Direttore responsabile Maria Ferrante − giovedì 28 marzo 2024 o consulta la mappa del sito
italialavorotv.it

Sponsor

SICUREZZA SOCIALE - REDDITO CITTADINANZA - VALUTAZIONI DEI "COMUNISTI ITALIANI" SUL REDDITO DI CITTADINANZA

(2019-02-18)

Gli esponenti del Nuovo Partito Comunista Italiano esprimono in una nota la loro valutazione del dispositivo governativo "reddito di cittadinanza"
Di seguito la nota

"È importante esaminare questa misura, il Reddito di Cittadinanza, da due punti di vista molto diversi:

- per gli effetti che avrà sulle condizioni d’esistenza dei proletari e dei lavoratori autonomi e i loro diritti, per la crescita dell’attività economica dell’Italia, per il cambiamento complessivo del paese (è il punto di vista al quale si fermano analisti, ammiratori o critici, osservatori e commentatori degli avvenimenti e delle attività altrui);
- per gli appigli che l’istituzione e l’attuazione del Reddito di Cittadinanza offre a noi comunisti in generale per far avanzare la rivoluzione socialista (la guerra popolare rivoluzionaria che si concluderà con l’instaurazione del socialismo) e in particolare per la creazione delle condizioni per costituire il Governo di Blocco Popolare (è il punto di vista dei comunisti che sostituiscono la borghesia come dirigenti delle masse popolari che fanno la storia).

Il primo punto riguarda 1. gli effetti che l’istituzione e l’erogazione del RdC avrà sulla resistenza spontanea delle masse popolari al procedere della crisi del capitalismo (il terreno che noi comunisti lavoriamo), 2. gli obiettivi che si propongono i fautori del governo M5S-Lega, dove il governo M5S-Lega arriverà di fatto e i punti di vista dai quali esaminano la misura oppositori del governo M5S-Lega e critici riformisti del corso delle cose.

Il secondo punto riguarda l’attività di noi comunisti della Carovana del (n)PCI e di tutti quelli che si propongono di promuovere la rivoluzione socialista in corso (cioè di quelli che non aspettano che la rivoluzione socialista scoppi per effetto di circostanze e avvenimenti che non dipendono principalmente dalla loro attività).

La trasformazione nel senso comune delle masse popolari. Un primo importante effetto dell’istituzione del RdC è il rafforzamento nel senso comune (cioè nelle idee correnti tra le masse popolari risultanti dall’esperienza diretta di ogni individuo, dall’influenza della borghesia e del clero, dall’influenza del movimento comunista cosciente e organizzato) della consapevolezza che il reddito individuale (le condizioni materiali di esistenza dei singoli individui) non dipende dal singolo individuo ma dipende principalmente dall’ordinamento della società, è una questione sociale, dipende dal sistema di relazioni sociali. Analogamente ad esempio agli spostamenti dei singoli individui sul territorio: nella società attuale dipendono da funzioni sociali quali la costruzione di reti stradali e di altre vie di comunicazione, la loro manutenzione, la produzione di mezzi di trasporto, l’introduzione di codici di comportamento, ecc. Il contrario delle tesi individualiste sintetizzate in una delle tristemente famose frasi di Margaret Thatcher (1925-2013): “non esiste la società, esistono gli individui!”.

In effetti nelle società del tempo antico le condizioni materiali dell’esistenza degli individui erano determinate, oltre che dalla natura, principalmente dalla famiglia o da piccole aggregazioni di individui definite ognuna da legami o di sangue (famiglia, clan, tribù, ecc.) o di vicinato (villaggio, ecc.): il modo di produzione capitalista ha invece portato gli individui ad essere dipendenti gli uni dagli altri a livello di un intero paese (nazione) e in una certa misura addirittura già anche a livello planetario.

È su questa base che il comunismo (nel senso indicato da Marx ed Engels nel Manifesto del partito comunista del 1848) è diventato il futuro possibile e necessario dell’umanità.

