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LAVORO - FRONTALIERO - INCONTRO REGIONE FVG E SINDACATI: " QUADRO NORMATIVO LACUNOSO: RAPPORTI LAVORO, RIPERCUSSIONI SICUREZZA SOCIALE, FISCALITA' E LEGISLAZIONE DEL LAVORO"

(2017-11-16)

- Il lavoro frontaliero, assoggettato per sua natura a diversi ordinamenti fiscali e assistenziali legati ai Paesi di appartenenza e ancora carente nel sistema di controlli, tanto da sfociare spesso nel fenomeno del "nero" o del "sommerso", è il tema affrontato nell'audizione convocata dalla II Commissione del Consiglio regionale, alla quale ha preso parte, alla presenza dell'assessore regionale Loredana Panariti, una nutrita rappresentanza di soggetti portatori di interessi, tra organizzazioni sindacali e di categoria, enti e associazioni economiche, imprenditoriali e commerciali.

L'obiettivo dell'incontro odierno - ha spiegato il presidente dell'organismo consiliare, Alessio Gratton (Sel-FVG) è quello di raccogliere ulteriori informazioni e riflessioni su un tema significativo per il territorio, evidenziato anche nella recente Risoluzione inerente l'istituzione del Pilastro europeo dei diritti sociali che verrà posta all'attenzione della Conferenza dei presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni, ai parlamentari europei eletti in Friuli Venezia Giulia, al Comitato delle Regioni, alle assemblee legislative regionali italiane ed europee e alla Conferenza dei Presidenti delle Assemblee regionali europee-CALRE.

Uno degli aspetti critici evidenziato dalla Uil-FVG è la presenza di un quadro normativo lacunoso, che impedisce di regolarizzare i rapporti di lavoro e che presenta ripercussioni nei settori della sicurezza sociale, della fiscalità e della legislazione del lavoro.

Questi lavoratori - è stato sottolineato - sono assoggettati a due autorità distinte e rischiano di essere schiacciate da due normative nazionali che non sono collegate, né armonizzate. Sia in ambito fiscale che in quello della sicurezza sociale e delle misure di welfare, è poi il criterio della residenza a costituire una discriminante e a provocare svantaggi e limitazioni.

Condividendo la fotografia della Uil, la Cisl-FVG ha quindi posto l'attenzione sulla necessità di monitorare con maggiore attenzione i flussi di lavoratori che, rispetto alle altre regioni di confine, sono in evoluzione in Friuli Venezia Giulia: qui si assiste al doppio lavoro frontaliero da e per l'Italia e se prima il fenomeno era limitato a poche figure professionali, oggi appare esteso anche a nuovi profili più specializzati in ingresso, mentre viceversa i flussi verso Croazia e Slovenia sono caratterizzati da rofessionisti che oltre confine accettano mansioni non rispondenti alle proprie competenze.

Per migliorare le economiche di confine occorre ragionare sulla mappatura dei flussi e monitorare le maglie del nero che appaiono sempre più permeanti anche per la Cisal-FVG, mentre l'Associazione nazionale dei datori di lavoro domestici AssindatColf) ha posto l'attenzione sui numeri: dei 16.500 lavoratori domestici che operano sul territorio quasi l'80% è straniero e giunge da Slovenia, Croazia ma anche da altri Paesi dell'Est Europa.

Siamo così abituati, in questa regione, da tempo immemore a convivere con il lavoro frontaliero, da non esserci mai soffermati veramente ad analizzare il fenomeno. Siamo a fianco della Regione per un'opera di sensibilizzazione che si voglia portare avanti, anche presso i nostri parlamentari. Così il portavoce di Confartigianato sul tema del lavoro frontaliero giunto sul tavolo della II Commissione del Consiglio regionale presieduta da Alessio Gratton (Sel-FVG), presente l'assessore Loredana Panariti.

C'è la necessità di fare chiarezza sulla tipologia delle persone che vengono a lavorare da noi, sul tema fiscale e quant'altro - ha aggiunto il rappresentante della Cgil. Si tratta di un fenomeno che in FVG riguarda 10mila lavoratori, la maggior parte utilizzati in nero. Perciò bisogna fare percorsi specifici per far emergere il lavoro irregolare, a iniziare dal riconoscimento della specificità del lavoratore frontaliero anche se la tematica necessita di un intervento nazionale.

Ci sono poi i problemi dell'impiego nel settore pubblico, del riconoscimento del titolo di studio, delle prestazioni legate alla residenzialità e dunque alcuni diritti che sono negati, degli esposti all'amianto che in quando stranieri non si vedono riconoscere la gratuità delle cure sanitarie.

In chiusura, l'assessore Panariti ha affermato che si tratta di una discussione affrontata anche in altre occasioni, ma che da noi è singolare in quanto siamo l'unica realtà regionale che vede persone non solo andare a lavorare fuori, ma che da fuori arrivano per lavorare da noi. Così non accade, ad esempio, né in Piemonte né in Valle d'Aosta, dove il flusso è solo verso l'esterno.

Un altro aspetto negativo che va risolto è la mancanza di dati certi a causa del sommerso, fenomeno maggiore di quanto si
pensi e che si registra nel settore dei servizi alla persona, ma molto anche in edilizia. Perciò la prima cosa da fare è avere prontezza del fenomeno.

Non meno importanti, le relazioni strette con i Paesi di provenienza di questi lavoratori. Si stanno costruendo scambi di buone pratiche attraverso progetti regionali - ha detto la Panariti -, ma non siamo ancora in grado di indicare delle strade a livello nazionale. Perciò bisogna rafforzare le relazioni tra i Paesi e capire cosa fa, o cosa potrebbe fare, ognuno per i propri lavoratori.

Al pari, strumenti regionali di politica sociale sono legati al requisito della residenza, perciò si tratta di fare chiarezza sul tema, capire cosa deve essere legato ad essa e cosa, invece, al fatto che comunque si tratta di una persona che ha lavorato in questo territorio. Perché non ci sono solo ripercussioni finanziarie difficili, ma anche amministrative.

Attenzione a non aspettare di avere tutti i dati prima di agire - è stato l'ultimo monito del rappresentante della Uil alla Regione
- perché sono 20 anni che come organizzazioni sindacali cerchiamo di sapere di quante persone stiamo effettivamente parlando e non siamo ancora riusciti a saperlo. Mentre è facile avere i numeri di chi ha rapporti di lavoro con la Svizzera piuttosto che con San Marino o con il Principato di Monaco, così non è quando si tratta degli Stati comunitari perché mancano regole precise in tal senso. (16/11/2017-ITL/ITNET)

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