui si ripercorrono i primi 150 anni dell’AIE, Gian Arturo Ferrari ha ricordato che “molti esaltano il miracolo italiano del secondo dopoguerra, ma pochi ricordano lo sforzo immane dell’Italia postunitaria per uscire da una spaventosa arretratezza, per entrare nella modernità. Per restare ai libri, mancavano al nostro Paese tutti gli ingredienti fondamentali che avevano cambiato il volto dell’editoria in Francia, Gran Bretagna e Germania”. E, tuttavia, “tutto questo non spaventò gli 86 fondatori della Associazione libraria italiana. Giuseppe Pomba, Casimiro Bocca, Gaspero Barbèra, Felice Le Monnier, Edoardo Sonzogno, Nicola Zanichelli, Emilio Treves e tutti gli altri erano gente decisa, ostinata nella difesa dei propri interessi, ma che sapeva anche guardare lontano. Per questo appena se ne presentò l’occasione aderirono alle organizzazioni internazionali, prima mondiale e poi europea degli editori.

Sempre per questo nel 1910 si posero tra i fondatori di Confindustria. Ribadivano che quella dei libri era un’industria e che l’industria editoriale italiana si ispirava ai modelli internazionali”.“L’evoluzione dell’editoria libraria prevede che nella figura dell’editore – ha proseguito Ferrari - si vengano progressivamente scindendo le funzioni proprietarie e imprenditoriali da quelle specificamente editoriali, di scelta e pubblicazione dei libri”. (11/09/2019 - ITL/ITNET)

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