Tutte le misure che fanno diventare senso comune questa realtà, rafforzano la resistenza spontanea delle masse popolari alle relazioni che la borghesia imperialista, pur costretta dalla realtà a creare in continuazione forme antitetiche dell’unità sociale (istituzioni e regolamenti con cui la borghesia imperialista cerca di mediare tra le attività contrastanti dei capitalisti e degli altri membri della società borghese), invece impone alle masse popolari per perpetuare il suo sistema di relazioni sociali basate sulla proprietà e iniziativa economica individuale (e comunque privata, di associazioni di capitalisti in concorrenza tra loro). Migliorano di converso quindi il terreno d’azione di noi comunisti. La nostra propaganda del socialismo diventa più facile da capire per ampie masse. La consapevolezza che il reddito individuale dipende dall’ordinamento sociale rafforza il contrasto tra le masse popolari e la classe dominante e crea quindi condizioni più favorevoli all’opera di noi comunisti.

Quanto all’effetto sulle condizioni materiali dell’esistenza e sull’esclusione sociale dei proletari e dei lavoratori autonomi , il RdC migliorerà le condizioni di vita di alcuni milioni di proletari ora in miseria nella misura in cui il governo lo applicherà effettivamente e a lungo, anche se il governo erogherà effettivamente il Reddito di Cittadinanza solo a quelli che rientrano nelle condizioni che ha fatto approvare dal Parlamento, quindi escludendo gli emarginati estremi (la maggioranza degli immigrati, i senza fissa dimora, ecc.).

Ma la gestione del RdC è concepita in modo tale che i proletari restino esclusi dalle attività specificamente umane e dalla gestione della società e siano indotti ad accettare qualsiasi lavoro, quindi dipendano ancora strettamente dai capitalisti imprenditori: è cioè, al di là delle intenzioni, fatta in modo tale da perpetuare la sottomissione e la rassegnazione dei proletari . La loro dipendenza dai capitalisti e dal loro Stato non sarà intaccata dalla distribuzione del RdC. Quale che sia la denominazione, il RdC è solo un ammortizzatore sociale, del resto già praticato su larga scala in altri paesi, primo tra tutti la Germania dove venne introdotto dal governo del socialdemocratico Gerhard Schröder (1998-2005). L’articolo L’inferno del miracolo tedesco di Olivier Cyran (settembre 2017) dà una sintetica ma veritiera descrizione delle condizioni alle quali la borghesia imperialista in Germania, con l’equivalente del RdC, costringe i proletari in cambio delle sopravvivenza. Essa deve combinare due esigenze contrastanti della borghesia: non portare all’esasperazione gli esclusi da un lavoro regolare (condizione per mantenere l’ordine pubblico) e non rafforzare la forza contrattuale dei proletari che assume regolarmente.

Il Reddito di Cittadinanza non ha nulla a che vedere con la terza delle Sei Misure Generali alle quali si ispirerà l’attività del Governo di Blocco Popolare: “assegnare a ogni adulto un lavoro socialmente utile e dignitoso e garantirgli in cambio le condizioni necessarie per una vita dignitosa e per la partecipazione alla gestione della società”. È piuttosto l’erede delle “Case per i poveri” dell’Inghilterra dell’inizio del secolo XIX, fatte e gestite in modo talmente vessatorio che ogni povero se ne andava appena poteva.

Quanto all’effetto sull’attività economica del paese (che la classe dominante misura con il PIL), l’erogazione del RdC aggiunge in Italia circa 6 miliardi di euro all’anno all’attuale domanda di beni e servizi dei proletari, stimabile (una volta dedotti dai salari lordi le trattenute in busta paga per imposte e contributi) a circa 300 miliardi l’anno. I proletari beneficiari del RdC spenderanno nell’acquisto di beni e servizi tutti i soldi che non saranno costretti a spendere per pagare bollette, imposte, multe, interessi bancari, ticket e altri balzelli: certamente non accumuleranno risparmi. Questo aumenterà certamente le vendite, ma non inciderà più di tanto sul corso delle cose perché la sovrapproduzione assoluta di capitale, l’origine profonda della crisi generale del capitalismo, aumenta sempre più.
Ma sono completamente fuori strada gli economisti accademici che predicono un effetto moltiplicatore del RdC sul PIL secondo la ricetta di J.M. Keynes (1883-1946).

I cultori di uno dei filoni dell’economia accademica, la teoria della domanda (l’iniziativa imprenditoriale dei capitalisti sarebbe determinata dal volume della domanda di beni e servizi da parte di persone che dispongono di soldi per pagarseli) si ostinano a sostenere che l’aumento della domanda solvibile di beni e servizi porrebbe stabilmente fine alla crisi economica che affligge attualmente le società borghesi. Essi si appoggiano sulla tesi che le società borghesi sarebbero uscite dalla prima crisi generale del capitalismo iniziata alla fine dell’Ottocento (con la Grande Depressione) non a seguito di due guerre mondiali e della Rivoluzione d’Ottobre con la conseguente prima ondata della rivoluzione proletaria, ma grazie al fatto che i maggiori Stati hanno aumentato la spesa pubblica (la domanda di beni e servizi) con investimenti e con trasferimenti di soldi alle famiglie. Nell’articolo Tre questioni importanti non eludibili ( Rapporti Sociali n. 5/6) abbiamo ampiamente confutato con dati irrefutabili questo travisamento della storia. Teorico dell’economia della domanda è stato J.M. Keynes. A torto si attribuisce all’applicazione della sua teoria la fine della crisi degli anni ’20 e ’30 e comunque Keynes ha elaborato la sua teoria in condizioni ben diverse dalle attuali. Secondo la teoria di Keynes un aumento della spesa per l’acquisto di beni e servizi (come sarebbe ora la somma spesa dallo Stato per il RdC), induceva i capitalisti produttori di beni e servizi ad aumentarne la produzione e a questo fine ad assumere un adeguato quantitativo di operai per produrli e a comperare i macchinari e le materie prime necessarie (con un corrispondente aumento del numero di operai addetti a produrre macchinari e materie prime). Questa spesa dei capitalisti generava un reddito per gli operai neoassunti. Questi a loro volta spendendo il loro reddito (i salari) generavano un ulteriore aumento della domanda di beni e servizi. Si produceva così un’onda (una sequenza) di aumenti dell’attività economica che si attenuava di passaggio in passaggio a causa dei soldi che ad ogni passaggio restavano nelle mani dei capitalisti a titolo di profitto.

La teoria di Keynes non ha funzionato degli anni ’20 e ’30 e tanto meno funziona oggi (anche a voler prescindere dall’inquinamento: la crisi ambientale è diventata una nuova minaccia per l’umanità). Le condizioni sociali attuali differiscono dalle condizioni considerate da Keynes per l’effetto della combinazione (in forme che dipendono da una serie di circostanze particolari e concrete non prevedibili a priori) di cinque fattori:
1. oggi molte aziende lavorano a regime ridotto rispetto alle loro capacità, quindi i capitalisti possono aumentare la produzione senza assumere nuovi operai;
2. le aziende della grande distribuzione di merci comprano all’estero dove, a causa di molteplici fattori, spuntano prezzi inferiori (esemplare è il caso dei prodotti agricoli, del tessile e di altri beni);
3. i capitalisti fanno produrre le merci nei paesi in cui i costi sono inferiori: le delocalizzazioni di aziende imperversano in Italia come in altri paesi imperialisti dove le masse popolari hanno goduto delle conquiste strappate nel periodo del “capitalismo dal volto umano”. Se i capitalisti resteranno liberi di operare, tutte le aziende che producono beni e servizi nei paesi imperialisti sono condannate a morte più o meno rapida, anche quelle che non ne presentano ancora i sintomi;
4. aumentando la produttività del lavoro (grazie all’azione su ritmi, pause e turni, a nuove organizzazioni del lavoro e a nuovi macchinari), i capitalisti aumentano la produzione di merci senza aumentare il numero di operai direttamente alle loro dipendenze e il numero di operai non assunti è decisamente superiore al numero di operai adibiti alla produzione dei nuovi macchinari (robot, ecc.);
5. l’aumento dei prezzi di merci, di ticket, bollette, interessi bancari, multe, pene pecuniarie, tasse, ecc. (l’inflazione) riduce l’aumento della domanda di beni e servizi prodotti dall’erogazione del RdC.

Questo nella migliore delle ipotesi, cioè che lo Stato i soldi per finanziare il RdC non li prenda dalle tasche di altri proletari aumentando le imposte o riducendo altre spese pubbliche con diminuzione dei redditi di proletari e di lavoratori autonomi. Resta comunque, a monte, il fatto generale che i capitalisti non fanno produrre beni e servizi per venderli, ma per venderli con profitto e con profitto superiore a quello che ricavano da altri investimenti come ad esempio quello nel settore finanziario e speculativo (del quale gli economisti che applicano le teorie keynesiane del moltiplicatore non parlano). La causa della crisi economica (come della crisi ambientale) è il capitalismo.
Inoltre il governo M5S-Lega per concludere le trattative di dicembre 2018 si è impegnato con la Commissione dell’Unione Europea (operante anche a nome delle altre istituzioni dei gruppi imperialisti europei) a bloccare RdC e altre spese a favore delle masse popolari se il PIL non crescerà nella misura ipotizzata per concedere il benestare suo e del sistema finanziario internazionale. Il governo M5S-Lega non ha affatto rotto (né sta dandosi i mezzi per rompere) le catene che lo sottomettono alle istituzioni dei gruppi imperialisti europei e al sistema finanziario internazionale.

In conclusione, quelli che credono che una spesa pubblica aggiuntiva come il RdC farà aumentare l’attività economica in Italia (farà aumentare il PIL), resteranno delusi come già più volte sono rimasti delusi quelli che erano convinti delle ricette delle Larghe Intese (giustificate dalle dottrine di F.A. Hayek (1899-1992), M. Friedman (1912-2006) & Co capifila della teoria dell’offerta): far crescere i profitti dei capitalisti che di conseguenza investirebbero di più nell’economia reale, mentre, seguendo le leggi della loro natura, i capitalisti investono nel sistema finanziario e speculativo che, stante la situazione attuale, rende di più che la produzione di beni e servizi.

  Con la Legge di Bilancio 2019 e con i decreti attuativi del Reddito di Cittadinanza (RdC) il governo M5S-Lega ha lanciato la misura centrale del programma del M5S per il “cambiamento del paese”. Secondo leggi e decreti che il governo ha fatto approvare dal Parlamento, i poveri che presenteranno entro il 6 del mese (a partire da marzo 2019) al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali domanda per usufruire del Reddito di Cittadinanza, se hanno i requisiti richiesti lo percepiranno a partire dall’inizio del mese successivo.
In Italia l’Istituto di Statistica (ISTAT) con la sua indagine a campione condotta ogni anno secondo criteri ben definiti per il 2017 classificava come poveri assoluti 5 milioni di individui, membri di 1.8 milioni di famiglie. Essi costituiscono la parte principale della popolazione possibile beneficiaria del RdC.
Il Reddito di Cittadinanza è riconosciuto a chi possiede certi requisiti di nazionalità, residenza, reddito e patrimonio immobiliare e finanziario.
Il Ministero è impegnato a passare entro 10 giorni all’INPS ogni domanda che riceve. L’INPS nel giro dei successivi 5 giorni deve accertare per ogni domanda se sussistono i requisiti richiesti. Se l’INPS riconosce che sussistono, il RdC (la somma massima è di 780€/mese per un individuo solo che vive in casa d’affitto e varia in base alla composizione della famiglia e al suo reddito da lavoro dipendente o autonomo eventualmente in corso), sarà erogato attraverso un’apposita carta di pagamento elettronica (credit card “Carta Reddito di Cittadinanza”) emessa da Poste Italiane.

Con essa il beneficiario potrà ritirare una certa cifra in contanti e con il resto fare acquisti e pagamenti.

L’erogazione dura 18 mesi (rinnovabili a certe condizioni). Ogni beneficiario sarà convocato entro 30 giorni da un Centro per l’Impiego per stipulare il Patto per il Lavoro o, nei casi in cui la situazione familiare è più complessa, dai servizi del Comune competente per il contrasto alla povertà (ad es. i servizi sociali) per stipulare il Patto per l’inclusione sociale.

Con il Patto per il Lavoro, il beneficiario del Reddito di Cittadinanza si impegna con il Centro per l’Impiego a cercare il lavoro in maniera attiva (cosa che comporta una serie di attività da svolgere), si rende immediatamente disponibile a fare 8 ore settimanali di lavoro gratuito sulla base di progetti e attività messe in piedi dai Comuni e ad accettare almeno una delle tre offerte “congrue” (proposte cioè sulla base di coerenza con le esperienze e le competenze professionali, la distanza dal domicilio e tempi di trasferimento, la durata della disoccupazione).

Quanto all’impresa che assume un beneficiario del RdC (direttamente, o con la mediazione di Agenzie per il Lavoro, o tramite enti accreditati presso le Regioni e riconosciuti dall’ANPAL), essa ottiene uno sgravio contributivo a condizione che lo assuma a tempo indeterminato e non lo licenzi nei primi 24 mesi.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali per controllare l’attuazione della misura, i risultati, ecc. si avvale dell’Agenzia Nazionale delle Politiche Attive del Lavoro (ANPAL) che dal 2016 (in base al DL 150 del Jobs Act sul “riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive”) coordina a livello nazionale la Rete dei Servizi per il Lavoro (della quale fanno parte INPS, INAIL, Centri per l’Impiego, Camere di Commercio, Università e scuole di secondo grado, Agenzie Interinali e altri enti) e gestisce l’albo nazionale delle imprese accreditate per le politiche attive (i vari tipi di agenzie di somministrazione di lavoro).

Fermo restando il ruolo di ANPAL e di ANPAL Servizi Spa, la società in house dell’ANPAL (le società in house sono aziende pubbliche costituite in forma societaria, tipicamente società per azioni, il cui capitale è detenuto in toto o in parte, direttamente o indirettamente, da un ente pubblico che affida loro attività strumentali o di produzione), nell’attuazione del Reddito di Cittadinanza, i Centri per l’Impiego (e le Regioni da cui questi dipendono) hanno un ruolo di primo piano.

Ad oggi è in corso di aggiornamento il numero complessivo CpI, ma l’ANPAL ne segnala 552, con un totale di circa 8.000 dipendenti. Inchieste recenti stimano che oggi solo il 3% dei disoccupati che si rivolge ai CpI, riesce a trovare un impiego e secondo l’ISTAT vi si rivolgono almeno 2 milioni di persone all’anno, quindi gli assunti tramite CpI sono all’incirca 60 mila all’anno.

La Legge di Bilancio 2019 ha stanziato appositi fondi per il loro potenziamento e la loro riorganizzazione, misure che passano sostanzialmente attraverso due canali:
- una parte dei fondi viene stanziata per le Regioni affinché siano investiti direttamente nei CpI (fino ad un miliardo di euro sia per il 2019 che per il 2020), con l’assunzione di personale da destinare ai CpI fino a 4.000 dipendenti;

- una parte dei fondi (fino a 10 milioni di euro per il 2020) viene stanziata per l’ANPAL Servizi Spa per l’assunzione di 6.000 dipendenti con contratto a tempo determinato (precario) con funzione di formatori (tutor - i famosi navigator ). Gli operatori dell’ANPAL Servizi Spa hanno il compito di formare il personale dipendente dei CpI a svolgere le nuove funzioni previste dal RdC.

Le Regioni sono un “fronte caldo”: in quanto responsabili dei CpI, hanno un ruolo di primo piano sia per l’attuazione del RdC, sia per il boicottaggio della misura. La Conferenza delle Regioni (organismo che si confronta con il governo per le politiche sul lavoro) è in mano ai partiti delle Larghe Intese (7 regioni alla coalizione di centro destra, di cui 4 con presidenti eletti nelle liste della Lega, 13 alle coalizioni di centro sinistra).

Attualmente uno dei nodi di scontro tra la Conferenza delle Regioni e il governo riguarda l’assunzione del personale per potenziare i CpI, poiché sono ancora bloccate le assunzioni di 1.600 persone previste nel 2017 e perché non sono ancora chiare le competenze e le sistemazioni dei 6.000 tutor che saranno assunti dall’ANPAL.

Per quanto riguarda i Comuni, i l RdC ne prevede il coinvolgimento 1. per la realizzazione di progetti e attività socialmente utili (in ambito culturale, sociale, artistico, in cui coinvolgere per un massimo di 8 ore a settimana i componenti maggiorenni delle famiglie beneficiarie del RdC), 2. per il Patto di Inclusione per i nuclei familiari beneficiari di RdC che risultano essere particolarmente disagiati e per cui è necessario anche un inserimento sociale (oltre che lavorativo). Un elemento di contrasto tra gli amministratori locali e il governo sta nel fatto che non sono previsti fondi speciali per permettere ai comuni il finanziamento e l’attivazione di questi progetti.

Per altre informazioni su come dovrebbe funzionare il RdC (alcuni disposizioni sono ancora in via di definizione) sono reperibili nella Scheda del sito www.nuovopci.it. (18/02/2019- ITL/ITNET)

Altri prodotti editoriali

Contatti

Contatti

Borsa italiana
Borsa italiana

© copyright 1996-2007 Italian Network
Edizioni Gesim SRL − Registrazione Tribunale di Roma n.87/96 − ItaliaLavoroTv iscrizione Tribunale di Roma n.147/07